mercoledì 2 gennaio 2019
Omm Seti: la sacerdotessa del Tempio di Abydos
Quando il signore e la signora Eady portarono Dorothy, la loro figlioletta di quattro anni, al British Museum nel 1908, ottennero molto più di quanto non si aspettassero. Temevano di doversi trascinare per le sale una bambina annoiata e riottosa. E così fu per gran parte del percorso, finché non raggiunsero le gallerie egizie, dove la bimba scattò sull’attenti, adottando un comportamento singolare. Iniziò a correre in giro freneticamente, baciando i piedi delle statue ed alla fine si sedette accanto ad una mummia in una teca di vetro, rifiutando di muoversi. I genitori continuarono la visita e tornarono mezz’ora dopo per trovarla nella stessa posizione. La signora Eady si chinò per sollevarla, ma Dorothy si avvinghiò alla teca e con voce rauca e irriconoscibile esclamò: “Lasciami qui, questa è la mia gente“.
Lo strano comportamento di Dorothy era iniziato un anno prima, dopo un increscioso incidente, che la bimba non sarebbe riuscita a dimenticare per tutta la sua vita: “Quando avevo tre anni, caddi da una lunga rampa di scale e persi conoscenza. Chiamarono il medico, che mi visitò attentamente e mi dichiarò morta. Un’ora più tardi tornò col mio certificato di morte e con un’infermiera per “comporre la salma”, ma con sua grande sorpresa, il “cadavere” era del tutto cosciente, giocava, e non mostrava segni di lesioni!“.
Dopo la caduta, Dorothy iniziò a sognare ripetutamente un grande edificio con colonne e un giardino rigoglioso con alberi, frutti e fiori. Entrò inoltre in uno stato depressivo: scoppiava frequentemente in lacrime senza ragione apparente e spiegava ai genitori che desiderava tornare a casa. Anche se rassicurata del fatto che lo fosse già, lei lo negava, ma non sapeva indicare dove si trovasse la sua vera casa. Il primo barlume della sua appartenenza all’Egitto si manifestò durante la visita al British Museum. L’ossessione di Dorothy venne confermata pochi mesi dopo l’accaduto, quando il padre portò a casa parte di un’enciclopedia per bambini. Essa conteneva alcune foto ed alcuni disegni dell’antico Egitto, che la ipnotizzarono. La bambina era particolarmente attratta da una foto della famosa Stele di Rosetta (il cui testo in tre lingue aveva permesso la decifrazione dei geroglifici) e la esaminò per ore con una lente d’ingrandimento. Con sconcerto della madre, dichiarò di conoscere la lingua in cui era scritta ma di averla semplicemente dimenticata.
Quando Dorothy aveva sette anni, il sogno ricorrente dell’edificio con il colonnato iniziò ad acquisire un senso. Il catalizzatore fu una rivista con una foto sotto la quale vi era scritto “Il Tempio di Seti I ad Abydos“. La bambina rimase completamente paralizzata: “Questa è la mia casa! Qui è dove vivevo!“, gridò allegramente al padre, dopodiché seguì una nota di tristezza: “Ma perché è tutto in rovina? E dov’è il giardino?“. Il papà la esortò a non dire sciocchezze. Dorothy non poteva aver visto quell’edificio, tanto lontano e costruito migliaia di anni prima; inoltre, nel deserto, i palazzi non hanno giardini.
Quarantacinque anni più tardi, Dorothy Eady, impiegata del dipartimento di antichità egizie, andò a lavorare ad Abydos, alloggiando in una casetta non lontano dal Tempio di Seti. Per quanto le concerneva, lei era “a casa” e rimase nella amata Abydos dal 1956 fino alla morte, avvenuta nell’aprile del 1981. Là tutti la conoscevano col nome di Omm Seti, cioè “madre di Seti“, il nome del figlio che ebbe nel corso degli anni da un uomo egiziano. Per quanto riguarda il giardino che la ossessionava, gli archeologi finalmente lo scoprirono proprio nel punto in cui Dorothy affermava che si trovasse, sul lato meridionale del Tempio.
