martedì 28 luglio 2020
Nordic/Viking Music - Fólkvangr
Maria Franz of Heilung - LIFA Vocals
martedì 21 luglio 2020
La Masca, la strega maligna del folclore piemontese
La masca è un personaggio piemontese di solito femminile, dotato di poteri straordinari, affini a quelli attribuiti alle streghe della tradizione...
Il folklore popolare affonda le sue radici nella volontà di spiegare e giustificare avvenimenti inattesi, banali o drammatici, che non potevano essere gestiti dalla sola ragione: malattie, morti e disastri naturali come tempeste, alluvioni o carestie.
Vengono così create figure cui attribuire la responsabilità di tutto ciò che poteva alterare l’equilibrio della comunità: nella società agricola del Piemonte meridionale, fino alla prima metà del secolo scorso, la responsabilità di ogni fatto, più o meno traumatico, era della Masca.
Bocca nera era la masca di San Pietro. Un giorno è passata vicino alla casa di Pinotin e ha visto che aveva riempito le botti di vino. "Siete sicuro, Pinotin, che questi cerchi tengano?"
"Cribbio, da quando metto il vino, non si sono mai rotti."
Oh, non era ancora al Bricchetto che il vino correva tutto. Lui arrabbiato ha preso il fucile e le è corso dietro per ammazzarla. Non c’era più e al suo posto, in mezzo alla strada, c’era una bella tacchina grossa.
(Testimonianza, raccolta nel 1975, di Maria Sacco, classe 1895, vissuta a San Donato di Mango tratta da "Masche" di Donato Bosca, Priuli & Verlucca editori)
La Masca: un ritratto della solitudine
Personaggio di solito femminile, dotato di poteri straordinari, affini a quelli attribuiti alle streghe della tradizione, la masca non era uno spirito, un’entità potente e inafferrabile, ma una persona comune, che viveva tra la gente e operava i suoi sortilegi su parenti, compaesani o semplici viandanti che per un qualche motivo urtavano la sua suscettibilità, accendevano la sua invidia o stuzzicavano la sua gelosia.
La sua fama cresceva di racconto in racconto nel corso delle vijà, le veglie che riunivano la famiglia e i vicini al caldo tepore della stalla, dove, dopo una giornata di intenso lavoro nei campi, le donne recitavano il rosario, cucivano e si scambiavano pettegolezzi, gli uomini giocavano a carte, i giovani corteggiavano le ragazze mentre i bambini ascoltavano rapiti i vecchi che, con le loro storie, perpetuavano la tradizione.
Il termine masca pare indicare, nella lingua longobarda, uno spirito ignobile, simile alla striga romana che divorava gli uomini, o un morto avvolto in una rete per ostacolarne il ritorno sulla terra e infatti, nella figura folklorica della masca si uniscono le caratteristiche delle streghe, maligne per definizione, e dei fantasmi, anime insoddisfatte e alla ricerca di rivalsa.
La Masca: caratteristiche, poteri, usanze
La masca è prevalentemente una figura femminile: la condizione di subalternità delle donne dell’epoca, il cui ruolo le vedeva esclusivamente dedite alla cura della casa, dei figli e al lavoro nei campi, faceva sì che la conoscenza delle proprietà medicinali delle erbe, la capacità di far da levatrici o di procurare aborti, creasse intorno a queste figure un’aura di mistero e di timore.
Del resto, poi, le donne accusate di essere masche erano di solito anziane, spesso segnate nel fisico (gobbe, cieche, claudicanti), nate settimine, dirette discendenti di una presunta masca o semplicemente persone dal temperamento bizzarro, asociale e scorbutico.
Esistevano, però, anche i Masconi, uomini che avevano ricevuto i poteri da una masca, ma non erano in grado di trasmetterli ad altri. Talvolta anche i preti erano ritenuti delle masche , in particolare i sacerdoti con alcune conoscenze mediche o particolarmente arcigni e severi.
La masca opera quasi sempre di notte o all’imbrunire, quando la vita della comunità si ferma e ognuno resta isolato in seno alla propria famiglia o solo lungo la strada buia, popolata di rumori e suoni animali, che possono stimolare l’immaginazione e la paura. Infatti i luoghi scelti dalle masche per i malefici erano quelli che caratterizzavano le comunità agricole del passato come la casa, la stalla, il bosco, i grandi alberi, le strade di campagna e i campi coltivati.
Le masche si incontrano e riuniscono in luoghi lontani dai centri abitati: questo punto è piuttosto controverso, in quanto secondo alcune fonti, in conformità con la più classica tradizione della stregoneria, le masche si riuniscono quattro volte all’anno in luoghi deputati (la cui tradizione "nera" è rilevabile ancora nella toponomastica, come, ad esempio, "Pian delle Streghe"): 2 febbraio (candelora), 1 maggio (crocefissione), 1 agosto (raccolto), 31 ottobre (vigilia di Ognissanti).
Secondo la maggior parte delle storie di masche, il Sabba non rientra tra le prerogative di queste fattucchiere, che non avrebbero rapporti diretti col demonio.
