Visualizzazione post con etichetta Egitto. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Egitto. Mostra tutti i post

sabato 9 luglio 2022

Nefertiti e Nefertari

 


Nefertiti e Nefertari non sono la stessa persona.

Sono state due regine egizie vissute in due periodi differenti. 


Nefertari Meretenmut (1295 a.C. – 1255 a.C.). Grande Sposa Reale di Ramesse II, sovrano egizio della XIX dinastia, fu una delle regine più influenti dell'antico Egitto, a fianco di nomi come Hatshepsut e Cleopatra, pur non avendo regnato in modo autonomo. La sua tomba, QV66, è considerata tra le più belle della Valle delle Regine. 


Nefertiti (1370 a.C. – 1330 a.C.) Regnò a fianco del marito Akhenaton durante la XVIII dinastia, nel cosiddetto periodo Amarniano (da Tell el-Amarna, dove Akhenaton aveva portato la capitale). Poco si sa della vita di questa donna, anche se sembra improbabile che fosse di sangue reale.

lunedì 14 febbraio 2022

I Faraoni " Biondi "



Il parallelismo tra Egitto e America trova ulteriori conferme nella scoperta citata da Murry Hope nel suo libro "Il Segreto di Sirio" (Corbaccio 1997). Alle analisi, le mummie regali della XVIII dinastia presenterebbero gruppo sanguigno A. Considerando che il gruppo sanguigno più diffuso in Egitto era, ed è ancora oggi, il gruppo 0, la cosa è alquanto insolita. La stranezza aumenta se consideriamo che il gruppo A di solito si accompagna al tipo dalla pelle chiara e gli occhi azzurri o comunque caucasico. Cosa ci facevano individui dall'aspetto nordico tra i faraoni dell'Egitto del Nuovo regno? In più alcune mummie inca, conservate al British Museum di Londra hanno dato i medesimi risultati (gruppo A e aspetto caucasico) del tutto estranei alle popolazioni pre-ispaniche del Nuovo Continente. Individui biondi dalla pelle chiara tra le caste dominanti dell'Egitto e d'America. Il professor W.C. Emery, autore di Archaic Egypt è convinto che si tratti di un popolo venuto dall'esterno, non indigeno, tenutosi a distanza dalla gente comune, unitosi solo con le classi aristocratiche. Una maggiore conoscenza del DNA dei faraoni e dei suoi legami con questo popolo potrebbe provenire da un'identificazione genetica delle mummie disponibili .
Inoltre mummie bionde e dai tratti caucasici sono state ritrovate anche in Cina. Sembra che in epoca antica, una popolazione di questo tipo abbia stabilito colonie in tutto il globo, mantenendo piuttosto circoscritta la sua mescolanza genetica. Chi erano questi popoli biondi del tutto estranei alle etnie locali ? Che legame avevano con gli Shemsu Hor, i semidei Seguaci di Horus e i biondi Viracocha delle mitologie americane?
Akhenaton
Forse erano Atlantidei, come ipotizza l'egittologo John Antony West. È interessante notare che lo stesso Emery scrive: "verso la fine del IV millennio a.C. il popolo noto come "Seguaci di Horus" ci appare come un'aristocrazia altamente dominante che governava l'intero Egitto. La teoria dell'esistenza di questa razza è confortata dalla scoperta nelle tombe del periodo pre-dinastico, nella parte settentrionale dell'Alto Egitto, dei resti anatomici di individui con un cranio e una corporatura di dimensioni maggiori rispetto agli indigeni, con differenze talmente marcate da rendere impossibile ogni ipotesi di un comune ceppo razziale. La fusione delle due razze dev'essere avvenuta in tempi tali da essere più o meno compiuta al momento dell'Unificazione dei due regni d'Egitto". Anche in Messico sono stati ritrovati teschi allungati o deformi, più grandi del normale, e ciò incrementa i legami tra l'Egitto e l'America, oltre ad accrescere la possibilità di un ceppo razziale comune alla base delle due culture. La scoperta della presenza di tabacco e cocaina tra i capelli e nelle fasce delle mummie egiziane ne è un indizio notevole, considerando che tabacco e cocaina sono piante originarie del sud-America e non vi sono segni di loro coltivazioni nell'Egitto antico. Inoltre proprio nella XVIII dinastia, interessata dal gruppo sanguigno A, ha regnato il faraone Amenofi IV, meglio noto come Akhenaton, menzionato in precedenza, che amava farsi ritrarre in statue e bassorilievi (e con lui l'intera famiglia reale) con un cranio allungato e una corporatura tozza, caratteristiche riscontrate nel ceppo pre-dinastico menzionato da Emery. Traccia di un possibile legame lo si trova nel gruppo sanguigno del suo successore Tutankhamon, figlio del faraone eretico, che, come per altri membri della XVIII dinastia, è di tipo A. Akhenaton è ricordato per la sua riforma religiosa, ispirata al monoteismo del Dio Sole Aton. Considerando che il culto solare è il più antico che l'umanità ricordi (insieme a quello della Grande Madre), non è fantascientifico ipotizzare un legame culturale e forse genetico tra questo faraone e ceppi razziali non egiziani, la cui linea genealogica è appartenente forse ad una cultura avanzata pre-esistente a quella Egizia.
Segreti di un' arte millenaria
Con più di mezzo secolo di ricerche e a sue spese, l'antropologo spagnolo José Manuel Reverte Coma è, senza dubbio, una delle massime autorità internazionali nel campo delle mummie.
I suoi lavori sull'imbalsamazione di culture antiche come l'Egitto e il sud-America sono stati pubblicati ed apprezzati dovunque. Per 20 anni il professor Reverte ha retto l'insolito museo che porta il suo nome. Situato nella facoltà di medicina dell'Università Complutense di Madrid, attorniato da insoliti oggetti della medicina spagnola, il professore possiede una collezione eccezionale di mummie dei luoghi più disparati del pianeta. Reverte è un perfetto conoscitore del processo di mummificazione impiegato in Sud-America, continente nel quale ha lavorato per alcune decadi. Nel suo museo si conservano diverse mummie peruviane di circa 2.500 anni di età. "Le circostanze religiose, come la credenza in un aldilà, e naturali, come l'elevata aridità del paese favorirono l'eccellente tecnica di mummificazione egizia. Circostanze totalmente diverse propiziarono la mummificazione in America. Per esempio, a grandi altezze i corpi potevano congelarsi per il freddo, e nei paesi tropicali si otteneva la perdita dei liquidi collocando i corpi al Sole durante il giorno e vicino ad un falò durante la notte. In questo modo, i grassi salivano verso l'estremità, seccando il cadavere". Esistono però per il professor Reverte Coma, similitudini tra le mummie dei Guanci (un antico popolo delle isole Canarie N.d.R.) e quelle egizie. "Sebbene i metodi impiegati siano a grandi linee differenti, vi sono alcuni punti in comune, specialmente se prendiamo come paragone la mummificazione primitiva egizia che consisteva nell'avvolgere semplicemente il cadavere in una pelle di animale. Non è impossibile quindi che le due culture abbiano avuto qualche sorta di contatto".

