sabato 29 febbraio 2020
Il Satiro Danzante
Il Satiro Danzante di Mazara del Vallo è l'emblema della bellezza mediterranea, esempio del patrimonio sommerso recuperato nel Canale di Sicilia. La preziosa statua bronzea, databile sul finire del IV secolo a.C. e attribuibile alla scuola del grande artista Prassitele, è esposta nel Museo di Sant’Egidio, costruito tra gli inizi del 1500 e la fine dello stesso secolo.
La torsione del corpo, l'espressione del volto, la bellezza dei lineamenti: tutto indica il ritrovarsi di fronte a un capolavoro, che si è fatto tirare su dall'acqua dopo più di 2000 anni per riprendere a vivere tra noi.
Secondo la mitologia greca, il Satiro era una figura maschile che personificava la fertilità e le forze della natura. La statua è alta circa 2 metri e pesa 96 kg: il suo ritrovamento risale al 1998.
I riccioli fluttuanti, la bocca socchiusa e l’espressione del viso, data soprattutto dagli occhi in vetro colorato, ancora ben conservati, sono le cose che più affascinano chiunque l’osserva.
La torsione del corpo, l'espressione del volto, la bellezza dei lineamenti: tutto indica il ritrovarsi di fronte a un capolavoro, che si è fatto tirare su dall'acqua dopo più di 2000 anni per riprendere a vivere tra noi.
I riccioli fluttuanti, la bocca socchiusa e l’espressione del viso, data soprattutto dagli occhi in vetro colorato, ancora ben conservati, sono le cose che più affascinano chiunque l’osserva.
giovedì 27 febbraio 2020
la Dea Kali
Kali è forse la Dea più nota del pantheon induista, è la Dea dell'energia femminile attiva e dirompente, dalla potenza inarrestabile, erede dell'antica Dea della morte e della trasformazione.
Fra i suoi nomi abbiamo: Bhairavi – la spaventosa – Chamunda – il killer – Chandi – l’aggressiva – Jari-Mari – La calda-fredda
Kali è innanzitutto una Dea attiva, un femminile che è forza, uno degli aspetti di Shakti, la Dea dell'energia e del mutamento.
E' importatnte sottolineare che nel pensiero religioso e filosofico induista gli archetipi del maschile e del femminile si presentano in modo per molti versi opposto rispetto alla nostra cultura: al maschile e agli Dei maschi appartiene la passività, mentre la funzione attiva, espressiva, appartiene al femminile e alle Dee.
L'India è uno di quei rari luoghi in cui nella nostra epoca la Dea è ancora presente e oggetto di culto: Ella si mostra nell'induismo con volti e figure diverse, pur essendo in qualche modo sempre una, l'antica Dea, Devi(1).
Volti e figure che si intrecciano fra loro, mai statici, spesso mescolati, tanto che chi li studia fatica a trovare, guardando da vicino, i confini tra l'una e l'altra Dea, tanto spesso le forme di una comprendono gli attributi di un'altra e variando da regione a regione si confondono.
Ma non è così che accade, da sempre, per la Dea, cangiante e molteplice, una e inesauribile?
Con il nome Shakti, governa l'energia materiale, attiva, creativa, perennemente in mutamento.
Come Parvati, rappresenta il principio primo che si manifesta nel mondo.
Come Durga, Dea guerriera, ci viene incontro con impeto e potenza.
Con il nome di Lakshmi, porta con sé dolcezza e infinita abbondanza.
Come Radha, è l'amore divino, essenza di ogni relazione, potenza di piacere.
Saraswati, Ella canta il suono creativo della vibrazione eterna.
E ancora si manifesta con mille altri nomi e forme: Sita, Tara, Gayatri, Sati, Uma, Aditi....
E infine Kali, la più nota, come abbiamo detto, la più misteriosa, la più intensa, la più adorata.