La masca vive ai limiti del paese: si tratta in genere di persone dal carattere scontroso, che si ritraggono nella loro solitudine e non socializzano col resto della comunità, creando in tal modo un circolo vizioso nel loro isolamento sociale.
La masca può mutarsi in animali: pipistrello, maiale, capra, biscia, gatto sono alcune delle sembianze che possono essere assunte dalla masca, che può comparire all’improvviso davanti al viandante notturno lungo i sentieri di campagna e spaventarlo a morte.
Le masche sono in grado spostarsi in volo e temono il sacro, ma possono frequentare le funzioni in chiesa, anche se, quando il prete fa il segno della croce, non sono in grado di guardare l’altare ma costrette a voltarsi.
La masca talvolta provoca malattia e morte dei neonati: la morte neonatale per cause sconosciute, il pianto incessante di un neonato in preda alle coliche gassose e le malformazioni congenite sono qualcosa che ha bisogno di una spiegazione il più possibile soddisfacente e non avendo a disposizione strumenti razionali, la masca è il capro espiatorio perfetto per eventi tanto traumatici e dolorosi, soprattutto se è una donna che non ha avuto figli (in altre località si dà la colpa a qualche strano animaletto).
È una profonda conoscitrice delle pratiche naturali: talvolta, anche se raramente, la masca agisce usando i suoi poteri e le sue conoscenze anche per aiutare il prossimo, ma il più delle volte erbe e piante medicinali sono utilizzate per creare pozioni venefiche e mortali.
È in grado di scatenare le forze della natura generando temporali violenti, tempeste che distruggono i raccolti, nebbie che disperdono i viandanti.
Il potere è trasmesso per via diretta a una figlia, una nipote o una conoscente semplicemente tramite il tocco. Una masca che non cede il suo potere è condannata a una morte lenta, tra indicibili sofferenze.
Se non ha nessuno a cui cedere il potere può scagliarlo su un albero di noce che seccherà all’istante o chi le sta accanto in punto di morte può metterle in mano il manico di una scopa, il cui legno dovrà essere bruciato nel fuoco del camino per purificare tutto e allontanare i poteri che ha assorbito.
Queste caratteristiche sono proprie della cosiddetta masca putasca, mentre un secondo tipo di masca, la masca anciarmà, è una donna che compie azioni malvagie senza rendersene conto perché a sua volta vittima di un maleficio, ovvero ammascata, condizionata dalla volontà di un'altra masca.
Le Masche e il Libro del Comando
Secondo molti racconti le masche derivavano il loro potere da un libro, il Libro del Comando, vergato direttamente dalla mano di Satana.
Ovviamente in un’epoca di scarsa alfabetizzazione, le persone che possedevano libri e in grado di leggere, in particolare il latino, destavano sospetto e paura, per cui il possesso di un tomo, magari avuto in eredità da un lontano parente e di cui non si era nemmeno in grado di decifrare i segni, metteva in sospetto la comunità.
Ci sono documenti parrocchiali che riportano notizia di roghi di libri ritrovati in casa di sospette masche, e le testimonianze orali di chi, alla fine del XIX secolo è stato testimone di tali eventi, coloriscono tali ricordi di ulteriore folklore, attribuendo alle fiamme generate dal rogo colori sgargianti e forme umane che si contorcevano e gemevano, mentre nell’aria risuonavano urla, fischi, risate e i rumori più assordanti.
Come smascherare una masca
La masca può essere riconosciuta perché, se durante un attacco sotto le spoglie di animale viene ferita, le ferite saranno visibili il giorno successivo sul corpo della donna colpevole del misfatto, ma anche perché non si lascia pettinare e non si ubriaca nonostante possa bere molto vino.
Ci sono poi segni più specifici, quelli propri delle streghe, come la presenza di un neo a forma di stella sulla spalla sinistra o una piccola protuberanza sul pube.
Se poi un uomo si accoppia con una masca tale esperienza è destinata a restare unica nella vita anche perché il malcapitato è destinato a morte, per disgrazia o male misterioso, entro 77 settimane.
Come difendersi da una masca
Allora quali difese adottare contro queste terribili megere?
Ancora una volta la fantasia popolare ha creato antidoti fantasiosi:
- portare al collo un sacchetto di tela grezza contenente un ossicino a forma di croce e peli di gatto, oppure, anche se meno efficaci, unghie di gallo, aghi di pino o piume di civetta catturata in una notte di plenilunio
- mettere sulla porta di casa alcuni fuscelli a forma di croce o una scopa di saggina sul focolare (la masca si metterebbe a contare i fili di saggina senza compiere malefici e sarebbe scacciata dal sorgere del sole)
- non lasciare i panni dei neonati stesi dopo il tramonto del sole perché una masca potrebbe toccarli e fare la "fisica"
- tenere qualcosa di benedetto a contatto col corpo
- non farsi toccare da una masca in punto di morte per evitare che trasferisca su di noi i suoi poteri
Le masche al giorno d'oggi
I tempi sono cambiati, il lavoro dei campi è meccanizzato, la televisione, internet, i cellulari, le automobili e gli aerei hanno ormai ridotto le distanze, la luce elettrica ha annullato il fascino del buio e delle creature che lo abitano, le vijà sono ormai solo il ricordo di pochi ottuagenari ancora in vita o evento cultural-turistico, una piccola recita del mondo che fu.