giovedì 24 settembre 2020

Il potente simbolo del Tanit


Un altro simbolo ricorrente, accompagna la storia dell’umanità, sin dall’alba dei tempi. 

Questo frattale, rappresenta la dea madre, portatrice di progresso e conoscenza, ma anche simbolo energetico, delle forze che governano la terra ed il cosmo, energia madre vitale, generatrice.

TANIT: lo ritroviamo nella sua forma classica, già in epoca fenicia in tutta la zona del mediterraneo ma anche in estremo oriente,  nelle Isole Canarie,  in Lapponia e con aspetti grafici leggermente diversi, in tutto il continente americano. 

Le valenze cambiano e si “aggiustano” nel tempo, ma il simbolo ed il suo significato iniziatico, rimane pressoché invariato, fino ai nostri giorni. 

È un triangolo isoscele appoggiato sul lato più corto, sormontato da un cerchio, le due figure geometriche unite da un segmento parallelo alla base del triangolo.  È spesso accompagnato da due elementi verticali laterali ( le colonne del tempio) che a volte,  la vedono coinvolta nell’atto di sostenerle.  Si intuisce chiaramente il simbolo rozzo di una figura umana, ma si ricollega anche, per analogia, al simbolo preistorico dell’ingresso o uscita del  labirinto,  nella sua forma stilizzata e sintetica.

Altre volte lo troviamo sormontato da un motivo ad arco che la sovrasta, una sorta di aura o parabola, della stessa forma e nella stessa posizione degli scudi flessibili delle statue di Mont’e Prama. 

La forma che va a comporsi superiormente, in questo caso, ricorda anche un rudimentale e stilizzato occhio onniveggente o occhio di ORUS. 

È il simbolo di Tanit, misteriosa signora del cielo e del popolo, anche simbolo lunare femminile, legato all’acqua e all’aria (uccello e pesce), ma anche androgino, al contempo, maschile e femminile, Unione degli opposti, a formare l’uno. 

È anche  legata saldamente al culto dei morti ed in particolare a quei rituali atti a garantirne la resurrezione del corpo dell’individuo, secondo la tradizione legata al “mito”.

È il riflesso di Baal Ammon, cioè la personificazione, della luce del sole ( una luce che si può guardare, perché luce riflessa, non diretta) - ( “era come guardare il sole che si muoveva, ma non dava fastidio agli occhi” - tratto da testimonianze dirette “Fatima”).

Questo simbolo subirà, nel corso dei millenni, diverse evoluzioni ed applicazioni, storiche, simbolico-religiose ed architettoniche: chiave della vita egizia, piramide tronca, Shiva lingam, pozzi lunari neolitici, kofun ed aniwa giapponesi, croce cristiana, simbologia massonica, ma anche pianta architettonica di molte cattedrali e di piazza San Pietro, in Roma. 

Possibili decifrazioni del simbolo: 

Entità fisica reale, di fattezze femminili,  forma di vita intelligente e fisicamente e storicamente esistita ed esistente, colei che vigila, istruisce e guida l’umanità. 

Energia della terra ( che viene dal basso -così in terra),  campo elettromagnetico terrestre, ma anche gravitazionale ( che irradia spaziotempo locale) che si incontra e si compenetra con ciò che viene dall’alto  ( come in cielo: onde gravitazionali cosmiche ma anche spaziotempo cosmico - come sommatoria di spaziotempi locali - tessuto spazioTemporale - dei singoli centri di gravità sparsi nell’universo)-( vedi: ipotesi dei campi tachionici e muonici che solo di recente, è stata ripresa in considerazione da alcuni fisici “illuminati” e che rischia di rivoluzionare dalle fondamenta, la fisica contemporanea), ma anche raggi cosmici di polarità opposta agli elettroni del campo magnetico terrestre. ( positroni ). (Incontro di Materia ed antimateria).

Piccola parentesi sui raggi cosmici:

( recentemente la fisica moderna ha dimostrato come i raggi cosmici, influenzino il clima e rivestano un ruolo fondamentale sui fenomeni di condensazione del vapore acqueo nell’atmosfera, condizionando la formazione delle nubi ).

Ecco tornare gli elementi cari a TANIT- aria-acqua (vapore acqueo) dai quali si formano, (nubi) e per differenza di potenziale elettrostatico rispetto alla terra, i fulmini (immense scariche ad alta tensione, senza l’ ausilio di combustibili fossili). 

Ecco che la signora delle palme, dell’acqua e del cielo, torna nella storia degli uomini terrestri, ad insegnarci e ricordarci chi eravamo e chi potremmo essere e a mostrarci la possibile strada da percorrere, per la salvezza del pianeta  ed il reale progresso dell’umanità. 

O magari,  ad uso e consumo degli scettici, questo simbolo ricorrente, rappresentato su pietra da antichi ingegneri,  costruttori, matematici ed astronomi, come immagine ricorrente a diffusione praticamente planetaria, è solo frutto di coincidenze, ignoranza e superstizione? 


