La birra, un liquido divino
La storia della birra si perde nell'alba dei tempi, tanto che non si ha la certezza assoluta su quale popolo debba ritenersi l'inventore della bevanda. Ne parlano iscrizioni sumere, papiri egizi e addirittura si ricordano tradizioni azteche e cinesi di produzione della birra a partire rispettivamente da mais e riso.
Per quanto riguarda l'area mesopotamica, una stele sumera di circa 6000 anni fa documenta l'esistenza della birra. Tra i Sumeri, infatti, esistevano già diverse varietà di birra (chiare, scure, rosse, leggere, forti, ecc.), che era stata inventata, secondo la mitologia, dalla dea Ninkasi. Proprio l'inno a questa divinità costituisce una delle più antiche ricette della birra:
Ninkasi, tu sei colei che cuoce il bappir [pane d'orzo cotto due volte] nel grande forno,
Che mette in ordine le pile di cereali sbucciati,Tu sei colei che bagna il malto posto sul terreno...
Tu sei colei che tiene con le due mani il grande dolce mosto di malto...
Ninkasi, tu sei colei che versa la birra filtrata del tino di raccolta,
È [come] l'avanzata impetuosa del Tigri e dell'Eufrate
Sempre in Mesopotamia, troviamo tracce della birra anche nel codice del re babilonese Hammurabi che, tra le altre cose, regolamentava il comportamento delle ostesse (la birra era infatti venduta solo da donne) nel commercio della birra. Questa bevanda, presso i Babilonesi, aveva un'importanza fondamentale nei riti funebri, durante i quali veniva consumata in onore del defunto in qualità di rito propiziatorio. Inoltre la stessa Ishtar, la dea madre del pantheon babilonese, traeva forza proprio dalla birra.
Anche nell'antico Egitto questa bevanda era ricollegata a delle divinità. E non erano divinità qualunque, visto che si trattava di Iside e Osiride, ritenuti gli inventori della birra. Oltre a usare tale bevanda nelle cerimonie funebri, gli Egizi la impiegavano anche a scopo medicinale e nell'alimentazione quotidiana; infatti, perfino i bambini venivano abituati a bere birra, poiché rappresentava sia un nutrimento sia una medicina. Il liquido veniva offerto in particolar modo alle gestanti, per favorire l'allattamento.
Si può così notare come nel mondo antico questo liquido venisse associato alle divinità femminili della terra e dei cereali. Oltre alla dea babilonese Ishtar, la birra nel mondo romano venne chiamata cerevisia in onore di Cerere, la dea delle messi. Come succedeva spesso nella cultura romana, si trattava della ripresa di una tradizione greca, che prevedeva il consumo della bevanda durante le feste in onore di Demetra, l'equivalente greca della Cerere romana sopra citata. Nonostante nel mondo classico il vino la facesse da padrone, dunque, anche la birra si ritagliò un ruolo importante, soprattutto durante le Olimpiadi, dove agli atleti era proibito bere vino.
Altre leggende provenienti da vari paesi dimostrano l'esistenza dell'associazione birra-donna in quanto simbolo di fertilità. Una di queste vuole che fosse stata proprio una donna a produrre per prima la birra. Questa si era dimenticata fuori dalla propria abitazione un contenitore con dei cereali durante la pioggia. I cereali macerarono nell'acqua e fermentarono naturalmente grazia al successivo calore solare.
Una saga nordica narra di un re vichingo che, dovendo scegliere una moglie tra due donne, volle sposare quella che avrebbe prodotto la birra migliore. La futura prescelta invocò Odino, il quale usò la propria saliva come lievito fermentante nella preparazione della bevanda. Da quel momento in poi, la birra fu investita del potere di trasmettere la conoscenza esoterica e la donna doveva vegliare durante il momento della fermentazione.
Anche in Scandinavia e nelle repubbliche baltiche la donna aveva un rapporto particolare con la birra. Il Kalevala, il più grande poema epico finlandese, nel ventesimo runo parla di Osmotar, la ragazza che scoprì il segreto del processo di fermentazione attraverso l'uso di ingredienti e riti she simboleggiano un'unione mistica sessuale. In Lituania, invece, un rito della fertilità praticato fino al XVI secolo prevedeva che la ragazza più alta del villaggio, in equilibrio su un solo piede sopra una panca, bevesse e offrisse birra al dio Waizganthos, che presiedeva alla crescita delle messi di lino.