Dorothy Eady fu certamente uno dei personaggi più straordinari del XX secolo. Chi la conobbe non poté fare a meno di rimanere ammaliato dalla sua personalità: era creativa, dinamica, divertente, intrepida, determinata ed eccentrica. Al di là delle sue affermazioni sul fatto di essere la reincarnazione di un’antica donna egiziana, ebbe comunque una vita movimentata e romantica. Nei primi anni dell’adolescenza, Dorothy Eady iniziò seriamente a studiare egittologia. Nel frattempo gli strani sogni, nonché gli episodi di sonnambulismo, continuavano a susseguirsi.
Dorothy trascorse con la sua famiglia gli ultimi anni dell’adolescenza ed i primi dell’età adulta a Plymouth, sulla costa meridionale dell’Inghilterra, dove il padre aveva aperto un cinema. Proseguì le sue avide letture sull’Egitto, studiò disegno alla scuola d’arte locale e frequentò un circolo esoterico interessato alla reincarnazione, la sua prima opportunità di sostenere la convinzione di essere stata un’egiziana. Ma trovò tali riunioni poco soddisfacenti. Entrò in seguito in un gruppo di spiritisti locali, i quali conclusero che non era un’egizia reincarnata: probabilmente era morta davvero durante la caduta ed era rimasta vittima di un fenomeno di possessione da parte di un antico spirito disincarnato. Di nuovo, non sembrò soddisfatta della spiegazione.
Dorothy compì il primo vero approccio alla sua realtà all’età di ventisette anni, quando, contro il volere dei genitori, si trasferì a Londra a lavorare per una rivista egiziana. Disegnava vignette politiche e scriveva articoli a sostegno dell’indipendenza dell’Egitto dalla Gran Bretagna. Alla camera dei comuni si imbatté in un giovane egiziano, Imam Abdel Maguid e se ne innamorò. Due anni più tardi, accettò la sua proposta di matrimonio. Poco dopo, nel 1933, fece le valigie e partì alla volta dell’Egitto con grande costernazione dei genitori, e quasi immediatamente dopo l’arrivo divenne la signora Abdel Maguid.
Nonostante i vari problemi che sorsero nella coppia a causa delle stranezze di Dorothy, i coniugi ebbero presto un figlio, che Dorothy, contro la volontà del marito, volle chiamare Seti, come il famoso faraone – guerriero che aveva regnato all’inizio della XIX dinastia (la data generalmente accettata è intorno al 1300 a.C.). Fu dopo la nascita del figlio, che Dorothy Eady divenne “Omm Seti“, secondo l’usanza egiziana di non rivolgersi alle donne col loro nome proprio. Durante il corso della notte, Imam veniva spesso svegliato dalla moglie che si alzava, sedeva alla scrivania accanto alla finestra, e scarabocchiava geroglifici sui fogli alla luce della Luna. Omm Seti descrisse successivamente il suo stato “inconscio, come se fossi sotto uno strano incantesimo, né addormentata né sveglia“, e affermò che una voce mentale le dettava con lentezza le parole egizie. Il fenomeno è noto ai medium come “scrittura automatica“. Le sedute di scrittura notturna durarono per quasi un anno, durante il quale la donna riempì circa settanta pagine di geroglifici che raccoglieva e decifrava. Le parole, che le erano state dettate da uno spirito di nome Hor-Ra, descrivevano la sua precedente vita in Egitto.
Gli scritti misteriosi, che Omm Seti considerò “veritieri in base ai ricordi“, narravano che un tempo era stata una ragazza di nome Bentreshyt. Nata da genitori poveri, era stata mandata al Tempio di Kom El Sultan (poco più a nord del Tempio di Seti, che allora era in costruzione), per essere educata come sacerdotessa. All’età di dodici anni le era stato chiesto dal sommo sacerdote Antef se desiderasse conoscere il mondo e sposarsi o rimanere nel Tempio. Ignara del mondo esterno, Bentreshyt aveva scelto di rimanere nel Tempio, facendo voto di castità. Successivamente aveva dovuto apprendere gli elaborati insegnamenti per partecipare ai riti del tempio, in cui venivano messe in scena la morte e la resurrezione del grande Osiride.
