Puntando l'attenzione soltanto sul sud Italia, il prototipo di strega, seppur con lievi differenze etimologiche territoriali, è uno solo: la Magara.
Le Magare erano, per tutte le regioni del Meridione, delle profonde conoscitrici delle arti magiche, sia curative che malefiche. Esse erano quasi sempre donne libere, emarginate dalla società, temute.
Praticavano la magia bianca, attraverso il potere curativo delle erbe, mentre con una di esse in particolare, l'erba di San Giovanni, potevano addirittura evocare i demoni. A causa di tali segrete conoscenze, erano chiamate Zie o Comari, depositarie di una furbizia e un'intelligenza fuori dal normale, che ovviamente incuteva molta paura.
In alcuni paesi della provincia di Cosenza, come San Fili e Pittarella, dove il mito si è insediato con più convinzione, si credeva di vederle uscire di notte sottoforma di uccello per andare a caccia di giovani ragazze e fanciulli, forti del loro potere arcano, capaci di ammaliare, causare odio o amore, far ammalare e gettare il malocchio sul povero malcapitato di turno, con l'aiuto di formule e filtri magici. Nei casi più gravi, potevano sfruttare le loro conoscenze sul potere della luna per trasformare gli uomini in lupi mannari e condannarli per sempre ad una vita maledetta.
L'unico rimedio per difendersi da questi oscuri attacchi era quello di praticare gli scongiuri. Utilizzando il dialetto calabrese, tali scongiuri erano chiamati carmi, ed erano considerati miracolosi per “carmare” le persone gravemente ammalate, vittima di affascinu da parte delle magare, come era abitudine di credere. I carmi erano veri e propri riti plateali e misteriosi, accompagnati da frasi altrettanto criptiche, frutto di variazioni costanti man mano che esse venivano tramandate di generazione in generazione. E probabilmente non c'era niente di sensato in queste formule verbali, ma così tanta era la suggestione, che anche se non comprese erano considerati ugualmente magiche e curative. Ad accompagnare il rito, molto spesso erano presenti diversi oggettini o simboli ritenuti capaci di scacciare il malocchio, come il sale per terra o l'uso di ripetere per tre volte determinate azioni.
Com'è possibile, allora, che i nostri antenati abbiano dovuto lottare anticamente contro tali forze maligne?
In realtà, il mito delle magare, con le loro abilità di magia nera, non è stato altro che il frutto dell'odio sociale contro il diverso e ancor di più verso le donne, le quali, come la Storia religiosa ci insegna, sono sempre state accostate al demonio.
Ed è proprio in queste società chiuse, tipiche degli antichi villaggi rurali del sud Italia, dove la donna viveva in una condizione vulnerabile e sottomessa, che il mito delle magare ha attecchito con più forza. In questo clima di forte superstizione, paura e tanta ignoranza si faceva presto a demonizzare tutto ciò che non si riusciva pienamente a comprendere. La fantasia e il tempo, poi, avrebbero completato il quadro.
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