Ma le masche continuano a vivere nella terra di Piemonte, forse asservite a interessi turistici o semplicemente in tanti diffusi modi di dire, come:
Far vedere le masche: procurare dispiacere, tribolazione a qualcuno
Rubato dalle masche: espressione che si usa quando qualcosa prima a portata di mano, all’improvviso pare essersi volatilizzato
Furbo come una masca: persona abile e inaffidabile, pronta a cambiare le carte in tavola, facendo vedere il bianco per il nero.
Fonti Bibliografia:
Bosca D., Masche, Priuli e Verlucca, Torino, 1999
Mazzi B., Il piano delle streghe, Priuli e Verlucca, Torino, 2004
Centini M., Creature fantastiche. Fate folletti mostri e diavoli. Viaggio nella mitologia popolare in Piemonte Liguria Valle d’Aosta, Priuli e Verlucca, Torino, 2012
La Masca, la strega maligna del folclore piemontese
Articolo scritto da: Patty Barale
Pubblicato il 02/06/2013
Le Masche piemontesi
In passato contadini e abitanti del Piemonte credevano a streghe e diavoli e ogni volta che accadeva qualcosa di strano, si pensava che fosse stata opera delle masche, ossia delle streghe.Il termine MASCA è una parola molto antica e forse significa "anima di morto". Alcuni studiosi credono che la masca piemontese, sia simile alla BORDA, strega Toscana che uccideva i bambini con una corda e che era conosciuta anche in Emilia Romagna e in Lombardia. Spesso la masca oltre a essere cattiva era anche dispettosa e con qualità sovrumane. In molte località del piemonte si credeva che il sacerdote, mentre celebrava la messa, riusciva a individuare le masche e chiunque toccasse il sacerdote nel momento in cui lui avesse intravisto la masca, avrebbe acquistato i suoi stessi poteri. Un altro modo per trovare una strega in chiesa, era quello di mettere una croce nella pila dell'acqua santa e così la masca non poteva fuggire.A Camburzano si raccontava che le streghe, prima di morire, lasciavano il gomitolo con cui compievano i loro incantesimi a qualcuno che volesse continuare la loro attività e che lo sapesse dominare e comandare. Se la nuova padrona non sapeva comandarlo, le forze misteriose contenute nel gomitolo, la picchiavano. Nelle valli del Cuneese, si credeva che la masca, prima di morire, trovata la persona adatta a cui affidare la sua eredità di stregoneria, pronunciasse queste parole: "…ti lascio il mestolo". A Pragelato, le streghe prima di morire gettavano il bastone tra le vie, mentre nel Biellese, si credeva che la masca non potesse morire se qualcuno non collaborava con lei. Le masche sul punto di morire lasciavano un loro oggetto: chi il gomitolo, chi il mestolo, chi la scopa, chi il libro del comando; ogni oggetto aveva la propietà di trasformare in strega chi ne entrava in possesso. In alcune zone si credeva che nella stanza dove moriva la masca, svolazzasse per ore un moscone. Nel Cuneese, in alcuni racconti, la donna appariva come un'incantatrice, pronta a trasformarsi in masca ma soprattutto in gatto, animale maledetto o in prediletto dal demonio. I piemontesi, inoltre, credevano che le masche scioglievano le fatture fatte dai maghi e trasformavano la magia benigna in magia maligna. Gli abitanti del Canavese, mettevano di fronte ai casolari un ceppo bruciato nella notte di Natale, per allontanare il temporale, originato dalle masche. Ad Ingria in Val Soana, gli abitanti del paese portavano a benedire in chiesa tutto ciò ritenuto contagiato dalle masche. A Bairo per liberarsi dal maleficio, si mangiava pane benedetto in chiesa nel giorno di San Giorgio. A Vistroso nella Valle dell'Orco i bambini maledetti venivano fatti benedire per tre volte da tre preti differenti e passando, ogni volta, per un corso d'acqua. A Cimaprasole, la fontana di Nivolet portava sfortuna ai viandanti perché era frequentata dalle masche. A Canischio, nel monte Mores, c'era il ritrovo delle masche. Tra Rivara e Forno, un castagneto era il luogo di convegno di streghe e diavoli. Presso Castelnuovo Nigra, i bricchi di Filia grande e piccola, indicavano i luoghi dove furono condotte al rogo le donne accusate di incantesimi e stregonerie.Dal Canavese al Norvarese, c'era una lunga lista dove si ritiene abbiano dimorato le masche. A Ossola le streghe più famose erano la VAINA si presentava come un neonato che emettevavagiti pietosi, e la SPLORCIA, un mostricciattolo con muso da porco, ali da pipistrello, zammpe di rospo, muggiti, belati, miagolii. Vicino a Novara, si pensava che il terreno dove si era combattuta la battaglia e la sconfitta dei Savoia nel 1849, era popolato da spiriti, specie da un mago: in queste zone la credenza delle masche era cruda e drammatica. Il 29 settembre del 1472 a Forno Rivara, vennero bruciate tre donne del rogo mentre, nel 1474 nel Canavese, ci fu un processo contro quattro donne del posto, due delle quali furono bruciate vive a Prà