Come sempre .... ogni persona trovi le proprie risposte e tragga le proprie conclusioni.

martedì 16 giugno 2020

ANCIENT EGYPTIAN LOVE SONG

Here is something that should really set the world on fire! It is a 3000-year-old song, sung in a dead language that no one speaks or understands, accompanied on an instrument called the "djedjet" that hasn't existed in several millennia! The words for this song are from an ancient Egyptian papyrus scroll, written in a formalized version of the language of the New Kingdom (roughly 1500 B.C.). This was the era of some of Egypt's most famous pharaohs, including Tutankhamun, Queen Hatshepsut and the notorious "heretic king" Akenaten and his wife Queen Nefertiti. The song itself is written in several parts as a dialog between a young man and the girl he loves. This is the first part of it sung by the young man. Although he refers to the girl as "sister", she is not his actual sister. It was common for people in those days, as it is in some places today, to refer to one another as "brother" and "sister" when they belonged to the same community. The language of ancient Egypt died out long ago, and no one is certain exactly how it was pronounced because only consonants were written - no vowels. The song itself is surprisingly explicit and erotic. After I made the video, I decided I had better add subtitles with a translation because without that nothing made any sense. The instrument I am using to accompany myself is a reproduction of a 22 string Egyptian New Kingdom arched ('C' - shaped) harp called a "djedjet". It is made entirely of cedar and animal skin, without nails or screws of any kind. It has a rich, deep tone and I placed a microphone at the bottom of the instrument to pick up the sound. There is nothing except harp and voice in this recording. Ancient Egyptians wrote out many of the words to their songs but they did not write down the music, so we have no idea what their songs or instrumental music sounded like. I have tuned the harp in this video to what is called a "double harmonic major scale". This does not correspond to any of the "modes" of western musical theory. Did ancient Egyptians use this scale? No one knows, but it is possible. I believe that the ancient harpists tuned their instruments to suit the piece of music they were playing. Many biblical scholars have suggested that this song was the inspiration for the SONG OF SONGS, or "Song Of Solomon" from the Old Testament of the Bible because the parallels between them are striking. The Song Of Solomon would have been written down long after the period of the Egyptian New Kingdom.

venerdì 8 maggio 2020

Nefertiti l'Atlantidea

Edgar Cayce è considerato da molti studiosi come uno dei più grandi psichici del ventesimo secolo. Recentemente, è apparso in diversi programmi TV annunciando al mondo che le sue profezie starebbero per avverarsi così come da lui preannunciato . Sorprendentemente, tutte le sue precognizioni le ha ottenute durante uno dei suoi stati di dormiveglia. Il profeta dormiente ha previsto anche che le prove in grado di confutare una volta per tutte l'esistenza del mitico continente perduto di Atlantide e la tecnologia utilizzata dagli antichi terrestri devono essere cercate proprio sotto le monumentali strutture piramidali edificate nella piana di Giza. Ciò che è stato individuato all'interno di una di queste enormi strutture potrebbe rappresentare una scoperta rivoluzionaria e quindi gettare nuova luce sul lignaggio reale della famiglia regnante di Amarna.
La nuova scoperta archeologica sembra dimostrare una certa connessione tra il faraone Akhenaton, la regina Nefertiti e il mitico continente scomparso di Atlantide, un nuovo passo in avanti nel campo dell'archeologia grazie alla scoperta di alcuni antichi manufatti risalenti a 10.000 anni aC!
Carmen Boulter spiega che le sue nuove scoperte ottenute all'interno di un remoto sito in Turchia contenente un gran numero di manufatti egizi, potrebbero rivelare un antico legame tra i popoli mediorientali e il mitico continente di Atlantide. L'evidenza dimostrata dalla scoperta di quella che doveva essere una principessa di Atlantide custodita tra i resti di un'antica tomba apre una serie di interrogativi affinché giungere ad una  corretta datazione dei vari manufatti appartenenti all'Antico Egitto così come quella della civiltà scomparsa di Atlantide. Come spiega Dr.Boulter, la scoperta di alcuni manufatti potrebbe cambiare per sempre ciò che sapevamo dell'umanità antica e l'improvvisa comparsa di  avanzate civiltà! 
La teoria dell'esistenza del continente scomparso di Atlantide, è stata spesso disprezzata dagli accademici che hanno preferito considerarla come un mito senza fondamento. Ciò verrebbe smentito dagli antichi resoconti redatti dal filosofo greco Platone secondo il quale, da qualche parte nell'Atlantico, si celerebbero i resti di un'antica civiltà collassata per via di uno stile di vita perverso e in contrapposizione dei valori spirituali trasmessi dai loro antichissimi rappresentanti. La sorprendente scoperta in Turchia di un'antica tomba nascosta all'interno di una montagna non ha fatto altro che innescare una serie di accesi dibattiti e polemiche soprattutto tra gli esperti di antiche reliquie. 
Boulter è considerato da molti per essere un affermato ed esperto egittologo grazie anche alle sue scoperte riportate nel suo libro 'Il Codice della Piramide' il cui contenuto potrebbe cambiare definitivamente il nostro modo di guardare il livello di sviluppo tecnologico e spirituale dei popoli antichi. 
Il suo profondo coinvolgimento in questa sorprendente scoperta non solo ha dato grande credibilità alla teoria atlantidea, ma ha anche permesso agli esperti di condurre  rigorosi test scientifici su alcuni antichi reperti rinvenuti all'interno delle tombe egizie. I primi sorprendenti risultati hanno dimostrato che tali oggetti sembrano risalire al 10.000 aC ancor prima della comparsa dei classici manufatti dinastici dell'antico Egitto  Tali antichissimi reperti sembrano precedere di molto la civiltà egizia,almeno di 8.000 anni!
Questo lignaggio reale includeva Akhenaton, Amenhotep, Nefertiti, Hatshepsut e Tutankhamon. La scoperta di una presunta principessa Atlantidea potrebbe far sollevare importanti interrogativi sulla vera storia dell'umanità.
Probabilmente la stirpe dinastica di Amarna potrebbe essere un patrimonio di sangue trasferito agli adepti dell'antico Egitto da alcuni reali Atlantidei dai quali avrebbero ottenuto elevate conoscenze spirituali e delle capacità psichiche del tutto straordinarie.

sabato 2 maggio 2020

ANKH - La croce della vita - I simboli dell'Antico Egitto

Le due parti dell'ANKH, la TAU sottostante e l'ANSA sovrastante, corrispondono ai simboli di due delle divinità più importanti della religione egizia, Iside e Osiride. Innumerevoli scene raffigurate sui muri nelle tombe egiziane mostrano gli dei nell'atto di avvicinare il simbolo della vita alle narici del sovrano.

