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lunedì 16 maggio 2022

Il villaggio dell’apocalisse in Messico


Tra i tanti effetti della “profezia dei Maya” ce ne è anche uno che sta incuriosendo tutto il mondo ed ha un’origine italiana: il villaggio dell’apocalisse.

Vivono blindati in una fortezza in un’antica località Maya dello Yucatan in attesa dell’Apocalisse.
Si tratta di 38 famiglie di persone facoltose italiane che sono entrate in un’associazione, “Quinta Essencia”, dalle forti connotazioni esoteriche. Sarebbe più corretto parlare di una setta, ma essendo illegali le sette religiose non ufficializzate in Messico, si autodefiniscono così.
L’associazione ha dato nome di Las Águilas al suo villaggio e ribattezzato dai media la nuova Arca di Noè, visto che sembrerebbe essere stata costruita per “resistere ai disastri naturali che dovrà affrontare il pianeta l’anno prossimo”.
La cittadina fortificata situata su un’area di 800 ettari in una zona chiamata Xul, tra Merida e Campeche, nel sud dello Yucatan, che, secondo gli antichi Maya, significa “la fine, finale, muore, limitare o alla fine”, per ciò molti ritengono che la struttura sia stata realizzata proprio per fronteggiare la fine del mondo.
L’insediamento è stato costruito in un ex ranch di bestiame a 7 km dalla città di abitata da 1.500 persone, lungo la strada per Yaxachén, nel comune di Oxkutzcab.
Tunnel e rifugi sotterranei con porte antipanico, negozi di alimentari, generatori di energia solare, un laboratorio e aree di coltivazione, oltre a villette con 20 camere ciascuna e muri spessi 60 centimetri. Ci sono voluti circa due anni per costruire il complesso che ha dato lavoro a molti dei 500 abitanti della vicina Xul. Sorpresi dalla stranezza delle costruzioni e dalla riservatezza dei proprietari della struttura, tanti hanno richiesto l’intervento delle autorità locali per una verifica sulla regolarità dell’operazione.
Ufficialmente, Quinta Essencia dovrebbe essere una comunità volta a ‘preservare l’equilibrio ecologico’ o a creare un resort molto esclusivo e elitario.
Invero, il villaggio è inespugnabile, un luogo nel quale nessuno (eccetto i membri della comunità) può accedere.
Così, vari sopralluoghi aerei (l’unico modo per vedere qualcosa) hanno evidenziato diverse strade che legano le villette fra di loro, un lago artificiale e una statua della dea greca Atena, che si trova proprio al centro del complesso circondato da arbusti e alberi rari, in via di estinzione.
MA COME E’ NATO IL PROGETTO?
La leggenda vuole che, una donna, un giorno, sognò un “essere di luce” che la invitava a costruire un luogo nuovo, vicino ad un piccolo villaggio dello Yucatan chiamato Xul, sulle colline, dentro la foresta, in un punto vicino a Kiuic, un antico insediamento Maya. Questa è la storia raccontata dalle persone che circondano il progetto.
LE TESTIMONIANZE
Secondo la gente del posto, le case degli italiani sarebbero in grado di sopportare anche i terremoti in quanto edificate con doppia parete, il che le fa apparire come una fortezza. Il nucleo centrale, inoltre, ha dimensioni più grandi.
L’architetto del progetto, Karina Pérez Valle, ha detto che nessuno è autorizzato ad entrare nel villaggio.
“Gli italiani non stanno pensando che ci sarà la fine del mondo, solo che ci saranno molti disastri naturali, temperature elevate, tra i 45 e i 50 gradi centigradi, inondazioni come quelle recentemente occorse a Nuevo León, motivo per cui stanno creando il loro spazio dove vivere e proteggersi”, Karina ha dichiarato ai giornali.
L’architetto ha aggiunto che uno psicologo ed un ricercatore di origine italiana sono i responsabili del progetto, ma che, attualmente, si trovano a Veracruz in “totale meditazione” per un po’ per poi tornare nella nuova casa nei prossimi mesi.
CONCLUSIONI
Il villaggio dell’Apocalisse è una realtà oscura che, sicuramente, racchiude aspetti esoterici ma, molti sostengono anche che ci possa essere la collusione di importanti politici italiani, il che potrebbe suggerire interprestazioni molto diverse ai fatti.