Quazzoglio, con l'accusa di aver operato incantesimi e stregonerie. A Rivara, sempre nello stesso periodo, vennero accusate di stregoneria altre cinque donne e a Ciriè altre due donne vennero accusate per lo stesso motivo: le donne venivano sottoposte a torture o esorcizzate. L'esorcismo consiste nell'ottenere l'emissione per vomito, capelli, chiodi, pietre, animali vivi, oggetti. La tortura serve a costringere le donne ad attribuirsi colpe che non hanno e spesso sono condannate al rogo. Nelle Langhe e nel Monferrato, le levatrici e le madri dei bambini, hanno raccomandato di non lasciare ad asciugare all'aperto i panni dei bambini per evitare che uno spiritello portasse male ai bambini attraverso i panni. Si crede che per scoprire le masche e mandarle via, occorre bruciare la legna e le catene della stalla e colpirle con un bastone per costringerle a rivelarsi e a promettere di abbandonare le proprie magie. Un altro rimedio è quello di mettere sulla porta di casa dei rametti a forma di croce o una scopa sul focolare. Quando la masca arriva, conta i fili di saggina, ma non essendo abile in matematica, impiega molto tempo ed è scoperta dal suono delle campane dell'alba. Molti consigliano di circondare la casa con un filo di canapa filato da una ragazza vergine che prima di allora non avesse mai usato un foso. Le erbe anti-streghe e anti-malocchio è la ruta, l'ortica, la verbena, l'erba artemisia, la malva e le foglie di ulivo benedetto; in alcuni luoghi si guarisce il malocchio mettendo tre gocce d'olio in una scodella piena d'acqua appoggiata sopra la testa del malato. Per intensificare la cura, bisogna mangiare il cuore delle rondini perché è ritenuto un calmante.Se sono gli indumenti assoggettati da un incantesimo, è sufficiente farli bollire e recitare alcune formule di esorcismo. A Bernezzo si consiglia di far bollire la catena del focolare o la catena con la quale sono legati gli animali nella stalla, quando si ha il sospetto che le masche abbiano operato sortilegi. In Piemonte si ha paura dei gatti perché si crede che sotto il loro aspetto si nasconde quasi sempre una strega. Se un gatto si nasconde sotto una culla di un neonato, il bambino cresce deforme e se si deve lasciare solo un neonato è necessario mettere su una culla un indumento che serva a tenere lontane le masche (es.un cappello, una calza, ecc…). Nell'Albese, si posa sulle fasce di un neonato un panno con disegnata un'immagine sacra.Un'altra precauzione è quella di portare al collo un sacchetto contenente sale triturato misto a una candela benedetta; (il sale deve essere fine così la masca si incanta a contare i granellini). Le donne hanno l'abitudine di spargere sale nei letti e nelle stanze. Per compiere i loro malefici le masche si servono si servono di figurine di cera e di argilla per la pratica dell' iffissione. Pare si possa usare con gli stessi risultati un gomitolo, una candela o una calza. Nelle Langhe si utilizza il libro del comando e le formule magiche contenute. Altre credenze sono quelle relative alla morte e al buio. Il buio e la morte sono ritenuti fonte di pericolo per bambini piccoli, infatti si crede che se hanno fatto brutti incontri in tali periodo di tempo, possono diventare guerci, gobbi o pazzi. Chi riesce a scrutare la realtà a fondo, può prevedere il futuro. Chi indovina il peso esatto di uno oggetto prima di porlo sulla bilancia, a dei morti l'avvertimento che non ha tardato a prenderlo con loro. C'è la credenza che bisogna lavare tutto ciò che il morto ha indossato per non trattenerlo sulla terra e lasciarlo andare presto in cielo. Si dice che le anime di morti che sono in purgatorio ascoltare le loro colpe, nelle sere calde estive, vanno nei cimiteri per vedere se sono ancora ricordate e invocare preghiere, e si mostrano in fiammelle che vagano nelle tombe. Alla sera prima della ricorrenza dei morti e uso nelle case contadine lasciare sul tavolo della cucina una zuppiera di minestra e un piatto di castagne: in quella notte i morti di famiglia si trovano a bancheggiare. La linea di demarcazione tra concezione magica e concezione religiosa è molto sottile. Il sacro e il profano si mescolano sempre alla vita quotidiana. Nelle Langhe è radicata la credenza che certe persone influiscono negativamente su bambini e animali e per togliere la maledizione si ricorre a una fattucchiera o si chiede una benedizione speciale al sacerdote o si ci rivolge ai poteri guaritori di erboristi o settimi, a volte accompagnati dalla fama di stregoni. Di settimi ed erboristi , ce n'è in quasi tutti i paesi e i pazienti giungono a consultarli anche molto lontano, e quelli del paese consigliano non medicine del posto per essere più liberi. I guaritori consegnano decotti che in alcuni casi sono miracolosi: cure che non spesso hanno una loro spiegazione logica.
