Le origini genetiche di Achei e Micenei della Guerra di Troia
Lo scorso ottobre è stato pubblicato uno studio sulla rivista Nature – “Genetic origins of the Minoans and Mycenaeans” di Iosif Lazaridis […] – che fa luce sulle civiltà fiorite a Creta e nella Grecia durante la l’età del bronzo.
Questo studio conferma pienamente la tesi che sostengo nel libro “Quando Troia era solo una città” dove affermo che gli antichi micenei erano imparentati con stirpi di derivazione caucasica, provenienti dalle steppe del nord (popolo Kurgan), mentre i minoici appartenevano a stirpi mediterranee orientali, cioè autoctone.
E questo sottolinea ancora una volta che l’Iliade racconta del passaggio epocale tra due distinti modi di vedere il mondo (dall’antico sistema matrilineare al più recente modello gerarchico e violento, fondato sulla guerra, che comunemente si definisce patriarcato).
Il Genoma di 19 scheletri: studio delle parentele di Minoici e Micenei
L’analisi del Dna effettuato su 19 scheletri antichi dissepolti a Creta, ha permesso di ricostruire le migrazioni delle popolazioni antiche. Lo studio entra nei dettagli della storia greca, tracciando l’albero genealogico degli abitanti dell’Egeo, dall’età del bronzo a quella odierna.
L’articolo lo conferma: il DNA trovato negli scheletri portano alcuni tratti comuni, ma come si legge nelle ultime righe: “…solo il genoma dei Micenei mostra affinità con i popoli delle steppe, a nord del Mar Nero e del Mar Caspio” [Rivista “Le scienze”, “Geni minoici e micenei”, ottobre 2017].
Come si evince dal testo scientifico summenzionato, i reperti studiati vanno dal 3000 a.c. (fine età del Bronzo e inizio età del Ferro) fino al 1050 a.c., epoca in cui si presume fosse stata combattuta la prima guerra del mondo, immortalata nell’Iliade.
Nell’Iliade, i Micenei e Achei sono alti e biondi
In altre parole ciò spigherebbe come mai nell’Iliade solo tre personaggi che appartenevano alla genia Achea (gli invasori) fossero sempre definiti come “biondi”.
Achille era biondo e così la bella Elena e il marito di lei, Menelao. Questo aggettivo, viene ripetuto più e più volte nel poema, il che dimostra come questa caratteristica fisica fosse da ritenersi “strana” o almeno degna di nota. Ciò implica che gli altri personaggi fossero bruni, come la maggioranza della popolazione di quelle terre ancora oggi, tra Grecia e Anatolia.
A Troia un Cavallo… di origine caucasica
Oltre all’aspetto fisico, un altro dato raramente posto in connessione con i dati suddetti, ci conferma che questi invasori provenissero dal Caucaso e dalle steppe russe: il famoso Cavallo di Troia. Nel mio libro ne parlo a pagina 192: “Inoltre non è certo un caso che proprio il cavallo e nessun altro animale possa rappresentare tutto questo processo”.
Perché? La ragione è prima di tutto storica. Come sappiamo, le popolazioni pacifiche dell’antica Europa, che abitavano il bacino del Mediterraneo da millenni, non conoscevano la doma del cavallo.
L’agricoltura era fiorente, così come l’allevamento di animali, soprattutto galline, maiali e pecore. Anche grossi animali selvatici venivano cacciati saltuariamente da squadre addestrate di cacciatori esperti, ma il cavallo nessuno lo aveva mai addomesticato.
Solo i popoli provenienti dal Caucaso, dall’alto Volga e dalle terre gelate del Nord, avevano cominciato a usare questa bestia per sottomettere tutte le altre. Quel primo uomo caucasico che ha pensato di saltare sul dorso di un cavallo ha compiuto un salto quantico per tutta l’umanità, paragonabile millenni dopo, al primo volo dei fratelli Wright.
Da quel momento in poi, il concetto stesso di mobilità verrà cambiato per sempre. Un uomo a cavallo è mille volte più veloce e potente di un uomo a piedi, e di questo fatto dovevano presto accorgersi, con dolore, le ignare popolazioni sud europee.
… E dalle steppe arriva una società patriarcale
I popoli del Nord adoravano un Dio Maschio, dominatore del Cielo e della Terra, violento e crudele, che soggiogava i suoi adoratori con fulmini e saette scagliate dall’alto dei cieli. Queste popolazioni allevavano mandrie enormi di bovini grazie al cavallo, come ancora facevano i cow-boy in America fino al secolo scorso. Erano abituati a razziare tutto ciò che incontravano sul loro cammino. La società era fortemente gerarchica e a capo della tribù vi era sempre un re maschio, forte e crudele. Le donne erano completamente sottomesse, rinchiuse nelle capanne e obbligate a fare figli fino alla morte.
Da quel momento in avanti, le statue dei condottieri a cavallo, che dominano le piazze di qualsiasi grande città del mondo, la dicono lunga sull’aggressività di queste popolazioni (un esempio per tutti, la statua di Marco Aurelio che domina il Campidoglio a Roma)…
Proseguo la disamina di questo fatto a pag 194 dello stesso libro:
“Nelle steppe russe e nell’alta valle dell’Indo, i cavalli erano numerosi. Si hanno notizie dell’addomesticamento di questo animale, in quelle terre, fin dalle epoche più remote. Sicuramente i cavalli erano presenti anche nelle zone più meridionali d’Europa e ne abbiamo testimonianza nei dipinti rupestri delle grotte di Lascaux in Francia e in altre grotte in Spagna e Italia, però non venivano né allevati né cavalcati.
L’impressione che dovette fare il primo indoeuropeo a cavallo sul suo destriero agli occhi di chi non aveva mai visto un uomo così “gigantesco”potrebbe essere paragonabile solo all’impressione fatta dai primi spagnoli, sbarcati sulle coste americane con enormi galeoni, agli occhi esterrefatti degli Indios. Una cosa da non credere!”
Se l’Iliade venisse letta non come un poema di poesia, ma come un libro di storia, si capirebbero molti enigmi che invece sono rimasti irrisolti fino ad ora. Così si dovrebbe fare con la Bibbia e con gli altri scritti che ci giungono dal lontano passato. Per fortuna mezzi scientifici e analisi accurate ci confermano che gli antichi avevano molta meno fantasia di quanto noi moderni attribuiamo loro. I libri di Storia e anche di Letteratura andrebbero completamente riscritti.
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