sabato 7 maggio 2022

La dama in nero di Parco Sempione

 

Tutti conoscono Parco Sempione, polmone verde della più autentica Milano, ma pochi sanno dello spirito che lo abita. La leggenda ha avuto origine alla fine dell’800. Si dice che nelle serate invernali nebbiose quando il parco inizia ad essere vuoto attraversandolo si inizi a sentire un particolare odore di Violette che raramente si può percepire nella stagione invernale…
Poco dopo aver percepito il profumo le vittime notano in lontananza la figura di una donna vestita di pizzi neri che si avvicina con una camminata innaturale verso di loro. A questo punto si è già vittime dell’incantesimo e lo spirito della dama in nero si avvicina fino a farsi vedere in viso che è coperto da un velo ma comunque si riesce a notare l’incredibile bellezza.
La dama si fa seguire fino al cancello di una villa che spunta da una nebbia tanto fitta come non se ne è mai vista prima e conduce la sua vittima dentro le sale della casa ornate come quelle di un castello, tutte le pareti sono lastricate di marmo.
Alla fine si giunge al letto dove la dama si volta e scopre il viso rivelando un teschio dalle cavità oculari nerissime quasi non avessero fine… Le vittime perdono il senno e dopo questo incontro sono innamorati della triste mietitrice tanto da cercarla per tutta la vita senza trovar pace…
Se vi capitasse di passare per il Parco Sempione in una sera nebbiosa d’inverno cercate di percepire il profumo di violetta e se lo sentite scappate, la Dama potrebbe essere li per voi.

domenica 14 febbraio 2021

Janas: fate e streghe della tradizione popolare della Sardegna


Le janas o gianas sono gli esseri fantastici più conosciuti delle leggende sarde. Descritte generalmente come piccole donne magiche abitanti nelle tombe prenuragiche scavate nelle rocce (dette appunto domus de janas o domos de gianas), sono le protagoniste di numerosi racconti popolari, favole e fiabe in varie parti della Sardegna.

Oggi vengono identificate principalmente con le fate della tradizione europea e orientale. Tuttavia, è importante sapere che in Sardegna esistono numerose leggende sulle janas e che non sempre queste figure mitiche vengono descritte come fate ma bensì anche come streghe, maghe e vampiri.

Da Cabras a Pozzomaggiore, da Ghilarza al Supramonte di Orgosolo, da Esterzili al pozzo sacro di Santa Cristina, in ogni località dell’isola è possibile trovare leggende sulle janas streghe o fate. Ognuna di queste, come vedremo, è a suo modo unica: non cambiano solo i nomi delle janas ma anche le loro qualità fisiche, morali e spirituali.
Nella fantasia dei sardi, col termine janas o gianas, si indicano per lo più delle creature fantastiche di minuscola statura. La denominazione più diffusa nelle varie parlate dell’isola per indicare questi esseri è appunto quella di janas, gianas o giannèddas.

Tuttavia, in varie località dell’isola il loro nome in sardo cambia. Per esempio, a Perdas de Fogu vengono indicate col termine mergianas, a Isili margianas, in Barbagia con quello di bírghines e, nel territorio sassarese e tempiese, si chiamano per lo più li faddi. Ma non solo. I
Ad Aritzo la mitologia sulle janas ci racconta di piccole fate, alte non più di venticinque centimetri, dotate di un’intelligenza superiore a quella umana. Vivevano in piccole case scavate nelle rocce ed erano molto industriose. Infatti, si erano costruite “tutti gli arredi delle loro piccole case e tutti gli strumenti necessari alla vita”, coltivavano il grano e facevano il pane, e andavano alla ricerca di varie erbe officinali nonché a caccia di animali che mangiavano crudi.

