sabato 7 dicembre 2019

Ancora sulla costruzione del Natale cristiano

Laura Fezia
ANCORA SULLA COSTRUZIONE DEL NATALE CRISTIANO
Nel mese di dicembre i Paesi occidentali vengono ipnotizzati dall’imminente celebrazione del Natale. Le aziende e i centri commerciali, addirittura, iniziano ben prima a sbandierare pubblicità di sapore natalizio o a offrire articoli per addobbare la casa, organizzare cene, spendere in regali.
Già: i regali. Sono certamente il piatto forte delle cosiddette “feste”, quello sul quale si fiondano i commercianti per realizzare incassi che, spesso, rappresentano il 90% del fatturato annuale di un piccolo o medio negozio.
Ma l’usanza dei regali di Natale non è un’invenzione recente: come tutto ciò che concerne la più importante festività occidentale affonda le sue radici in un tempo molto lontano.
Abbiamo già visto in precedenza (e chi non sa di cosa stia parlando può andarsi a ripescare i post del 21/11 e del 27/11) come la data del 25 dicembre fu fissata dalla Chiesa per sostituire la celebrazione dei Saturnalia, feste pagane nate intorno al solstizio d’inverno in uso nell’antica Roma dal 17 al 21 dicembre, con un prolungamento fino al 25 per il “Dies Natalis Solis Invicti”.
I Saturnalia traevano il loro nome da Saturno, padre di Giove, che si favoleggiava fosse stato il signore della mitica Età dell’oro. In quel periodo, venivano rivoluzionate tutte le regole sociali: gli schiavi si sostituivano ai padroni, si organizzavano BANCHETTI che spesso si trasformavano in orge, veniva eletto una sorta di “re” della festa che sfilava vestito di rosso ed era simbolicamente sacrificato al termine delle celebrazioni. Inoltre, c’era lo SCAMBIO DI REGALI: sia da parte degli schiavi ai padroni per conquistarne la benevolenza, sia per blandire le anime dei defunti, attirate dai clamori dei festeggiamenti a varcare la soglia che separa il regno dei morti da quello dei vivi.
L’organizzazione di banchetti (che oggi finiscono in una tombolata, più morigerata di un’orgia) e lo scambio di regali, dunque, sono rimasti nella celebrazione del Natale cristiano.
Ma ci sono alcune tradizioni natalizie inventate ex novo per colpire l’immaginario popolare e altre che appartengono a culture del tutto estranee al cristianesimo.
Partiamo dalla più nota, ossia il presepe e per prima cosa chiariamo che il termine non significa «rappresentazione della nascita di Gesù» come la maggior parte del pubblico è indotta a credere, ma – dal latino “praesepe” – vuole dire “mangiatoia/stalla/recinto per gli animali” . E ci hanno anche raccontato che il primo “presepe” fu organizzato da Francesco d’Assisi a Greccio nel 1223. È vero… ma ricordiamo cosa significa “presepe”: nella rappresentazione di Francesco, infatti, c’erano solo la mangiatoia, un bue e un asino, niente Divin bambinello, niente Maria, niente Giuseppe, niente pastori né Re Magi. Tutto il contorno fu aggiunto successivamente, ricordando quale effetto scenografico avevano realizzato coloro che si erano recati ad ammirare il presepe francescano illuminando il set con le fiaccole.
Ma c’erano davvero un bue e un asino a riscaldare il neonato Gesù? Certamente no. Luca, l’unico che parla di una mangiatoia/stalla, non li cita; a maggior ragione non lo fa Matteo, il quale afferma che i Re Magi trovarono il pupo in una casa «con Maria sua madre». Dunque da dove sono spuntati i due animali? Tanto per cambiare, da un’interpretazione di comodo di un passo di Isaia (1,3), che non si è mai sognato di profetizzare la venuta del Messia e da una errata traduzione di un passo del profeta Abacuc (3,2), dove la frase ebraica «nel mezzo del tempo» nella Bibbia dei Settanta era stata tradotta «in mezzo a due animali», confondendo due parole greche quasi identiche (ζωῷον e ζῷον). Di bue e asinello, infatti, si parla nel vangelo dello Pseudo-Matteo e nel protovangelo di Giacomo, due testi apocrifi databili al VIII/IX secolo il primo e al II/III secolo il secondo.
Nel racconto della nascita di Gesù, quella rappresentata – seppur brevemente – nei vangeli di Luca e Matteo, però, c’è un’altra stranezza: si tratta di quel censimento che avrebbe indotto Giuseppe e Maria, incinta al nono mese, a lasciare Nazareth e la Galilea per recarsi a Betlemme, in Giudea, affrontando un viaggio irto di pericoli. Nell’Impero romano i censimenti venivano ordinati per motivi fiscali o militari, ma senza obbligare le folle a spostarsi: era sufficiente rilasciare una dichiarazione a un incaricato locale circa la propria situazione patrimoniale e famigliare. Mai nessun imperatore ne organizzò uno imponendo alla gente di trasferirsi nei rispettivi luoghi di provenienza, per tornare poi nei posti dove aveva preso residenza o domicilio. Luca cita esplicitamente «un editto di Cesare Augusto che ordinava un censimento di tutta la terra» (Lc 2, 1). Tuttavia risulta che Augusto indisse tre censimenti universali: nel 28 a.C., quando ancora non era imperatore, nell’8 a.C. e nel 14 d.C.; sempre sotto il suo regno, furono banditi alcuni censimenti provinciali e ormai è assodato che Luca fa riferimento a quello del governatore Publio Sulpicio Quirino, che riguardò la Siria e la Giudea, avvenuto, però, sei anni dopo la nascita di Gesù. Inoltre, cosa poteva importare ai Romani che Giuseppe appartenesse alla Casa di Davide, una classificazione che interessava strettamente il mondo ebraico? Infine, il censimento di Quirino fu di tipo fiscale, riguardò, cioè, non le persone, ma i loro beni: Giuseppe possedeva forse delle proprietà a Betlemme che era necessario censire? In tal caso, ossia se fosse stato un ricco possidente, avrebbe forse avuto la possibilità di viaggiare e alloggiare più comodamente, soprattutto con una moglie alle soglie del parto ed è anche curioso che la coppia abbia intrapreso il lungo cammino da sola, senza aggregarsi a una carovana, come era consuetudine dei viaggiatori per evitare gli assalti dei predoni.
Insomma: il Natale cristiano è stato costruito ad arte non solo per sostituire i Saturnalia, ma anche per provocare nel gregge quel senso di colpa evocato da un bambino che nasce «in una grotta al freddo e al gelo» dopo che ai suoi genitori era stato negato il conforto di un alloggio. L’apoteosi di questo quadretto di sofferenze avverrà a Pasqua con la crocifissione.
Ci sono molti altri particolari del Natale cristiano che non tornano: ma, come sempre, questa è un’altra storia che racconterò in seguito.

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