fonte web
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sabato 11 luglio 2020
Ildegarda
Nonostante nel medioevo vi sia una fioritura di fenomeni mistici e di monaci e monache visitati da visioni, furono in realtà rarissimi i casi in cui tali visioni vennero accreditate come veritiere e profetiche, come per Ildegarda. Fra i criteri importanti, allora come ora, l'assenza di narcisismo: Ildegarda non si auto-nomina profetessa e non pubblica il contenuto delle sue visioni fino ai suoi 45 anni, quando le giunge l'ordine esplicito di farlo. Sottopone alle autorità ecclesiastiche le sue parole e attende di essere esaminata dalla commissione nominata dal papa per questo. Ricevuto l'assenso, inizia a dettare pagine e pagine su ogni aspetto dello scibile, dall'astronomia alla medicina, dalla fisica alla teologia, dalla filosofia alla cristalloterapia. In ogni campo, emerge l'aspetto dinamico delle visoni, che le si presentano innanzitutto come immagini in movimento.
Le visioni la accompagnano fin da piccolissima. Come racconta lei stessa:
"Nel mio quinto anno di vita vidi una luce così grande che la mia anima ne fu scossa, però, per la mia tenera età, non potei parlarne...
Le visioni la accompagnano fin da piccolissima. Come racconta lei stessa:
"Nel mio quinto anno di vita vidi una luce così grande che la mia anima ne fu scossa, però, per la mia tenera età, non potei parlarne...
Il termine "sbirro"
sbìr-ro
SIGN Guardia medievale; poliziotto
da birro antico nome dell'agente di polizia, dal latino tardo birrus rosso, preceduto da una s- intensiva.
Questa parola viene comunemente usata per indicare con un tono spregiativo gli agenti di polizia. Un tono che non è implicato dalla radice etimologica: infatti il riferimento al rosso ci racconta semplicemente il colore della casacca che certe guardie del medioevo e del rinascimento indossavano come uniforme.
Ma si può intuire il perché di questa piega spregiativa: questi sbirri dei tempi passati spesso non erano che il braccio armato del signorotto di turno, che li impiegava per imporre il suo potere sul popolo inerme. Niente a che vedere con corpi armati al servizio della giustizia.
Quindi, paradossalmente, in questa parola così scapigliata e ribelle, ritroviamo il retaggio di una memoria storica secolare - il maturo ricordo di un'oppressione bruciante. Anche se ben poco di tale dignità si trova nell'uso consueto di 'sbirro'
SIGN Guardia medievale; poliziotto
da birro antico nome dell'agente di polizia, dal latino tardo birrus rosso, preceduto da una s- intensiva.
Questa parola viene comunemente usata per indicare con un tono spregiativo gli agenti di polizia. Un tono che non è implicato dalla radice etimologica: infatti il riferimento al rosso ci racconta semplicemente il colore della casacca che certe guardie del medioevo e del rinascimento indossavano come uniforme.
Ma si può intuire il perché di questa piega spregiativa: questi sbirri dei tempi passati spesso non erano che il braccio armato del signorotto di turno, che li impiegava per imporre il suo potere sul popolo inerme. Niente a che vedere con corpi armati al servizio della giustizia.
Quindi, paradossalmente, in questa parola così scapigliata e ribelle, ritroviamo il retaggio di una memoria storica secolare - il maturo ricordo di un'oppressione bruciante. Anche se ben poco di tale dignità si trova nell'uso consueto di 'sbirro'
Bertrand Russell “L’impatto della scienza sulla società”
“Di tutti i metodi, il più influente si chiama istruzione […] Possiamo sperare che nel tempo, chiunque potrà convincere chiunque di qualunque cosa, a patto che possa lavorare con pazienza sin dalla sua giovane età e che lo Stato gli dia il denaro e i mezzi per farlo. La questione evolverà a lunghi passi allorché sarà posto in opera da scienziati sotto una dittatura scientifica.
I socio-psicologi del futuro avranno a loro disposizione un certo numero di classi di scuole, sui quali collauderanno differenti metodi per far insorgere nel loro animo la incrollabile convinzione che la neve sia nera. Si constaterà rapidamente qualche problema. In primo luogo che l’influenza della famiglia è un ostacolo. In seguito che non si andrà molto lontano se l’indottrinamento non sarà iniziato prima dell’età dei dieci anni. In terzo luogo che dei versi messi in musica e eseguiti a intervalli regolari sono assai efficaci. In quarto luogo che credere che la neve sia bianca dovrà essere visto come il segno di un gusto malato per l’eccentricità”
Bertrand Russell “L’impatto della scienza sulla società”
I socio-psicologi del futuro avranno a loro disposizione un certo numero di classi di scuole, sui quali collauderanno differenti metodi per far insorgere nel loro animo la incrollabile convinzione che la neve sia nera. Si constaterà rapidamente qualche problema. In primo luogo che l’influenza della famiglia è un ostacolo. In seguito che non si andrà molto lontano se l’indottrinamento non sarà iniziato prima dell’età dei dieci anni. In terzo luogo che dei versi messi in musica e eseguiti a intervalli regolari sono assai efficaci. In quarto luogo che credere che la neve sia bianca dovrà essere visto come il segno di un gusto malato per l’eccentricità”
Bertrand Russell “L’impatto della scienza sulla società”
L'ipotesi di Sapir-Whorf
La lingua che parli determina il tuo modo di pensare.