Miti, favole e leggende sulle janas della Barbagia narrano inoltre che nelle belle giornate di sole, le fate sarde erano solito porre all’aria aperta i loro arredi e i loro oggetti più preziosi. Ma poiché temevano gli esseri umani per la loro statura, ritiravano tutto alla svelta e si nascondevano nelle loro domus de janas chiudendone gli ingressi con grosse pietre. Ciò perché queste piccole fate non amavano entrare in contatto col mondo esterno, preferendo al contrario vivere la loro magica esistenza lontano dalla realtà umana, verso la quale non si dimostravano né malefiche né benefiche.n alcuni paesi esistevano anche janas di sesso maschile, in altri le janas erano fate buone mentre in altri ancora rassomigliavano piuttosto a streghe se non addirittura a vampiri.
A Fonni le leggende sulle janas raccontano di esseri minuscoli sia di sesso femminile che di sesso maschile. Una delle loro peculiarità era la bellezza e venivano descritte come incantatrici. Ciò era legato anche al fatto che avessero una voce tanto deliziosa quanto ammaliante. Vivevano nelle domus de janas che si scavavano con maestria da soli grazie all’utilizzo di vari arnesi come ad esempio le accette.

A Belvì, paese poco distante da Tonara ed Aritzo, le janas venivano descritte come bellissime e ricchissime donne, giunte da paesi molto lontani. All’inizio amarono gli uomini, regalando loro ogni sorta di ricchezza e facendo loro del bene, come trasportare magicamente gli oggetti pesanti o badare alle greggi al pascolo.

Erano fate generose e mansuete, che vissero a contatto con gli esseri umani fino a quando questi furono buoni e si comportarono bene. Ma siccome il genere umano, col tempo, divenne sempre più egoista, malvagio e interessato solamente alle loro ricchezze che custodivano nelle rocce o in altri siti magici, le janas decisero di abbandonarli e scomparire. Ed è per questo motivo che non si vedono più in giro.

A Tortolì in Ogliastra le janas sono sempre state descritte in maniera del tutto particolare. A differenza di quelle della Barbagia e del Mandrolisai, la mitologia e il folklore di questa regione della Sardegna hanno consegnato ai posteri delle gianas con delle mammelle lunghissime che erano solite gettarsi a mo’ di capelli dietro le spalle. Tale gesto si dimostrava quanto meno necessario sia per non far toccare i lunghi seni a terra quando lavoravano, ma anche per allattare i bambini. Infatti, le janas ogliastrine si portavano sempre dietro i loro figlioletti, inserendoli in particolari ceste che si legavano sulla schiena.

Inoltre, queste creature erano caratterizzate dall’avere delle lunghissime unghie di ferro o d’acciaio, grazie alle quali si erano scavate le loro domus nelle rocce senza l’ausilio di alcun arnese. Ma non solo. Le unghie potevano anche essere utilizzate contro gli esseri umani da queste maghe e streghe, considerate dalla mitologia sarda molto dannose.

Per nulla indifferenti alle sorti degli uomini, con i quali hanno convissuto a lungo, a Tempio le janas sono state spesso descritte, come già accennato, alla stregua di janas streghe o janas malefiche.

A Oniferi così come a Nuoro le janas sono streghe o maghe dannose per gli esseri umani che devono far di tutto per non incontrarle, men che mai entrare nelle domus de janas dove, oltre alle loro proverbiali ricchezze, avrebbero trovato ad attenderli terribili mostri divoratori di uomini.

A Isili le janas hanno sempre avuto il dono di leggere nel futuro ma fare profezie anche decidere il destino degli esseri umani. La loro presenza è storicamente associata a quella dell’antico e bellissimo nuraghe Is Paras alle porte del paese. Ancora oggi, secondo alcuni, è possibile sentire il rumore del telaio d’oro, specialmente la notte, quando si mettono al lavoro per tessere le loro incredibili stoffe.

Un telaio d’oro sarebbe custodito nell’affascinante quanto tenebrosa gola di Gorroppu e nel Supramonte di Orgosolo. Secondo alcune leggende sarde janas e altre creature magiche avrebbero abitato a lungo in questi luoghi inaccessibili agli esseri umani. In particolare, una bellissima fata si nascondeva in una grotta, il cui ingresso era celato da piante e arbusti, all’interno della quale lavorava col suo telaio dorato. A dire di qualcuno, questa sarebbe stata anche un’abile amazzone.

