martedì 1 gennaio 2019
Janas: fate e streghe della tradizione popolare della Sardegna
Le janas o gianas sono gli esseri fantastici più conosciuti delle leggende sarde. Descritte generalmente come piccole donne magiche abitanti nelle tombe prenuragiche scavate nelle rocce (dette appunto domus de janas o domos de gianas), sono le protagoniste di numerosi racconti popolari, favole e fiabe in varie parti della Sardegna.
Oggi vengono identificate principalmente con le fate della tradizione europea e orientale. Tuttavia, è importante sapere che in Sardegna esistono numerose leggende sulle janas e che non sempre queste figure mitiche vengono descritte come fate ma bensì anche come streghe, maghe e vampiri.
Da Cabras a Pozzomaggiore, da Ghilarza al Supramonte di Orgosolo, da Esterzili al pozzo sacro di Santa Cristina, in ogni località dell’isola è possibile trovare leggende sulle janas streghe o fate. Ognuna di queste, come vedremo, è a suo modo unica: non cambiano solo i nomi delle janas ma anche le loro qualità fisiche, morali e spirituali.
Nella fantasia dei sardi, col termine janas o gianas, si indicano per lo più delle creature fantastiche di minuscola statura. La denominazione più diffusa nelle varie parlate dell’isola per indicare questi esseri è appunto quella di janas, gianas o giannèddas.
Tuttavia, in varie località dell’isola il loro nome in sardo cambia. Per esempio, a Perdas de Fogu vengono indicate col termine mergianas, a Isili margianas, in Barbagia con quello di bírghines e, nel territorio sassarese e tempiese, si chiamano per lo più li faddi. Ma non solo. I
Ad Aritzo la mitologia sulle janas ci racconta di piccole fate, alte non più di venticinque centimetri, dotate di un’intelligenza superiore a quella umana. Vivevano in piccole case scavate nelle rocce ed erano molto industriose. Infatti, si erano costruite “tutti gli arredi delle loro piccole case e tutti gli strumenti necessari alla vita”, coltivavano il grano e facevano il pane, e andavano alla ricerca di varie erbe officinali nonché a caccia di animali che mangiavano crudi.
Miti, favole e leggende sulle janas della Barbagia narrano inoltre che nelle belle giornate di sole, le fate sarde erano solito porre all’aria aperta i loro arredi e i loro oggetti più preziosi. Ma poiché temevano gli esseri umani per la loro statura, ritiravano tutto alla svelta e si nascondevano nelle loro domus de janas chiudendone gli ingressi con grosse pietre. Ciò perché queste piccole fate non amavano entrare in contatto col mondo esterno, preferendo al contrario vivere la loro magica esistenza lontano dalla realtà umana, verso la quale non si dimostravano né malefiche né benefiche.n alcuni paesi esistevano anche janas di sesso maschile, in altri le janas erano fate buone mentre in altri ancora rassomigliavano piuttosto a streghe se non addirittura a vampiri.
A Fonni le leggende sulle janas raccontano di esseri minuscoli sia di sesso femminile che di sesso maschile. Una delle loro peculiarità era la bellezza e venivano descritte come incantatrici. Ciò era legato anche al fatto che avessero una voce tanto deliziosa quanto ammaliante. Vivevano nelle domus de janas che si scavavano con maestria da soli grazie all’utilizzo di vari arnesi come ad esempio le accette.
A Belvì, paese poco distante da Tonara ed Aritzo, le janas venivano descritte come bellissime e ricchissime donne, giunte da paesi molto lontani. All’inizio amarono gli uomini, regalando loro ogni sorta di ricchezza e facendo loro del bene, come trasportare magicamente gli oggetti pesanti o badare alle greggi al pascolo.
Erano fate generose e mansuete, che vissero a contatto con gli esseri umani fino a quando questi furono buoni e si comportarono bene. Ma siccome il genere umano, col tempo, divenne sempre più egoista, malvagio e interessato solamente alle loro ricchezze che custodivano nelle rocce o in altri siti magici, le janas decisero di abbandonarli e scomparire. Ed è per questo motivo che non si vedono più in giro.
A Tortolì in Ogliastra le janas sono sempre state descritte in maniera del tutto particolare. A differenza di quelle della Barbagia e del Mandrolisai, la mitologia e il folklore di questa regione della Sardegna hanno consegnato ai posteri delle gianas con delle mammelle lunghissime che erano solite gettarsi a mo’ di capelli dietro le spalle. Tale gesto si dimostrava quanto meno necessario sia per non far toccare i lunghi seni a terra quando lavoravano, ma anche per allattare i bambini. Infatti, le janas ogliastrine si portavano sempre dietro i loro figlioletti, inserendoli in particolari ceste che si legavano sulla schiena.