In linguistica, l'ipotesi di Sapir-Whorf (o Sapir-Whorf Hypothesis, in sigla SWH), altresì conosciuta come "ipotesi della relatività linguistica", afferma che lo sviluppo cognitivo di ciascun essere umano è influenzato dalla lingua che parla. Nella sua forma più estrema, questa ipotesi assume che il modo di esprimersi determini il modo di pensare.
L'ipotesi prende il nome del linguista e antropologo statunitense di origine tedesca Edward Sapir (1884-1939) e del suo allievo Benjamin Lee Whorf (1897-1941)
Sebbene sia conosciuta come ipotesi, si trattava piuttosto di un assioma
giovedì 9 luglio 2020
8 Luglio Giorno della'Agrifoglio
Calendario Festività Pagane
“Ed ecco l’agrifoglio che è così generoso:
compiacere tutti è il suo intento
ad eccezione di lords e ladies, distaccati da tutto questo,
chiunque inveisca contro l’agrifoglio
d’un balzo sarà appeso su in alto. Alleluia.
Chiunque canti contro l’agrifoglio
Può piangere e torcersi le mani”
Come in ogni inizio di periodo nel calendario delle festività pagane è dedicato ad un albero, l'8 Luglio giorno in cui inizia Tinne è dedicato all'Agrifoglio.
L'agrifoglio
Le prime tracce del Re Agrifoglio risalgono al XII Secolo. Era la trasposizione dell'antica entità chiamata Uomo Verde. Ho sempre percepito l'agrifoglio come qualcosa che proietta uno straordinario senso di forza e chiarezza, una forma dignitosa di fermezza, prodotta dall'equilibrio fra testa e cuore. Grazie a quest'equilibrio, non solo si vedono chiaramente tutti gli aspetti di una decisione, ma si prova anche una sincera compassione per tutte le persone coinvolte. Una volta che mi sentivo giù, mi ritrovai a stringere fra le mani una foglia d'agrifoglio. Le spine non penetravano nella pelle, ma producevano un leggero dolore, era come se qualcuno mi dicesse: "Fatti coraggio! sei in grado di affrontare tutto quello che ti succede!".
Tre frammenti andavano mangiati di mattina e tre di sera dopo i pasti (il numero tre ricorre spesso, in quanto numero sacro per il Piccolo Popolo).
L 'agrifoglio è l'unico albero sempreverde dell'Europa Nord occidentale. È presente anche nell' Europa Centrale, dove tuttavia, rimane delle dimensioni
di un arbusto. Le foglie lucide, cerose, spesse, con spine ai bordi, sono sorprendenti. Le spine delle foglie sono aguzze, ma si ammorbidiscono verso la parte superiore della chioma (quella che gli animali non possono raggiungere).
Spesso l'agrifoglio tende a socializzare con la quercia e la sua distribuzione è simile. L'agrifoglio non resiste alle gelate dei duri inverni, e non si trova perciò in Europa Orientale. Ha bisogno di un'alta foresta che protegga dal freddo. Cresce in pascoli boschivi e in boschi decidui aperti, preferibilmente di querce. È anche l'unico albero che può vivere all'ombra del faggio. Cresce con pazienza e lentezza, di conseguenza il suo legno è di altissima qualità, duro, resistente e pesante. L 'agrifoglio non chiede molto al suolo, cresce su terreni sabbiosi, leggermente acidi e calcarei. Gli alberi di agrifoglio possono raggiungere i 250-300 anni di età.
Ci sono alberi maschi e alberi femmina. L 'agrifoglio inizia a fiorire quando raggiunge i 20 anni circa: i fiori sono piccoli, bianchi e leggermente profumati, e appaiono in maggio e in giugno sui nodi delle foglie. In genere l' albero è dioico (maschio e femmina), ma dove la distribuzione è troppo sparsa per la fertilizzazione (tramite insetti), l'agrifoglio crea degli individui che assicurano la continuazione locale della specie producendo entrambi i tipi di fiori su un solo albero. Le bacche, inizialmente verdi e poi, in autunno, di un bel rosso brillante, restano appesa all'albero per tutto l'inverno, rappresentando un'importante fonte di nutrimento per gli uccelli. I semi cominciano a germogliare solamente dopo il secondo o terzo anno.
In molte località dell'Europa è ancora usanza accendere falò di querce per celebrare il 'passaggio' di metà inverno (21 dicembre). In alcune tradizioni, la quercia è il re della metà crescente dell'anno (durante la quale il giorno si allunga), e l'agrifoglio è il re dell'altra metà. Una credenza di origine sconosciuta ancora molto diffusa nelle campagne delle isole britanniche vede nell'agrifoglio la personificazione delle forze maschili della natura e nell'edera quella delle forze femminili. Tagliando le siepi, molta gente, soprattutto nel Galles, fa attenzione a non danneggiare gli alberi di agrifoglio.