Anche a Nuragus le janas erano descritte come donne molto ricche e incredibilmente belle, che non si facevano mai vedere di giorno per paura che il sole rovinasse e bruciasse la loro candida pelle. Dotate di dita fini e delicate, tessevano tutto il giorno delle splendide stoffe e dei preziosi broccati in favolosi telai d’oro. Si trattava di creature dalla duplice natura: erano, infatti, gentili e soavi, ma si trasformavano in creature terribili se venivano guardate e molestate dagli esseri umani.

Proprio per quest’ultima ragione, a Cabras come a Pozzomaggiore e a Ghilarza, le janas sarebbero scomparse dal mondo degli uomini. Fuggendo, però, avrebbero lasciato il loro tesoro nascosto da qualche parte, ma sino ad oggi nessuno l’ha ma trovato. Uno dei più celebri sarebbe nascosto sulla collina di Montoe, dove una volta esisteva un magnifico palazzo abitato dalle janas.

Un’altra celebre dimora delle janas è stata individuata dalla tradizione popolare di Esterzili in un antico tempio, simile a quelli che edificavano i greci e denominato Sa domu ‘e Orgia (Orgìa). Questa era infatti una jana strega, per nulla amata dalla gente, che la cacciò via dal tempio. Ma prima di partire, la donna si vendicò, lasciando due vasi: uno pieno di api e l’altro di musca macedda. A quanto pare, i due orci stanno ancora là, sotterrati chissà dove.

A Laconi le janas sono simili alle panas, le anime delle donne morte di parto, che si riuniscono sulle rive dei fiumi e lavano i panni dei loro neonati.

Anche a Orosei si sono tramandate alcune leggende che identificano le janas a fantasmi di donne morte. Uno degli esempi più noti è quello di Maria Mangrofa, l’ultima custode del villaggio scomparso di Ruinas, dal quale avrebbe portato con sé un telaio dorato, delle stoffe d’impareggiabile bellezza e un immenso tesoro. Donna bellissima, fata e strega, la jana di Orosei sarebbe ancora oggi la vera custode della sorgente di Su Gologone e avrebbe il potere di far guarire dalle malattie degli occhi.

Anche a Tonara le leggende più antiche riportano come fosse impossibile distinguere tra janas femmine e janas maschi. Questo perché gli individui dei due sessi erano uguali se osservati esteriormente dagli esseri umani: vestivano in maniera identica e avevano tutti una figura piccola e tozza.

Vivevano in caverne e antiche domus alle porte del paese. Quando qualcuno si avvicinava alle loro abitazioni, le janas stendevano un meraviglioso velo tutto bianco e magicamente filato, che ricopriva tutta la campagna. Le persone che non erano a conoscenza di questo artificio ne rimanevano estasiati e affascinati, e allo stesso tempo ammaliati. In questo modo, il velo si rivelava essere simile alle tele dei ragni e lo sfortunato passante veniva catturato dalle piccole creature e gettato in una buca insieme ad altre vittime.

Un triste destino lo attendeva, però. Egli, infatti, diventava la preda della Jana Maista, la malefica regina delle janas, che gli succhiava il sangue.
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Patrizia de Ciuceis, Antonella D'alfonso e altri 5
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domenica 24 gennaio 2021

Strane e Inquietanti Fotografie del Bohemian Grove


La tradizione del Bohemian Grove comprende molti miti che sono, effettivamente, soltanto dei miti. La storia di questo campeggio per “le persone più potenti della terra” affonda le proprie radici alla fine dell’800, quando Henry Edwards organizzò una cena in proprio onore con circa 100 invitati, conclusasi con il campeggio di fortuna sul luogo durante tutta la notte. L’anno seguente gli stessi invitati organizzarono una cena fra loro senza invitare il povero Edwards, tradizione che si mantenne durante i decenni successivi.

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Nel 1899 acquistarono il terreno dell’attuale Bohemian Club, nei pressi di Monte Rio in California, ma lo spirito goliardico degli inizi si infranse contro le regole statunitensi del capitalismo, e il club fu requisito da alcuni potentissimi uomini d’affari americani. Da allora il Bohemian Grove ha continuato ad espandersi e a diventare sempre più grande, un campeggio con statue e altri simboli sparsi lungo tutte le centinaia di ettari dell’area interessata.