L'occhio di Horus - Antico Egitto - SEMEION, i simboli e la Storia

Il dio Horus è considerato una delle divinità fra le più antiche e significative del pantheon egizio. Era simboleggiato da un falco o da un uomo dalla testa di falco con la Doppia Corona dell'Alto e del Basso Egitto, talvolta da un bambino nudo e senza capelli, con la treccia reale pendente da una parte del capo. Poteva vedere tutto, avendo il potere della chiaroveggenza e dominava tutti gli elementi naturali mantenendoli in equilibrio. Gli svariati aspetti simbolici di Horus e le leggende che lo riguardano si sono mescolati e confusi nel corso dei millenni.

martedì 21 aprile 2020

il papiro di Ebers 1.500 a.C.

Gli egiziani prendevano seriamente a cuore la propria igiene personale e nel papiro di Ebers (1500 a.C.) troviamo traccia di una ricetta per un deodorante; i loro sacerdoti del resto utilizzavano essenze aromatiche per imbalsamare i corpi.

mercoledì 25 marzo 2020

lunedì 16 marzo 2020

Gli amuleti durante l'imbalsamazione nell'Antico Egitto


Molto spesso tra il corpo e le bende veniva effettuato il posizionamento di amuleti che in certe epoche divennero numerosissime, tanto da far pensare ad una corazza magica di protezione.
I più frequenti e sostanziali erano: il cuore Ib, il poggiatesta Ures, lo scarabeo Khefer, l'occhio di Horus (già prima occhio di Ra), la testa di serpente, la Rana, lo Shen, il Nefer, L'Ankh etc.
Questi amuleti non solo avevano un potere magico per l'immagine rappresentata o la formula magica iscrittavi (hekau), ma raddoppiavano le proprietà secondo i materiali specifici con i quale erano fatti, solitamente pietre tra quali le più antiche erano frammenti di schisto (ardesia), oro e legno, gemme.
La maggior parte di loro aveva il potere di protezione contro le insidie del male e donava prosperità , salute, forza, in virtù della corrispondenza del potere donato a questi amuleti dagli dei in persona. Iside con Horus in braccioUn esempio per tutti l'amuleto dell'Occhio di Horus, l'Udjat, attirava su chi lo portava la pienezza del potere del disco Solare , il quale dispensava ogni sorta d'abbondanza tra cui soprattutto il dono di guarigione e protezione, purchè fosse fatto obbligatoriamente di lapislazzuli e gli fossero rese offerte rituali fatte di formule erbe e luci particolari, nel giorno del solstizio d'estate. Naturalmente tutta la magia cerimoniale era derivata dalla Dea Iside signora della Magia che con il suo uso aveva "detronizzato" il padre Ra e resuscitato il proprio sposo fratello Osiride. Non solo, ella introdusse la resurrezione quale causa d'immortalità anche per il faraone come Osiride terreno. A lei si fanno risalire i riti delle letterature mortuarie anche se già prima di lei, la magia ricadeva nell'ambito dell'ordine cosmico ed era attribuita alla competenza di Eqa, una sorta di collaboratrice o alter ego di Maat( Ordine cosmico e Giustizia).
Iside quindi simboleggia la forza dell'evoluzione, della creatività, della "pietas" e della misericordia verso l'umanità, una sorta di corrispondente e più antico concetto della Maria cristiana spesso raffigurata in modo analogo col suo figlio meraviglioso in braccio.

Il mito di Iside

Un altro mito racconta di come Iside ruba il potere a Ra. La dea inventa un serpente velenoso, il cobra, e fa sì che Ra ne venga morso. Avvelenato, Ra è in preda agli spasmi e al dolore, e implora Iside, che è maga e guaritrice, di salvarlo. Ma Iside gli dice che perché la magia funzioni, le serve conoscere il nome segreto di Ra (nell’Antico Egitto, ogni dio così come ogni persona aveva un nome pubblico e un nome segreto, depositario dell’anima e del potere dell’individuo). Sul punto di morire, Ra bisbiglia nell’orecchio di Iside il suo nome segreto. Lei lo salva dal veleno ma da quel momento in avanti possiede il suo potere. E’ così che il suo sposo Osiride sostituisce Ra e diviene re dell’Egitto.
Maga potente, guaritrice, fedelissima madre-sorella-sposa, Iside cambia forma e non perde mai la speranza. Incarnando l’archetipo della buona moglie e della protettrice dell’ordine, Iside è sempre compresa ed è risultata gradita, facilmente assimilabile presso tutte le religioni del patriarcato, dall’Antico Egitto fino al cristianesimo. E’ simbolo di una femminilità potente ma domestica, felice di ricoprire il ruolo di sposa o di madre del sovrano, proteggendo il suo potere con la sua magia bianca.
Iside rappresenta il lato generoso e complementare della nostra femminilità. E’ la compagna fedele, la complice astuta, colei che non desidera il potere per sé ma per l’amato, e proprio così diviene protagonista indiscussa, salvatrice, eroina splendente.
Iside rappresenta anche l’Anima junghiana, la parte femminile dell’uomo che, se propriamente integrata nell’Io, gli permette di raggiungere appieno la sua sovranità sulla psiche (l’imprescindibile conjunctio oppositorum della via alchemica).
E’ una delle poche dee che non solo sono “sopravvissute” al patriarcato ma anzi, hanno prosperato, facendo innamorare di sé tanto gli uomini quanto le donne. Questo perché Iside rappresenta una femminilità consapevole e dolce, in pace con se stessa, dotata di un grande potere che amministra con un amore ancora più grande. Rifiuta di uccidere e il male che compie è sempre a fin di bene. E’ soprattutto una Grande Madre e ci mostra il suo volto rassicurante e protettivo, immenso come quello della Luna.
Iside è fonte di potere e di serenità allo stesso tempo. Questa è la sua grandezza. E’ la Regina per eccellenza, la madre di Re, che ha risolto e superato il conflitto con il maschile senza rinunciare nemmeno a un grammo del suo splendore. Iside ci dimostra che possiamo accettare e amare la parte maschile che portiamo dentro di noi, fondendola con quella femminile in un amplesso sacro e fertile. Ci mostra come maschile e femminile siano diversi eppure indispensabili l’uno all’altra. Simbolo di ciò è l’unione tantrica, matrimonio alchemico oltre la vita e la morte che celebra con il suo sposo Osiride, dopo che lui è risorto grazie al rituale dell’imbalsamazione. Da questa unione nasce Horus, figlio divino destinato a divenire Re.