Dopo tre anni di matrimonio, il marito Imam accettò un posto d’insegnante in Iraq. Dopo la partenza del marito, Omm Seti si trasferì con il figlio vicino alle Grandi Piramidi di Giza ed ottenne, prima donna in assoluto, un lavoro come disegnatrice per il dipartimento delle antichità egizie. Sebbene si trovasse finalmente nella terra che amava, il fatto che non si fosse recata direttamente ad Abydos, ma avesse atteso diciannove anni prima di quella visita, è piuttosto sconcertante. “Avevo solo uno scopo nella vita“, affermò, “ed era quello di andare ad Abydos, di vivere ad Abydos, e di essere seppellita ad Abydos. Tuttavia qualcosa al di là della mia volontà mi aveva impedito persino di visitare quel luogo“.
Quando finalmente vi si recò per una breve escursione nel 1952, lasciò la valigia nell’alloggio del dipartimento delle antichità e andò dritta al Tempio di Seti, dove trascorse tutta la notte a bruciare incenso ed a pregare gli dei. Tornò nuovamente nel 1954 per due settimane, poi trascorse mesi ad assillare i suoi superiori affinché le trovassero un impiego ad Abydos. Lavoro che si concretizzò nel 1956 quando le venne affidato l’incarico di effettuare i rilievi del Tempio di Seti per due dollari al giorno.
Omm Seti, tuttavia, tenne relativamente segrete le sue affermazioni più ardite, in quanto erano di natura profondamente personale. Le affidò al suo diario e le rivelò dettagliatamente solo ad un amico, il suo fidato collega dottor Hanny El Zeini. Secondo Dorothy, il faraone Seti si era innamorato di Bentreshyt all’età di quattordici anni, quando l’aveva incontrata nei giardini del Tempio. Il loro legame era pericoloso, in quanto le leggi del tempio imponevano che la ragazza rimanesse vergine. Bentreshyt era rimasta incinta, e le autorità del tempio l’avevano costretta a confessare che aveva un amante, e avevano minacciato di punire il suo crimine con la morte. Temendo di coinvolgere Seti se fosse stata processata, la fanciulla si era uccisa per proteggere il nome dell’amante; quando era ritornato a trovarla, Seti si era sentito distrutto dal dolore e aveva fatto voto di non dimenticarla. A questo punto, la storia diventa davvero incredibile. Omm Seti afferma che quando lei, come Dorothy, aveva quattordici anni, Seti aveva mantenuto la promessa ed “era ritornato” a farle visita. Come spiegò ad El Zeini circa cinquant’anni più tardi, una notte venne svegliata dalla sensazione che qualcosa le stesse schiacciando il petto. Quando aprì gli occhi vide il volto mummificato del faraone che la fissava appoggiandole le mani accanto alle spalle: “Ero sbalordita e scioccata, e tuttavia pazza di gioia. Era come se qualcosa che aspettavo da tempo fosse finalmente giunto. Poi mi strappò la camicia da notte dal collo al bordo inferiore“.
La visita successiva avvenne quando Omm Seti si trasferì al Cairo. Seti le apparve di nuovo, questa volta non come mummia ma sotto le spoglie di un bell’uomo sulla sessantina. Le visite continuarono, e Omm Seti ed il suo amante astrale trascorrevano insieme notte dopo notte. Come se tali affermazioni non fossero di per sé abbastanza bizzarre, la donna spiegò che il tempo e la durata delle visite erano regolati da un codice morale rigoroso. Seti poteva tornare dall’aldilà solo perché aveva un permesso speciale del consiglio di Amentet, l’aldilà egizio, sotto la cui sorveglianza gli amanti dovevano seguire regole severe. Perciò, quando Seti faceva visita a Dorothy, all’epoca ancora sposata, gli incontri erano strettamente platonici. Dopo il divorzio, non vi fu più bisogno di tanto rigore e Seti le comunicò che intendeva sposarla quando l’avrebbe raggiunto nell’Amentet. Fu proprio tale relazione con un faraone fantasma, spiegò Omm Seti ad El Zeini, la vera ragione del suo ritardo nel “tornare” ad Abydos. Innanzitutto, in quel luogo lei avrebbe dovuto assumere nuovamente il ruolo di una sacerdotessa e rimanere vergine. E questa volta Omm Seti era determinata a seguire le leggi. In tal modo, quando sarebbe morta, il suo crimine precedente sarebbe stato perdonato e lei e Seti sarebbero potuti regolarmente essere uniti per l’eternità
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