Già pochi anni dopo la sua fondazione cominciarono a circolare voci riguardanti oscure pratiche e rituali mistici che si svolgevano durante le due settimane del campeggio più ricco ed esclusivo del mondo. Con il proliferare delle teorie del complotto e di altre correnti di pensiero riguardanti l’élite che controlla il mondo, il Bohemian Grove divenne il simbolo stesso del potere, un luogo nel quale, secondo alcuni, vengono decise le sorti del mondo intero.

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Assieme a queste teorie vengono anche identificate alcune pratiche che, secondo molti, includerebbero rituali quali sacrifici umani, attività paranormali e addirittura il contatto con gli alieni. Se alcune sono soltanto fantasie, è però vero che i membri stessi raccontano ai nuovi arrivati di come sia stato proprio al Bohemian Grove che abbia preso corpo il “Progetto Manhattan“, che portò alla realizzazione della bomba atomica.

Bohemian Grove 6

Altri incontri celebri sono stati quelli fra Ronald Reagan e Richard Nixon (fotografia sotto), che si sarebbero accordati, proprio all’ombra delle sequoie californiane, sulle date di candidatura alla presidenza, ritardando al 1980 quella di Reagan.

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Il sito Ghost Diaries ha recentemente pubblicato alcune fotografie che afferma essere provenienti dagli archivi della UC Berkeley, fotografie strane ed inquietanti che non fanno altro che alimentare a dismisura le teorie complottiste.

Bohemian Grove 1

Alcune delle personalità che hanno partecipato al campeggio sono state:

George Bush Junior e Senior, Richard Nixon, Ronald Reagan, Herbert Hoover (che lo definì “the greatest men’s party on Earth”), Dwight Eisenhower, Gerald Ford, Dick Cheney, Colin Powell, Donald Rumsfeld, George Shultz, Karl Rove, Al Gore, Jack Kemp, Caspar Weinberger, Shimon Peres, Helmut Schmidt, Michel Rocard, James Baker. Nel 2006 tra i circa 250 invitati erano presenti Rupert Murdoch, Tony Blair, Shimon Peres, Bill Clinton, Al Gore, Arnold Schwarzenegger, Bono.

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Rituale dell’impiccato:

Bohemian Grove 3

Il gigantesco gufo:

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Sotto, il video di Alex Jones sul Bohemian Grove. Il rituale del Cremation of Care inizia al minuto 59/60:

Le immagini sono di pubblico dominio

mercoledì 8 luglio 2020

La leggenda di Luxia Arrabiosa tra bellezza e cattiveria



Esiste una leggenda trasversale a tutta la Sardegna, è quella di Luxìa Arrabiosa, strega cattiva o fata bellissima? Sia l’una che l’altra a seconda della zona.


Lucia la bella

La storia che la vede una fata bellissima (fata non nel senso fiabesco del termine, ma in senso lato) è triste…perché si dice che lei fosse una bellissima ragazza che ogni giorno andava a preparare e cuocere il pane fin sul colle Prabanta, al confine tra il territorio di Pompu e quello di Morgongiori. Per recarvisi passava davanti ad una grotta del Monte Arci, dentro la quale viveva un fauno.


dipinto del fauno
E dagli oggi e dagli domani, questo fauno alla fine si innamora di lei ed un giorno cerca di approfittarsene. Lucia per difendersi afferra l’attizzatoio e glielo scaglia contro, uccidendolo. In quel momento tutto quanto faceva parte dello scenario divenne di pietra ed è così che oggi vi troviamo alcune piccole domus de janas ipogeiche scavate nella roccia, un menhir e alcune costruzioni riconducibili alla civiltà prenuragica e nuragica e che, nella leggenda, sono: l’attizzatoio è il menhir, che ha preso il nome di “su Fruccoi de Luxia Arrabiosa”, le domus de janas sono “sa Sala” e “su Forru”, poi ci sono “su Pei de su boi”, “sa Turra” e “sa Cullera” de Luxia Arrabiosa, ovvero la sala da pranzo, il forno, il piede del bue, il mestolo ed il cucchiaio di Lucia Arrabiosa. Lucia poverina invece impazzì.