Fra i suoi nomi abbiamo: Bhairavi – la spaventosa – Chamunda – il killer – Chandi – l’aggressiva – Jari-Mari – La calda-fredda
Kali è innanzitutto una Dea attiva, un femminile che è forza, uno degli aspetti di Shakti, la Dea dell'energia e del mutamento.
E' importatnte sottolineare che nel pensiero religioso e filosofico induista gli archetipi del maschile e del femminile si presentano in modo per molti versi opposto rispetto alla nostra cultura: al maschile e agli Dei maschi appartiene la passività, mentre la funzione attiva, espressiva, appartiene al femminile e alle Dee.
L'India è uno di quei rari luoghi in cui nella nostra epoca la Dea è ancora presente e oggetto di culto: Ella si mostra nell'induismo con volti e figure diverse, pur essendo in qualche modo sempre una, l'antica Dea, Devi(1).
Volti e figure che si intrecciano fra loro, mai statici, spesso mescolati, tanto che chi li studia fatica a trovare, guardando da vicino, i confini tra l'una e l'altra Dea, tanto spesso le forme di una comprendono gli attributi di un'altra e variando da regione a regione si confondono.
Ma non è così che accade, da sempre, per la Dea, cangiante e molteplice, una e inesauribile?
Con il nome Shakti, governa l'energia materiale, attiva, creativa, perennemente in mutamento.
Come Parvati, rappresenta il principio primo che si manifesta nel mondo.
Come Durga, Dea guerriera, ci viene incontro con impeto e potenza.
Con il nome di Lakshmi, porta con sé dolcezza e infinita abbondanza.
Come Radha, è l'amore divino, essenza di ogni relazione, potenza di piacere.
Saraswati, Ella canta il suono creativo della vibrazione eterna.
E ancora si manifesta con mille altri nomi e forme: Sita, Tara, Gayatri, Sati, Uma, Aditi....
E infine Kali, la più nota, come abbiamo detto, la più misteriosa, la più intensa, la più adorata.
YEMAYA
La Dea africana degli oceani e di tutte le acque
Altri nomi : Yemanja, Yemojá, Yemonja, Yemalla, Yemana, Ymoja, Iamanje, Iemonja, Imanje
Il mito
Yemaya è la Dea Madre per eccellenza degli Yoruba, nei culti correlati afroamericani come il Candomblé e il Vodun, ossia la tradizione afro-caraibica.
E’ la Madre di tutti gli Orisha**, cui dà la vita nel suo cammino di Yembò e Odduà.
Yemaya è colei che crea, è madre della vita, e governa le acque degli oceani, dei mari e dei fiumi che conducono al mare. E poiché si ritiene che la sua vita abbia avuto inizio nel mare, si crede anche che tutta la vita sia iniziata con Yemaya. È la regina del mare; si invoca per protezione (in particolar modo delle donne incinte), purificazione e aiuto in generale, chiedendone la manifestazione nel suo aspetto più materno; un altro aspetto di Yemaja, quello distruttore, è simboleggiato dal mare in tempesta.
Il suo nome è la contrazione di Yey Omo Eja, che significa “madre i cui figli sono i pesci”.
Venerata nell’africa occcidentale dagli Yoruba come Ymoja, è principalmente madre del fiume Ogùn e si dice che ogni volta che Lei si gira nel sonno, dia origine a una nuova sorgente, che poi si tramuta in fiume ovunque Lei cammini.
La storia narra di come Lei diede la vita a ben 14 degli Orisha.
Si dice che fu rapita e violentata dal suo stesso figlio, che in seguito a ciò Lei maledì, causandone la morte. Tuttavia Lei stessa scelse di morire e si recò sul picco di un monte.
Ma qui Le si ruppero le acque e si riversarono copiosamente sulla terra. E proprio dalle sue acque uterine nacque l’oceano mentre dal suo ventre uscirono i 14 Orisha, o divinità Yoruba. E' stata moglie di Babalù Ayé, di Agallù, di Orula e di Oggùn.