Una ballata medievale dell'Inghilterra, dove l' agrifoglio è ancora il sempreverde più utilizzato a Natale, ne difende la tradizione: "Chi parla male dell'agrifoglio", in un baleno verrà impiccato. Alleluia!" Nella tradizione pre-cristiana, l'agrifoglio non viene citato spesso, se si eccettuano quei documenti che contengono le formule magiche dei dottori sciamani-erboristi anglosassoni. Un manoscritto, ad esempio, riporta un rimedio per lo stomaco che veniva preparato bollendo frammenti di foglie nel latte fino a farli diventare teneri.
L'agrifoglio nel Folklore
L’agrifoglio è comunemente usato in tutto il mondo come una decorazione natalizia, una consuetudine derivata da antichi romani che inviavano rami di agrifoglio e altri regali ai propri amici durante i Saturnali, la festa romana di Saturno, che si teneva intorno al 17 dicembre, per celebrare il solstizio d’inverno. Nel folklore pagano, l’agrifoglio è associato allo spirito della vegetazione e le forze calanti della natura, antropomorfizzata in una figura mitica chiamata “il Re Agrifoglio”, che regola la natura durante il suo declino, a partire dalla metà del solstizio d'estate (Litha - 21 giugno) fino alla metà del solstizio d'inverno (Yule - 21 dicembre). Ad ogni solstizio del Sabbat, il Re Agrifoglio e suo fratello, il Re Quercia, si impegnano in combattimento rituale per attirare le attenzioni della Dea, con la quale il vincitore presiederà la natura nella seconda parte dello stesso anno.
Nella sua personificazione, il Re Agrifoglio è spesso raffigurato come un vecchio vestito con abbigliamento invernale, con una ghirlanda di agrifoglio sulla sua testa. A Yule, dopo la sua battaglia con il Re Quercia, la nuova luce del dio – sole riemerge per incoraggiare la crescita della pianta in occasione del nuovo anno. Dopo l'avvento del cristianesimo, durante il Natale e il Capodanno, la tradizione celtica afferma che un uomo molto vecchio, completamente vestito e ricoperto di rami di agrifoglio e foglie, cammini insieme ad una donna era anche vestita di edera (Ivy – la controparte femminile di Holly) e insieme sfilino per le strade, in silenzio, verso il nuovo anno.
Qualche nozione in piu:
L'Agrifoglio è uno degli alberi sacri della tradizione Wicca, ed è sempre stato considerato l’albero favorito del antichi druidi. In Inghilterra, durante l'inverno, contro il bianco sterile di neve e gelo, l'albero di agrifoglio è un sempreverde importante. Le sue foglie verdi lucide e i suoi grappoli di bacche rosse aggiungono un po’ di colore tra gli alberi senza foglie.
Secondo il calendario celtico, l’agrifoglio rappresenta l'ottavo mese dell'anno (8 Luglio - 4 Agosto), che comprende la festa celtica di Lughnassadh (Lammas) celebrata il 1° agosto. Nella tradizione, l’agrifoglio è conosciuto con molti nomi diversi, tra i quali ricordiamo: Hulver, Marruca, Albero degli Spiriti …
In Italia e nei boschi della Bretagna, in Francia, l’agrifoglio arriva a raggiungere dimensioni molto più grandi rispetto ad altri Paesi. Esso crescerà in quasi tutti i terreni, purché non siano troppo bagnati, ma ottiene i migliori risultati quando viene piantato in un suolo sabbioso, molto ben drenato, e con un’adeguata quantità di umidità alle radici. In località molto secche la sua crescita è di solito molto difficile. L’agrifoglio cresce spesso in modo selvatico e sparpagliato, tra boschi di querce e alberi di faggio, e sembra essere immune da qualsiasi infestazione da parte degli insetti. Raramente è influenzato anche dal più rigido degli inverni, durante i quali gli uccelli tempo amano nutrirsi delle sue bacche. I semi sono propagati dagli uccelli durante il volo e ci impiegano circa due anni per germinare. Inizialmente la crescita è lenta, ma poi esplode di colpo e diventa più rapida dopo i primi quattro o cinque anni.
L'agrifoglio che uccise Baldur
Questo giorno risulta sacro al Dio della Guerra,mentre l'origine dell'agrifoglio si ritrova in una leggenda dei paesi nordici nella quale si narra che quando Baldur morì trafitto da una freccia,cadde proprio su un cespuglio di agrifoglio;allora suo Padre, il dio Odino, decise di ricompensare la pianta che aveva ospitato il figlio al momento della morte trasformandola in sempreverde e rienpendola di bacche rosse, in ricordo del sangue versato dal figlio. L'agrifoglio è simbolo di previdenza.