Lucia la strega

Nelle vesti di strega era invece non solo brutta e cattiva, ma anche estremamente ricca e avara. Si dice infatti che vivesse in un nuraghe (che potrebbe essere il nuraghe S. Barbara, presso il Monte Manai nel territorio di Macomer) e che rifiutasse qualsiasi genere di aiuto alle genti bisognose che glielo venivano a chiedere. Aveva un fuso magico che custodiva le sue ricchezze di giorno, mentre lei dormiva. Perché Lucia passava la notte a filare al telaio.


immagine di luxia arrabiosa
Durante un inverno piuttosto freddo e dopo altri innumerevoli rifiuti di aiutare chi glielo chiedesse, due fratelli molto poveri andarono a rubare dall’orto di Luxia della legna da ardere. In quell’orto però c’era un grande melograno magico, che lasciò cadere un frutto sulla testa di uno dei fratelli, fracassandogliela, mentre l’altro riuscì a scappare. La fuga fu breve, perché il fuso magico di Luxia la avvisò di quel che stava accadendo e lei riuscì a fermare il ragazzo e ad ordinare al fuso di buttarlo nel forno. Accadde invece l’opposto, perché lui riuscì ad afferrarlo e a buttarlo nel forno, gettando la strega nella più atroce disperazione. Disperazione che la tramutò in una cicala che ancora oggi gira intorno al suo nuraghe.
Variante sardarese: si dice che chi va fin su alla collina del castello di Monreale allo scoccare della mezzanotte, sentirà il rumore ritmico e incessante del telaio di Luxia Arrabiosa. 

veduta del castello di monreale
castello di Monreale – Sardara

sabato 16 maggio 2020

Petra: gli scavi hanno rivelato un nuovo tesoro


I lavori serviranno per scoprire il cortile anteriore del Tesoro, la facciata dell'edificio più iconico della 

"città rosa"

Petra sarà oggetto di nuovi scavi archeologici. I lavori serviranno per scoprire il cortile anteriore del Tesoro, la facciata dell’edificio più iconico della “città rosa”. della Giordania dichiarata Patrimonio dell’umanità dall’Unesco nel 1985.
Lo scavo contribuirà a scoprire gli elementi architettonici della parte inferiore del Tesoro, oltre a completare il lavoro archeologico del 2003, che ha portato alla luce alcune tombe e facciate antistanti il Tesoro. Inoltre, lo scavo dovrebbe estendersi dal cantiere del Tesoro fino alla fine del Siq verso l’Anfiteatro nabateo.
Questo progetto mira a identificare l’effettivo utilizzo delle strutture archeologiche vicino al Tesoro e a scoprire il resto del sistema idrico e dei canali su cui l’antica città faceva affidamento in passato per drenare l’acqua piovana.
L’Autorità regionale per lo sviluppo e il turismo di Petra ha annunciato l’inizio dei nuovi scavi, che saranno finanziati dall’Autorità stessa in collaborazione con il Dipartimento delle Antichità, ha dichiarato Chief Commissioner del PDTRA Suleiman Farajat. Un team archeologico accademico dell’Università Hussein Bin Talal prenderà parte al progetto.
Secondo Farajat, il progetto ha anche lo scopo di aiutare a spiegare le ragioni della costruzione della facciata del Tesoro, in quanto vi sono più teorie sulla sua storia.Il lavoro sarà anche volto a eliminare i detriti delle alluvioni accumulati negli ultimi anni, che coprono parte del corridoio e l’area vicino al Tesoro.Gli scavi saranno accompagnati da un piano d’azione designato per riorganizzare i servizi forniti dal sito, i segnali di orientamento e le strutture pubbliche in conformità con i risultati del progetto.
Ancora oggi, infatti, Petra ha ancora molto da svelare. Solo pochi anni fa un altro scavo aveva riportato alla luce una clamorosa scoperta archeologica, quella dei  magnifici giardini da Mille e una Notte, con fontane e una grandissima piscina, che 2mila anni fa rendevano questa città nel deserto una vera e propria oasi. La Capitale dei Nabatei, infatti, era un vero paradiso in cui, anche in mezzo al deserto, era possibile coltivare piante e alberi, grazie a un sofisticato sistema di irrigazione e di stoccaggio dell’acqua. Una realtà rimasta ignorata per secoli fino alla scoperta.
petra-scavi-lockdown
Petra, la “città rosa” @123rf