Viene associata all’orisha Olokin, poiché mentre Lei governa la superficie degli oceani, dove si concentra la vita, Olokin (descritto come maschio, femmina o ermafrodita) rappresenta le profondità dell’oceano e dell’incoscio e insieme formano un equilibrio.
E’ anche sorella e moglie di Aganju, dio della terra, e madre di Oya, Dea dei venti, di cui però è più importante, poiché l’aria a sua volta si forma dagli oceani e dai mari.
Yemayà è una Dea molto amorevole e compassionevole e da Lei nasce l'amore che insegna a tutti gli Orisha. E’ materna e molto protettiva e tiene profondamente a tutti i suoi figli, che conforta e allevia dalla tristezza e dal dolore.
Nondimeno Le piace cacciare e maneggiare il machete.
E’ indomabile e astuta e se si arrabbia può diventare tremenda, come la furia del mare.
I suoi castighi sono duri e la sua collera terribile, però agisce sempre con giustizia.
Normalmente comunque è allegra e sanguigna ed ama la buona compagnia.
Chi è consacrato a Lei non può pronunciarne il nome prima di aver toccato terra con i polpastrelli delle dita e baciato in loro l'impronta della polvere.
Yemaya è principalmente Dea di fertilità e le donne La invocano sia quando devono dare alla luce i loro figli che quando desiderano ottenere una gravidanza, poiché si dice che questa generosa Dea aiuti le donne che hanno difficoltà a concepire donando loro il dono della fertilità.
Essendo una Dea del mare, viene spesso rappresentata come una bella donna che indossa una lunga veste a sette veli con serpentine nei colori blu e bianchi, come le spumeggianti onde del mare. In mano generalmente tiene un ventaglio in oro e madreperla, adornato con perline e conchiglie e indossa una splendida collana di cristalli azzurri come il mare.
Le conchiglie Le sono sacre e i suoi luoghi di venerazione sono la riva del mare o dei grandi fiumi che vanno verso il mare.
Tra i suoi attributi ci sono la luna e il sole, l'ancora, i salvagente, le scialuppe e oggetti lavorati in argento, acciaio, latta e piombo che richiamano il mare. Il suo simbolo è una stella a sei punte, una conchiglia aperta e la luna. C'è un'apposita campanella per salutarla e per attirare la sua attenzione. I suoi colori sono il bianco e l’azzurro i suoi fiori sono i fiori acquatici e la violetta, le fragranze la verbena, il lillà, il frangipani, il sandalo e la rosa canina, e i suoi animali sono le creature del mare, ed i pavoni, con le loro iridiscenze blu e verdi, e l’oca. Il suo numero è il sette, come sette sono i mari e il suo giorno il sabato.
Le sue pietre sono l’acquamarina, il lapislazzuli, e tutti i cristalli del colore del mare, oltre alle perle, i coralli e la pietra di luna e tutti i cristalli dell’elemento acqua. Pare inoltre che ami i meloni e le angurie.
Yemaya si annuncia danzando con una risata fragorosa e poi gira come le onde o i mulinelli dell'oceano. A volte rema, mentre altre volte sembra che nuoti, ma sempre inizia piano piano per aumentare l'intensità del ritmo proprio come le onde che da dolci si fanno minacciose.
Protegge le persone che hanno problemi al ventre, soprattutto se derivati dall'acqua (dolce, salata, pioggia, umidità, ecc.).
La storia
Quando la gente Yoruba fu resa schiava, la loro Dea venne con loro, sostenendone la vita anche nei tempi più bui, nel nuovo mondo.
E così divenne Yemaya, la madre dell’oceano, perché fu così che la sua gente per la prima volta venne in contattto con l’oceano.
Però nel nuovo mondo, nella condizione di schiavi, non era permesso praticare la propria religione, e così la gente Yoruba iniziò a mescolare le proprie divinità con quelle cattoliche creando di conseguenza un numero di nuove culture religiose (la santeria* a cuba, il voudu ad haiti, la macumba in brasile e il condomblè a bahia). Tuttavia Yemayà rimane la più potente divinità venerata da tutte queste genti, che Lei protegge contro ogni male, insegnando loro l’arte della “retribuzione mistica”, di cui è maestra, insieme con Oshun e Oya (guardiana del fiume Niger).
