lunedì 4 novembre 2019

L'eco degli déi e dei Celti al Passo della Mezzaluna



Ci sono luoghi in cui il passato risuona ancora, più forte e prepotente del presente. Sono posti in cui la vita di popoli antichi è tangibile, vera, concreta, e la natura tutto intorno ne propaga l'eco, dandoci la possibilità di ascoltarla, sentirla e persino vederla.
Uno di questi posti si trova sul sentiero per il Passo della Mezzaluna, che attraversa il Bosco di Rezzo e in cui si trovano tracce degli antichi insediamenti pastorali della zona, la cui presenza è ben visibile nel Ciotto di San Lorenzo.
Ci troviamo nella provincia di Imperia, nella Valle Argentina, così ricca di mistero, magia e tradizioni. Qui, in Liguria, le antiche popolazioni vennero a contatto con i Celti e ne assorbirono usanze e cultura; la presenza celtica tra questi sentieri e in giornate nebbiose si fa prepotente, tanto che sembra di essere finiti in un tempo lontano, quando druidi, fate e divinità camminavano ancora sulla Terra.
Il sentiero si inoltra nel bosco, dove faggi maestosi e noccioli sono i padroni indiscussi. L'atmosfera è surreale e un cartello avverte subito della presenza del lupo.
Sopra di noi un tetto di foglie copre la vista del cielo, un fogliame così verde da sembrare uscito da una cartolina irlandese.
Gli alberi sono alti, imponenti e non si può fare a meno di sentirsi piccoli al loro confronto. Quello di Rezzo è un bosco antico, suscita rispetto, tant'è che viene spontaneo abbassare il tono della voce quando si percorre il sentiero tra i faggi. Si dice che tra le radici di quegli alberi si nascondano le abitazioni di fate e spiritelli silvani, troppo timidi e timorosi della presenza dell'uomo per lasciarsi osservare, ma non per questo meno veri e reali.
Si prosegue in falso piano nella foresta fino ad arrivare là, in uno dei punti di maggiore interesse dell'intero sentiero. Il Ciotto di San Lorenzo è un posto davvero intriso di magia, l'energia che emana è tangibile, si sente sottopelle. Prima dell'arrivo dei Romani, ogni anno i pastori percorrevano questo sentiero per la transumanza e giungevano in questa depressione del terreno per spartirsi i pascoli alti del Passo della Mezzaluna, non prima di aver sacrificato un animale agli dèi. Quell'altare sacrificale è ancora lì, ricordo di tempi lontani, di timore reverenziale e rispetto verso quella natura che oggi deturpiamo senza pietà né scrupoli. E' ancora presente anche la coppella per raccogliere il sangue della vittima, con relativo canale di scolo.
Poco distante dalla pietra-altare, un cerchio di pietre delimita l'area di riparo dei pastori e là, sopra la depressione del terreno, si ammira una pietrafitta, un antico menhir la cui datazione si è persa nel tempo e che serviva per le osservazioni astronomiche.
E' una roccia alta due metri, larga sessanta centimetri e spessa dieci che oggi si presenta inclinata. Un tempo segnava l'azimut del sole al tramonto nel periodo del Solstizio invernale.
La nebbia avvolge tutto, rendendo l'esperienza ancora più mistica. I corvi imperiali osservano i nostri passi, gracchiando e volando intorno a noi, guardiani alati di un luogo ricco di storia e conoscenza che mi hanno riportato alla mente i corvi di Odino, Huginn e Muninn (Pensiero e Memoria). Impossibile non farsi sopraffare dalla magia del luogo, non lasciarsi trasportare dalla fantasia, e allora persino Avalon sembra reale in quel cerchio di pietre, a un passo da noi. Massi di enormi proporzioni caduti dall'alto hanno permesso la costruzione di rifugi improvvisati, che hanno tutta l'aria di "capanne dello stregone". E poi la nebbia... avvolge tutto, persino i pensieri, aprendo l'immaginazione a un mondo che va oltre la materialità, sfiora il sensibile e proietta verso l'immateriale, l'intangibile e l'incredibile.
Lasciato quel posto di rara bellezza con un senso di pace e comunione con la Natura tutta, si prosegue ancora nel bosco, che man mano diventa più cupo. E di nuovo il silenzio si impone, interrotto solo dai versi degli uccelli che avvertono il Bosco della nostra presenza. Tra quegli alberi lupo e cinghiale la fanno da padroni, si percorre il sentiero guardandosi intorno, alla ricerca di due occhi gialli in mezzo al fogliame. E lo si fa con il cuore in gola per l'emozione, cercando avidamente la loro presenza, come se fosse essenziale, come se la nostra anima avesse un atavico bisogno di scorgerli, per poi non dimenticarli mai più.
E infine, dopo qualche salita e attraversando praterie montane che aprono lo sguardo e il cuore, si arriva lassù, al Passo della Mezzaluna (1454 m.s.l.m.) . Gli occhi abbracciano l'immensità e ci si sente ristorati, sereni, accolti da Madr
e Natura come figli tornati ad amarla e a venerarla.

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