Il gatto nell'antico Egitto

Nell'antico Egitto era uso consacrare i bambini a Bastet, facendo un piccolo taglio sul braccio e mescolando il sangue che gocciolava a quello di un felino. 
Un uomo che uccidesse un gatto, anche per caso fortuito, era giustiziato a morte e quando un gatto moriva i proprietari usavano rasarsi le sopracciglia e il capo in segno di lutto. 
Il gatto, la cui pupilla subisce delle variazioni che ricordavano le fasi della luna, veniva paragonato alla sfinge per la sua natura segreta e misteriosa e per la sensibilità alle manifestazioni magnetiche ed elettriche. Inoltre, la sua abituale posizione raggomitolata e la facoltà di dormire per giornate intere ne facevano, agli occhi degli ierofanti, l’immagine della meditazione, esibita come esempio ai candidati all’iniziazione rituale. 
Il gatto, oltre ad essere un simbolo di grazia e benevolenza, era apprezzato dagli Egizi per la sua abilità di cacciatore: liberava campi e case dai roditori nocivi e poteva competere con i temibili cobra.
Si affermava, infine, che il gatto possedesse nove anime, e godesse di nove vite successive.
Pare infine che, mentre il gatto era sacro al Sole e a Osiride, la gatta era sacra alla Luna e a Iside