Con Changò e Ochun è la più amata dai cubani, e viene rappresentata quale “Regina della Regola”, patrona della Baia di Havana. Nel Woodu haitiano è venerata come Dea della luna e si crede protegga le madri e I suoi figli. Viene associata agli spiriti mermaid di Lasirenn ( e si crede che lei stessa sia una forma di Erzulie) che dona seduzione e ricchezza, e Lebalenn, sua sorella la balena.
Nel condomblè brasiliano, dove è conosciuta come Yemanja o Imanje, è la madre che porta I pesci ai pescatori e la luna crescente è il suo simbolo.
Come Yemaya Afodo, sempre in Brasile, protegge le navi che viaggiano per mare.
In alcune parti del Brasile viene onorata quale Dea degli oceani e festeggiata nel solstizio d’estate, mentre nel nord-est del paese il suo festival è il 2 febbraio (giorno dedicato anche a sua figlia Oya, oltre ad essere il giorno di celebrazione della celtica Bride), e ci si riferisce a lei come “nostra signora dell’immacolata concezione”. Le folle si riuniscono sulle spiagge di Bahia per celebrare Candelora, una cerimonia dove si offrono saponi, profumi e gioielli gettandoli in mare per Lei. Lettere di richieste alla Dea vengono inoltre gettate in mare e la gente aspetta di vedere se le loro richieste sono accettate o rimandate a loro con le onde.
Si crede che la Dea lavi ogni pena dai suoi seguaci attraverso le sue acque, le acque del ventre, della creazione e dei sogni.
I suoi diversi cammini
Yemayà Asseu
In questo suo aspetto Lei vive nelle acque sporche ed inquinate e accetta offerte per i morti, ma è piuttosto lenta nel rispondere alle richieste dei suoi figli.
Yemayà Oquette
E’ l’aspetto violento della Dea, che è qui distruttiva. La madre che dà alla luce i suoi figli ma che può anche distruggerli, come Kalì dell’induismo.
Yemaya Awoyo
E’ la sua forma più antica. E’ saggia, onorabile, amorevole ed anche molto ricca. Indossa un arcobaleno (ochumare) come corona sul suo capo ed è anche una potente guerriera.
Yemaya Maualewo
E’ una strega potente che lavora con Oggun. Vive nelle lagune intorno alle quali ci sono solo boschi. Vive in solitudine e ama la pace dei boschi.
Yemaya Achabba
Sposa di Oggun che conta sul suo saggio consiglio. Questo è l’aspetto serio e saggio della Dea che detta legge quando necessario e può essere anche molto dura. Le sue sentenze magiche sono molto potenti ed ascolta i suoi devoti dando loro le spalle.
Yemaya Acuaro
In questa forma il fiume (Oshun) incontra il mare (Yemayà) e quindi qui le due Dee sono molto vicine, sono sorelle che danzano e passano il tempo insieme gioiosamente. Sono potenti guaritrici e possono annullare gli incantesimi negativi, ma qui Yemayà non si occupa di magia.
Yemay_ Okuti
In questa sua forma la Dea ha forti poteri magici ed è la regina di tutte le streghe cui invia i suoi messaggi per i suoi figli. Possiede la barriera corallina e le madriperle. Quando danza porta un serpente avvolto al suo braccio, che suggerisce la sua saggezza e sensualità. Ha un brutto carattere, duro e vendicativo e non conviene contrariarla. Fiera guerriera, combatte al fianco di Oggun e in tempo di battaglia porta con sé le armi e gli attrezzi tenendoli al petto. E’ anche vicina a Oshùn e la sua casa sono le rocce vicino all costa su cui si infrangono le acque, ma La si può trovare anche nei laghi fiumi e foreste.