Inoltre, queste creature erano caratterizzate dall’avere delle lunghissime unghie di ferro o d’acciaio, grazie alle quali si erano scavate le loro domus nelle rocce senza l’ausilio di alcun arnese. Ma non solo. Le unghie potevano anche essere utilizzate contro gli esseri umani da queste maghe e streghe, considerate dalla mitologia sarda molto dannose.
Per nulla indifferenti alle sorti degli uomini, con i quali hanno convissuto a lungo, a Tempio le janas sono state spesso descritte, come già accennato, alla stregua di janas streghe o janas malefiche.
A Oniferi così come a Nuoro le janas sono streghe o maghe dannose per gli esseri umani che devono far di tutto per non incontrarle, men che mai entrare nelle domus de janas dove, oltre alle loro proverbiali ricchezze, avrebbero trovato ad attenderli terribili mostri divoratori di uomini.
A Isili le janas hanno sempre avuto il dono di leggere nel futuro ma fare profezie anche decidere il destino degli esseri umani. La loro presenza è storicamente associata a quella dell’antico e bellissimo nuraghe Is Paras alle porte del paese. Ancora oggi, secondo alcuni, è possibile sentire il rumore del telaio d’oro, specialmente la notte, quando si mettono al lavoro per tessere le loro incredibili stoffe.
Un telaio d’oro sarebbe custodito nell’affascinante quanto tenebrosa gola di Gorroppu e nel Supramonte di Orgosolo. Secondo alcune leggende sarde janas e altre creature magiche avrebbero abitato a lungo in questi luoghi inaccessibili agli esseri umani. In particolare, una bellissima fata si nascondeva in una grotta, il cui ingresso era celato da piante e arbusti, all’interno della quale lavorava col suo telaio dorato. A dire di qualcuno, questa sarebbe stata anche un’abile amazzone.
Anche a Nuragus le janas erano descritte come donne molto ricche e incredibilmente belle, che non si facevano mai vedere di giorno per paura che il sole rovinasse e bruciasse la loro candida pelle. Dotate di dita fini e delicate, tessevano tutto il giorno delle splendide stoffe e dei preziosi broccati in favolosi telai d’oro. Si trattava di creature dalla duplice natura: erano, infatti, gentili e soavi, ma si trasformavano in creature terribili se venivano guardate e molestate dagli esseri umani.
Proprio per quest’ultima ragione, a Cabras come a Pozzomaggiore e a Ghilarza, le janas sarebbero scomparse dal mondo degli uomini. Fuggendo, però, avrebbero lasciato il loro tesoro nascosto da qualche parte, ma sino ad oggi nessuno l’ha ma trovato. Uno dei più celebri sarebbe nascosto sulla collina di Montoe, dove una volta esisteva un magnifico palazzo abitato dalle janas.
Un’altra celebre dimora delle janas è stata individuata dalla tradizione popolare di Esterzili in un antico tempio, simile a quelli che edificavano i greci e denominato Sa domu ‘e Orgia (Orgìa). Questa era infatti una jana strega, per nulla amata dalla gente, che la cacciò via dal tempio. Ma prima di partire, la donna si vendicò, lasciando due vasi: uno pieno di api e l’altro di musca macedda. A quanto pare, i due orci stanno ancora là, sotterrati chissà dove.
A Laconi le janas sono simili alle panas, le anime delle donne morte di parto, che si riuniscono sulle rive dei fiumi e lavano i panni dei loro neonati.
Anche a Orosei si sono tramandate alcune leggende che identificano le janas a fantasmi di donne morte. Uno degli esempi più noti è quello di Maria Mangrofa, l’ultima custode del villaggio scomparso di Ruinas, dal quale avrebbe portato con sé un telaio dorato, delle stoffe d’impareggiabile bellezza e un immenso tesoro. Donna bellissima, fata e strega, la jana di Orosei sarebbe ancora oggi la vera custode della sorgente di Su Gologone e avrebbe il potere di far guarire dalle malattie degli occhi.
Anche a Tonara le leggende più antiche riportano come fosse impossibile distinguere tra janas femmine e janas maschi. Questo perché gli individui dei due sessi erano uguali se osservati esteriormente dagli esseri umani: vestivano in maniera identica e avevano tutti una figura piccola e tozza.
Vivevano in caverne e antiche domus alle porte del paese. Quando qualcuno si avvicinava alle loro abitazioni, le janas stendevano un meraviglioso velo tutto bianco e magicamente filato, che ricopriva tutta la campagna. Le persone che non erano a conoscenza di questo artificio ne rimanevano estasiati e affascinati, e allo stesso tempo ammaliati. In questo modo, il velo si rivelava essere simile alle tele dei ragni e lo sfortunato passante veniva catturato dalle piccole creature e gettato in una buca insieme ad altre vittime.
Un triste destino lo attendeva, però. Egli, infatti, diventava la preda della Jana Maista, la malefica regina delle janas, che gli succhiava il sangue.
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