Una recente analisi del DNA delle specie moderne di felini ha stabilito che i primi gatti ad essere addomesticati, probabilmente in Mesopotamia, furono i gatti selvatici africani (Felis silvestris lybica), circa 10.000 anni fa.
Nell’antico Egitto erano prevalenti due specie di gatti: il gatto della giungla (Felis chaus) e il più comune gatto selvatico africano. Il gatto selvatico africano fu il primo a subire il processo di domesticazione all’inizio del Periodo predinastico (IV millennio a. C.).
La domesticazione del gatto selvatico nacque probabilmente dall’esigenza di avere un predatore domestico in grado di contenere il numero di ratti, serpenti e parassiti che affollavano i granai egizi, specialmente i depositi che appartenevano a nobili, sacerdoti e sovrani. Fu solo tra il XVI e l’XI secolo a.C. che i gatti iniziarono ad assumere un ruolo sempre meno legato alla caccia di parassiti e sempre più di compagnia.
L’arte figurativa egizia del XIV secolo a.C. ha lasciato diverse testimonianze del rapporto uomo-gatto: la Grande Sposa Reale Tiy (moglie di Amenofi III) e sua figlia Sitamon sono state raffigurate insieme a una gatta e un’oca domestiche. Sullo schienale del trono della principessa Sitamon, è stata raffigurata una gatta seduta sotto lo scranno dove siede la regina Tiy.
Il gatto nella religione egizia
Bastet e Sekhmet
Sekhmet, la dea-leonessa della guerra, della violenza, delle infezioni e delle guarigioni dalle malattie, era inizialmente una divinità strettamente legata a Bast, ma col passare del tempo le due figure iniziarono ad assumere connotati differenti fino a diventare antitetiche
Mafdet, invece, era una divinità dai connotati felini (a volte più simile ad una mangusta o uno zibetto) che proteggeva da serpenti e scorpioni e sovrintendeva la giustizia legale e la pena di morte.
La prima testimonianza archeologica di una divinità felina è una coppa di cristallo del 3.100 a.C., decorata con una rappresentazione della dea Mafdet con testa di leonessa. Inizialmente anche Bastet veniva raffigurata come una dea leonina, protettiva e guerriera come Sekhmet ma ben distinta in quanto a personalità.
Durante la XXII dinastia (945 a.C. – 715 a.C.), la figura di Bast subì una mutazione passando dall’essere una divinità guerriera e leonina all’essere una dea protettiva e rassicurante dalle sembianze di gatto.
Poiché i gatti domestici tendono ad avere un comportamento mite e protettivo nei confronti del padrone e della sua casa, gli Egizi cominciarono a vedere Bastet come una madre, raffigurandola di frequente in compagnia dei suoi cuccioli; tra le donne egizie che desideravano una gravidanza era comune indossare un amuleto di Bastet circondata da gattini.
Gatti nell' antico Egitto
Il Gatto di Eliopoli
Il gatto maschio assunse un ruolo differente e fu associato alla divinità solare Ra: il suo compito era quello di difendere il Sole dagli attacchi del demone Apopi e di sorvegliare l’Albero della Vita Eterna (Ished), sulle cui foglie il dio Thot scriveva i nomi dei sovrani egizi.
Il Grande Gatto di Eliopoli, incarnazione di Ra, fu spesso raffigurato nelle pitture parietali funebri relative ad alcuni passi del Libro dei morti: appare sulle pareti delle tombe di Deir el-Medina (vicino a Tebe), e nello stesso Libro dei morti l’entità stessa fornisce una definizione del suo ruolo nel pantheon egizio nel XVII capitolo:
Io sono questo Grande Gatto che si trovava al lago dell’albero “ished” in Eliopoli, quella notte della battaglia in cui fu compiuta la sconfitta dei sebiu, e quel giorno dello sterminio degli avversari del Signore dell’Universo.
La venerazione dei gatti
Erodoto di Alicarnasso, nelle sue Storie, cita il rispetto e gli onori funebri riservati ai gatti deceduti:
«Quando, poi, scoppia un incendio, i gatti sono presi da fenomeni strani. Gli Egiziani, infatti, disponendosi a regolare distanza, fanno loro la guardia, trascurando, perfino, di spegnere il fuoco; ma i gatti sgusciando tra uomo e uomo, o, magari, saltandoli via, si gettano nel fuoco. Quando ciò avviene, è grande il dispiacere che prende gli Egiziani. Se in una casa un gatto viene a morire di morte naturale, tutti quelli che vi abitano si radono le sopracciglia. […] I gatti vengono portati nella città di Bubasti in locali sacri e ivi vengono sepolti, dopo essere stati imbalsamati.»
Diodoro Siculo narra di un particolare episodio che vede coinvolto un cittadino romano e un gatto, un episodio che dimostra la venerazione che gli Egizi avevano per i loro amici a quattro zampe: intorno al 60 a.C., l’uomo fu sorpreso a uccidere un gatto, scatenando l’ira della folla che lo catturò e lo uccise senza alcun processo e ignorando il volere del faraone, che propose l’idea di graziare l’assassino di felini.
Bubasti, la città dei gatti
Mummia di gatto
Mummia di gatto
Durante il X secolo a.C. Bubasti (in origine Par Bastet, letteralmente “Città di Bastet”), città nei pressi del delta del Nilo, divenne ufficialmente la sede del culto del gatto. Il culto di Bastet si era ormai esteso in modo virale per tutto il regno e la divinità era diventata la guardiana della fertilità e della maternità.
Il culto dei gatti faceva affluire ogni anno a Bubasti migliaia di adoratori. Nel centro della città si trovava il santuario di Bastet, un tempio che secondo Erodoto aveva dimensioni enormi: circa 180 metri di lunghezza; a poca distanza dal tempio si trovava una delle più grandi necropoli feline dell’intero Egitto, dove migliaia di mummie di gatto venivano sepolte all’inizio del loro viaggio verso l’aldilà.
Secondo la leggenda, una leonessa caduta nel lago del tempio ne era uscita tramutata in una docile gatta, accolta poi nel santuario come incarnazione di Bastet.
A Bubasti si svolgevano, sempre secondo Erodoto, i festeggiamenti periodici della dea Bastet, rituali che prevedevano una lunga processione di barche sacre accompagnata da musica durante la quale centinaia di artigiani avevano la possibilità di vendere statuette e amuleti di gatti; una volta giunti al tempio, i fedeli partecipavano ad un banchetto in cui il vino scorreva a fiumi.
I gatti delle famiglie più ricche potevano aspirare ad una mummificazione a regola d’arte e alla sepoltura nei pressi del tempio di Bastet a Bubasti o in altre necropoli solitamente destinate a sepolture umane, come Saqqara e Beni Hasan, anche se molti gatti appartenuti alla gente comune venivano ugualmente mummificati e sepolti in cimiteri dedicati ai felini.
La gatta Myt del principe Thutmose, figlio di Amenofi III, fu sepolta nella necropoli di Menfi all’interno di un piccolo sarcofago di pietra decorato da incisioni propiziatorie per il suo futuro incontro nell’aldilà con la dea Iside.

domenica 15 marzo 2020

I Faraoni biondi


Il parallelismo tra Egitto e America trova ulteriori conferme nella scoperta citata da Murry Hope nel suo libro "Il Segreto di Sirio" (Corbaccio 1997). Alle analisi, le mummie regali della XVIII dinastia presenterebbero gruppo sanguigno A. Considerando che il gruppo sanguigno più diffuso in Egitto era, ed è ancora oggi, il gruppo 0, la cosa è alquanto insolita. La stranezza aumenta se consideriamo che il gruppo A di solito si accompagna al tipo dalla pelle chiara e gli occhi azzurri o comunque caucasico. Cosa ci facevano individui dall'aspetto nordico tra i faraoni dell'Egitto del Nuovo regno? In più alcune mummie inca, conservate al British Museum di Londra hanno dato i medesimi risultati (gruppo A e aspetto caucasico) del tutto estranei alle popolazioni pre-ispaniche del Nuovo Continente. Individui biondi dalla pelle chiara tra le caste dominanti dell'Egitto e d'America. Il professor W.C. Emery, autore di Archaic Egypt è convinto che si tratti di un popolo venuto dall'esterno, non indigeno, tenutosi a distanza dalla gente comune, unitosi solo con le classi aristocratiche. Una maggiore conoscenza del DNA dei faraoni e dei suoi legami con questo popolo potrebbe provenire da un'identificazione genetica delle mummie disponibili .


Inoltre mummie bionde e dai tratti caucasici sono state ritrovate anche in Cina. Sembra che in epoca antica, una popolazione di questo tipo abbia stabilito colonie in tutto il globo, mantenendo piuttosto circoscritta la sua mescolanza genetica. Chi erano questi popoli biondi del tutto estranei alle etnie locali ? Che legame avevano con gli Shemsu Hor, i semidei Seguaci di Horus e i biondi Viracocha delle mitologie americane?