Ovviamente, se le donne potevano propiziare la produzione della birra, potevano anche porre degli ostacoli alla fermentazione, come nel caso delle streghe. In alcuni casi, si pensava che durante particolari giorni del ciclo, le donne esercitassero un'influenza negativa sul lievito, minacciando la buona riuscita della fermentazione.
La birra però non è associata solo alle figure femminili. Se ci spostiamo verso il nord Europa, infatti, essa si insinua nei rituali e nei miti che non sono necessariamente connessi con la fertilità o con le donne.
Vi sono diverse leggende che individuano vari personaggi come inventori della birra, quali il mitico re Gambrinus delle Fiandre, Radigost, il dio slavo dell'ospitalità o un certo Charlie Mopps, protagonista di una canzone diffusa nei pub inglesi:
Molto tempo fa, indietro nella storia
quando tutto quello che c'era da bere erano solo tazze di the,
arrivò un uomo chiamato Charlie Mopps
ed egli inventò la meravigliosa bevanda, e la fece con il luppolo.
Tacito racconta che tra i Germani c'era l'usanza di bere birra a volontà nelle assemblee prima di deliberare, poiché in questo modo credevano che si favorisse il contatto con gli dèi e i defunti.
Inoltre, nella tradizione vichinga la birra è concepita come una bevanda sacra adatta ai guerrieri, poiché poteva conferire loro la forza della terra. Odino stesso raccomandava ai guerrieri di consumarla per favorire le proprie prestazioni durante la battaglia, a patto che poi l'uomo riacquistasse il senno. I guerrieri bevevano la birra in corni con incise rune sacre, di modo che se un nemico vi avesse aggiunto del veleno, il corno si sarebbe spezzato.
Sempre nei paesi nordici, vi sono leggende che si intrecciano con gli spiriti maligni. Questi si annidavano nei locali dove si preparava la birra a andavano esorcizzati con spruzzi di mosto e della bevanda stessa. Nel caso questo non bastasse, la notte, nella stanza dove si produceva la birra, veniva lasciato di guardia il gatto di casa, che aveva il compito di scacciare il più malvagio degli spiritelli, Okorei. Costui, infatti, protetto dalle tenebre notturne, rubava la birra e faceva inacidire quella che non riusciva a portare via con sé.
In generale, poi, vi era la credenza secondo la quale non si dovevano sbattere le porte o far vibrare i pavimenti di legno della stanza dove si preparava la birra per non "spaventare" il lievito. Ciò era dettato dal fatto che, per far avvenire regolarmente la fermentazione, bisognava evitare ogni corrente d'aria e ogni minimo scuotimento del mosto.
Infine, non si può non menzionare la cultura celtica, dove la birra compare praticamente ovunque. Queste popolazioni stimavano molto le proprietà della birra e dei grandi e preziosi calderoni come quello di Gunderstrup, risalente al II secolo a. C., venivano riempiti fino all'orlo della bevanda in occasione di vari rituali.
Ovviamente, una bevanda così importante a livello religioso, non può essere assente nelle narrazioni e nella mitologia delle popolazioni celtiche. In primo luogo ricordiamo due "signori della birra": Cernunno, il dio degli animali e il fabbro Goibniu, che in Irlanda serviva la birra ai potenti Tuatha Dé Danann, degli esseri divini in possesso di facoltà straordinarie.
Sempre in Irlanda si narra la leggenda di Mag Meld, un eroe che carpì il segreto della fabbricazione della birra ai terribili Fomori, i dominatori dell'isola prima dell'arrivo degli uomini. Mag Meld svelò il segreto agli antenati degli Irlandesi, che poterono godere delle virtù della mistica bevanda, la quale conferiva ai Fomori forza straordinaria e immortalità. Grazie all'opera di Mag Meld, assimilabile in qualche modo al classico Prometeo, i mostruosi Fomori perdettero il loro potere e vennero in seguito scacciati dall'isola. Proprio da questo eroe prese nome la mitica terra dell'Oltremondo del folklore irlandese, chiamata anche Avalon, Tir Na Nog o Anwynn. Si trattava di una terra sotterranea, dove non esistono né morte né malattie e dove l'esistenza è sempre piacevole e dolce, comparabile a un'eterna primavera.
Nessun commento:
Posta un commento