Utilizzi Magici dell'Agrifoglio
Considerata dalla tradizione magica pianta di genere maschile perché collegata all'elemento fuoco e al pianeta Marte. Per questo motivo, se era portata addosso, la pianta avrebbe donato fortuna soprattutto agli uomini (il corrispondente femminile è l'Edera). Le si attribuivano protezione, sogni magici e il potere contro il fulmine. Era considerata la pianta protettiva per eccellenza, capace di difendere e proteggere dai fulmini, dai veleni, dagli spiriti cattivi e dagli stregoni malvagi se veniva piantato intorno alla casa. Se invece si lanciava l'Agrifoglio contro una bestia feroce, questo aveva la facoltà di calmarla immediatamente, anche se l'animale non veniva colpito. L'acqua di Agrifoglio (infuso o distillato) era spruzzata sui neonati in segno di protezione.
Un antico rito magico per realizzare un desiderio, consisteva nel raccogliere, dopo la mezzanotte di un venerdì, nove foglie di Agrifoglio nel più completo silenzio, scegliendo una pianta non troppo spinosa. Si dovevano poi avvolgere le foglie in un panno bianco e annodare per nove volte le due estremità del panno. Infine, si riponeva questo sacchetto sotto il cuscino, e quello che si era pensato o desiderato si sarebbe avverato.
Sotto il segno dell'Agrifoglio
Parola chiave: eroismo
Rappresenta la sopravvivenza, la speranza e la rinascita. E' simbolo natalizio di protezione e forza vitale. Appeso sopra le porte impedisce l'ingresso di persone ed energie negative.
Personalità dei nati sotto il segno dell'Agrifoglio
Tutto in questo temperamento riecheggia il sole: la vitalità, il potere, l'egocentrismo, ma anche la generosità. Nato per comandare, ha carisma, volontà e autostima da vendere. In amore da molto: eros, fedeltà e coinvolgimento, ma pretende altrettanto. Impennate di orgoglio da controllare.
Fonti:
www.elfland.it
www.daltramontoallalba.it
www.inerboristeria.com
mercoledì 8 luglio 2020
La leggenda di Luxia Arrabiosa tra bellezza e cattiveria
Esiste una leggenda trasversale a tutta la Sardegna, è quella di Luxìa Arrabiosa, strega cattiva o fata bellissima? Sia l’una che l’altra a seconda della zona.
Lucia la bella
La storia che la vede una fata bellissima (fata non nel senso fiabesco del termine, ma in senso lato) è triste…perché si dice che lei fosse una bellissima ragazza che ogni giorno andava a preparare e cuocere il pane fin sul colle Prabanta, al confine tra il territorio di Pompu e quello di Morgongiori. Per recarvisi passava davanti ad una grotta del Monte Arci, dentro la quale viveva un fauno.
E dagli oggi e dagli domani, questo fauno alla fine si innamora di lei ed un giorno cerca di approfittarsene. Lucia per difendersi afferra l’attizzatoio e glielo scaglia contro, uccidendolo. In quel momento tutto quanto faceva parte dello scenario divenne di pietra ed è così che oggi vi troviamo alcune piccole domus de janas ipogeiche scavate nella roccia, un menhir e alcune costruzioni riconducibili alla civiltà prenuragica e nuragica e che, nella leggenda, sono: l’attizzatoio è il menhir, che ha preso il nome di “su Fruccoi de Luxia Arrabiosa”, le domus de janas sono “sa Sala” e “su Forru”, poi ci sono “su Pei de su boi”, “sa Turra” e “sa Cullera” de Luxia Arrabiosa, ovvero la sala da pranzo, il forno, il piede del bue, il mestolo ed il cucchiaio di Lucia Arrabiosa. Lucia poverina invece impazzì.
Lucia la strega
Nelle vesti di strega era invece non solo brutta e cattiva, ma anche estremamente ricca e avara. Si dice infatti che vivesse in un nuraghe (che potrebbe essere il nuraghe S. Barbara, presso il Monte Manai nel territorio di Macomer) e che rifiutasse qualsiasi genere di aiuto alle genti bisognose che glielo venivano a chiedere. Aveva un fuso magico che custodiva le sue ricchezze di giorno, mentre lei dormiva. Perché Lucia passava la notte a filare al telaio.
Durante un inverno piuttosto freddo e dopo altri innumerevoli rifiuti di aiutare chi glielo chiedesse, due fratelli molto poveri andarono a rubare dall’orto di Luxia della legna da ardere. In quell’orto però c’era un grande melograno magico, che lasciò cadere un frutto sulla testa di uno dei fratelli, fracassandogliela, mentre l’altro riuscì a scappare. La fuga fu breve, perché il fuso magico di Luxia la avvisò di quel che stava accadendo e lei riuscì a fermare il ragazzo e ad ordinare al fuso di buttarlo nel forno. Accadde invece l’opposto, perché lui riuscì ad afferrarlo e a buttarlo nel forno, gettando la strega nella più atroce disperazione. Disperazione che la tramutò in una cicala che ancora oggi gira intorno al suo nuraghe.
Variante sardarese: si dice che chi va fin su alla collina del castello di Monreale allo scoccare della mezzanotte, sentirà il rumore ritmico e incessante del telaio di Luxia Arrabiosa.
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