Akhenaton

Forse erano Atlantidei, come ipotizza l'egittologo John Antony West. È interessante notare che lo stesso Emery scrive: "verso la fine del IV millennio a.C. il popolo noto come "Seguaci di Horus" ci appare come un'aristocrazia altamente dominante che governava l'intero Egitto. La teoria dell'esistenza di questa razza è confortata dalla scoperta nelle tombe del periodo pre-dinastico, nella parte settentrionale dell'Alto Egitto, dei resti anatomici di individui con un cranio e una corporatura di dimensioni maggiori rispetto agli indigeni, con differenze talmente marcate da rendere impossibile ogni ipotesi di un comune ceppo razziale. La fusione delle due razze dev'essere avvenuta in tempi tali da essere più o meno compiuta al momento dell'Unificazione dei due regni d'Egitto". Anche in Messico sono stati ritrovati teschi allungati o deformi, più grandi del normale, e ciò incrementa i legami tra l'Egitto e l'America, oltre ad accrescere la possibilità di un ceppo razziale comune alla base delle due culture. La scoperta della presenza di tabacco e cocaina tra i capelli e nelle fasce delle mummie egiziane ne è un indizio notevole, considerando che tabacco e cocaina sono piante originarie del sud-America e non vi sono segni di loro coltivazioni nell'Egitto antico. Inoltre proprio nella XVIII dinastia, interessata dal gruppo sanguigno A, ha regnato il faraone Amenofi IV, meglio noto come Akhenaton, menzionato in precedenza, che amava farsi ritrarre in statue e bassorilievi (e con lui l'intera famiglia reale) con un cranio allungato e una corporatura tozza, caratteristiche riscontrate nel ceppo pre-dinastico menzionato da Emery. Traccia di un possibile legame lo si trova nel gruppo sanguigno del suo successore Tutankhamon, figlio del faraone eretico, che, come per altri membri della XVIII dinastia, è di tipo A. Akhenaton è ricordato per la sua riforma religiosa, ispirata al monoteismo del Dio Sole Aton. Considerando che il culto solare è il più antico che l'umanità ricordi (insieme a quello della Grande Madre), non è fantascientifico ipotizzare un legame culturale e forse genetico tra questo faraone e ceppi razziali non egiziani, la cui linea genealogica è appartenente forse ad una cultura avanzata pre-esistente a quella Egizia.

Segreti di un' arte millenaria

Con più di mezzo secolo di ricerche e a sue spese, l'antropologo spagnolo José Manuel Reverte Coma è, senza dubbio, una delle massime autorità internazionali nel campo delle mummie.
I suoi lavori sull'imbalsamazione di culture antiche come l'Egitto e il sud-America sono stati pubblicati ed apprezzati dovunque. Per 20 anni il professor Reverte ha retto l'insolito museo che porta il suo nome. Situato nella facoltà di medicina dell'Università Complutense di Madrid, attorniato da insoliti oggetti della medicina spagnola, il professore possiede una collezione eccezionale di mummie dei luoghi più disparati del pianeta. Reverte è un perfetto conoscitore del processo di mummificazione impiegato in Sud-America, continente nel quale ha lavorato per alcune decadi. Nel suo museo si conservano diverse mummie peruviane di circa 2.500 anni di età. "Le circostanze religiose, come la credenza in un aldilà, e naturali, come l'elevata aridità del paese favorirono l'eccellente tecnica di mummificazione egizia. Circostanze totalmente diverse propiziarono la mummificazione in America. Per esempio, a grandi altezze i corpi potevano congelarsi per il freddo, e nei paesi tropicali si otteneva la perdita dei liquidi collocando i corpi al Sole durante il giorno e vicino ad un falò durante la notte. In questo modo, i grassi salivano verso l'estremità, seccando il cadavere". Esistono però per il professor Reverte Coma, similitudini tra le mummie dei Guanci (un antico popolo delle isole Canarie N.d.R.) e quelle egizie. "Sebbene i metodi impiegati siano a grandi linee differenti, vi sono alcuni punti in comune, specialmente se prendiamo come paragone la mummificazione primitiva egizia che consisteva nell'avvolgere semplicemente il cadavere in una pelle di animale. Non è impossibile quindi che le due culture abbiano avuto qualche sorta di contatto".

sabato 4 gennaio 2020

Bastet, la dea gatto.



Nel vasto e multiforme pantheon egiziano Bastet è la dea gatta, rappresentata come donna dalla testa di gatto o come una gatta nera.
Il suo luogo di culto più importante era la città di Per Bast, che i Greci chiamavano Bubastis, nei pressi dei delta del Nilo, a circa 80 km a nord-est del Cairo, dove furono ritrovati molti templi a lei dedicati.

Dalla VI dinastia il culto si diffuse nell’Egitto, da locale che era inizialmente, e sotto il regno di Pepi II si immaginava Bastet come l’equivalente della Hathor di Dendera; Bastet aveva il potere di stimolare l’amore e la sessualità, e questa è una delle ragioni per cui il suo culto fu così popolare.

Il giorno dedicato alla dea Bastet, giorno di festa dove la gioia giungeva all’estasi, era il 31 Ottobre. Si beveva e si ballava a dismisura, e i bambini non potevano partecipare. Sul Nilo galleggiavano chiatte piene di donne, fiori e vino. Si dice che si trattasse di riti sensuali, pieni di musica e danze.
Erodoto così racconta “Arrivano in barca, uomini e donne assieme, in gran numero su ogni imbarcazione; mentre camminano molte donne fanno musica con dei sonagli, degli uomini suonano il flauto, mentre altri cantano e battono le mani. Quando incontrano una città lungo il fiume portano la barca a riva, ed alcune donne continuano a suonare, come ho detto prima, mentre altre lanciano insulti alle donne del luogo ed iniziano a ballare agitando i loro abiti in tutti i sensi.
All’arrivo celebrano la festa con dei sacrifici, e si consuma in questa occasione più vino che in tutto il resto dell’anno”

Lo stesso Erodoto afferma che il tempio di Bastet, costruito in granito rosso, era il più bello del paese e che vantava il maggior numero di fedeli, parlando di almeno 700000 persone, “bambini esclusi”. L’importanza di queste feste sembrava poco realistica agli egittologi del tardo ‘800, ma nel 1887 un archeologo di nome Henri Édouard Naville, scoprì il sito e dimostrò la veridicità dei resoconti di Erodoto.

A Bubastis è stata rinvenuta una grande necropoli di gatti e, sempre Erodoto, ci dice:
“I gatti defunti vengono portati a Bubastis, dove sono mummificati e sepolti dentro delle urne sacre”

Migliaia di felini furono sepolti in gallerie sotterranee della città e dei dintorni di modo che potessero portare il messaggio del loro padrone fino agli dei.
Naville fece ricerche sia nel sito del tempio di Bubastis sia nelle catacombe dei gatti, oltre che in alcune sepolture faraoniche, e provò così che si trattava eventi religiosi considerevoli, i cui devoti erano di ogni classe sociale della popolazione egizia.

Bastet nasce come divinità solare, personificando il calore benefico del sole, al contrario di Sekhmet che ne incarna il calore bruciante; solo in epoca greca venne assimilata ad Artemide, diventando così una dea lunare.
Ad Efeso era così adorata soprattutto come dea della fertilità. Infatti mentre le statue greche la ritraggono come una giovane con arco e frecce, le statue provenienti da questa zona la mostrano con il busto coperto di protuberanze rotondeggianti che sono state interpretate sia come seni che come testicoli di toro.
E’ proprio l’arco di Artemide a simboleggiare, nel periodo post classico, la falce lunare.
La vergine dea della caccia, della selvaggina e dei boschi, era infatti adorata anche come dea del parto e della fertilità perché si diceva avesse aiutato la madre a partorire il fratello Apollo.

Dalla II dinastia Bastet fu rappresentata come un gatto selvatico o come una leonessa; e solo dal 1000 a.e.c. ebbe la forma di un gatto domestico, ed in epoca greca divenne anche più comune la raffigurazione come donna dalla testa di gatto; inoltre fu associata al dio leontocefalo Mihos, venerato a Bubastis assieme a Thot, in qualità di sua madre e ad Atum, il demiurgo, come sposa, anche se secondo altre fonti, Mihos sarebbe figlio di Ptah e Sekhmet.

Il gatto era un animale sacro in tutto l'antico Egitto e ad esso venivano dedicati templi, poesie e invocazioni, mentre i resti mortali ne venivano mummificati, ponendo acccanto alle mummie dei topi perché avessero cibo per l’eternità.
Era onorato perché proteggeva i granai dai topi e quindi il popolo dalla carestia, ma per quanto addomesticato, non era un animale abituato all’uomo come oggi.
Si dice che l’abissino incarni il vero gatto egiziano, ma il gatto egiziano per eccellenza resta il Mau, dallo splendido manto maculato, la corporatura agile, le fattezze simili a quelle trovate nelle pitture parietali delle tombe e nelle statue.
Gli egizi divennero talmente devoti alla dea Bastet e ai gatti che promulgarono leggi per impedirne l’esportazione ma i mercanti fenici riuscirono a contrabbandarne alcuni nei paesi del Mediterraneo. Era altresì severamente punito chi attentava alla vita di un gatto.

Bastet è indicata figlia di Ra, oltre che come uno dei suoi “occhi”, ossia che veniva inviata per annientare i nemici dell’Egitto e dei suoi dei.
È una dea dal duplice aspetto, pacifico e terribile: nella sua forma di gatta o di donna gatto è la dea benevola, protettrice dell’umanità, dea della gioia e delle partorienti; nel suo aspetto feroce è nota per le sue collere, rappresentata con testa leonina, ed identificata con Sekhmet, la Possente, dea della guerra (oltre che della medicina). Come tutti i felini è attraente e pericolosa assieme, dolce e crudele: è il simbolo della femminilità, la protettrice del focolare e della maternità, ma è anche pronta a lottare quotidianamente col serpente Apophis, colui che contrasta la corsa della barca solare e delle forze benigne della creazione. In una delle tombe della valle delle regine è raffigurata portando dei coltelli per proteggere il figlio del re, e si dice che abbia partorito ed allattato il faraone, del quale sarebbe la dea protettrice.

Suo attributo era il sistro, strumento musicale creato da Iside, e detenuto anche da Hathor; uno degli appellativi della dea gatta era “Signora delle Bende”.

Una leggenda dice che Ra, offeso dall’umanità, inviò Hathor per punirla e sterminarla; la dea, una volta assunta la forma di Sekhmet, iniziò la strage; in seguito Ra, mosso a più miti consigli anche dagli altri dei, cercò di richiamare la dea furiosa: a questo scopo fece preparare della birra mischiata con ocra rossa per avere una liquido simile al sangue, e lo fece versare sul terreno. Sekhmet lo vide e lo bevve, ed ubriaca si addormentò, calmandosi. Passata la collera la dea assunse la forma di Bastet; un’altra variante del mito afferma che Bastet si bagnò nel Nilo e che in seguito tornò a Bubastis: sembra i devoti egiziani ripercorressero questo viaggio in onore della dea e come venerazione per i gatti.

I riti in onore di Bastet erano incentrati sull’idea della purificazione e la profumazione, con riferimento alla purificazione femminile durante il ciclo mestruale.
Dopo la fine della lunga era faraonica furono scoperte moltissime statue di Bastet, adorne di ori, con le code che accompagnano il corpo girate verso destra, doni, profumi e tesori.

Bastet seduce e incanta, in lei vi sono il maschile solare e il femminile lunare, la forza luminosa a tutti palese e la potenza indipendente e misteriosa, segreta, femminina, lunare.
Bastet era la Signora dell'amore, della gioia, del piacere, della danza e del canto e sotto la sua protezione erano posti gli animali a lei sacri, i gatti, ma anche chi incarnava questi aspetti di indipendenza e di fascino misterioso, di fragilità e di bellezza, quindi i bambini e le donne.
Ella era venerata e invocata dalle donne per avere in dono la fertilità e per proteggere poi la gravidanza.

Bastet incarna ciò che di più intimo e femminile è rinchiuso dentro di noi e attende, a volte, unicamente di emergere: la sensualità e la dolcezza, il fascino e la generosità, l’amore e la passione, il desiderio e il piacere, la vita che rifulge in tutta la sua pienezza.


fonti:
it.wikipedia.org e fr.wikipedia.org
www.tempiodellaninfa.net