Yemayà Olokun
Dea dei sogni, La si può trovare nel fondo degli oceani, con la Sua grande saggezza ma anche la sua natura piuttosto violenta. In questa sua forma può essere molto preponderante.
Altri nomi : Yemanja, Yemojá, Yemonja, Yemalla, Yemana, Ymoja, Iamanje, Iemonja, Imanje
Il mito
Yemaya è la Dea Madre per eccellenza degli Yoruba, nei culti correlati afroamericani come il Candomblé e il Vodun, ossia la tradizione afro-caraibica.
E’ la Madre di tutti gli Orisha**, cui dà la vita nel suo cammino di Yembò e Odduà.
Yemaya è colei che crea, è madre della vita, e governa le acque degli oceani, dei mari e dei fiumi che conducono al mare. E poiché si ritiene che la sua vita abbia avuto inizio nel mare, si crede anche che tutta la vita sia iniziata con Yemaya. È la regina del mare; si invoca per protezione (in particolar modo delle donne incinte), purificazione e aiuto in generale, chiedendone la manifestazione nel suo aspetto più materno; un altro aspetto di Yemaja, quello distruttore, è simboleggiato dal mare in tempesta.
Il suo nome è la contrazione di Yey Omo Eja, che significa “madre i cui figli sono i pesci”.
Venerata nell’africa occcidentale dagli Yoruba come Ymoja, è principalmente madre del fiume Ogùn e si dice che ogni volta che Lei si gira nel sonno, dia origine a una nuova sorgente, che poi si tramuta in fiume ovunque Lei cammini.
La storia narra di come Lei diede la vita a ben 14 degli Orisha.
Si dice che fu rapita e violentata dal suo stesso figlio, che in seguito a ciò Lei maledì, causandone la morte. Tuttavia Lei stessa scelse di morire e si recò sul picco di un monte.
Ma qui Le si ruppero le acque e si riversarono copiosamente sulla terra. E proprio dalle sue acque uterine nacque l’oceano mentre dal suo ventre uscirono i 14 Orisha, o divinità Yoruba. E' stata moglie di Babalù Ayé, di Agallù, di Orula e di Oggùn.
Viene associata all’orisha Olokin, poiché mentre Lei governa la superficie degli oceani, dove si concentra la vita, Olokin (descritto come maschio, femmina o ermafrodita) rappresenta le profondità dell’oceano e dell’incoscio e insieme formano un equilibrio.
E’ anche sorella e moglie di Aganju, dio della terra, e madre di Oya, Dea dei venti, di cui però è più importante, poiché l’aria a sua volta si forma dagli oceani e dai mari.
Yemayà è una Dea molto amorevole e compassionevole e da Lei nasce l'amore che insegna a tutti gli Orisha. E’ materna e molto protettiva e tiene profondamente a tutti i suoi figli, che conforta e allevia dalla tristezza e dal dolore.
Nondimeno Le piace cacciare e maneggiare il machete.
E’ indomabile e astuta e se si arrabbia può diventare tremenda, come la furia del mare.
I suoi castighi sono duri e la sua collera terribile, però agisce sempre con giustizia.
Normalmente comunque è allegra e sanguigna ed ama la buona compagnia.
Chi è consacrato a Lei non può pronunciarne il nome prima di aver toccato terra con i polpastrelli delle dita e baciato in loro l'impronta della polvere.
Yemaya è principalmente Dea di fertilità e le donne La invocano sia quando devono dare alla luce i loro figli che quando desiderano ottenere una gravidanza, poiché si dice che questa generosa Dea aiuti le donne che hanno difficoltà a concepire donando loro il dono della fertilità.
Essendo una Dea del mare, viene spesso rappresentata come una bella donna che indossa una lunga veste a sette veli con serpentine nei colori blu e bianchi, come le spumeggianti onde del mare. In mano generalmente tiene un ventaglio in oro e madreperla, adornato con perline e conchiglie e indossa una splendida collana di cristalli azzurri come il mare.
Le conchiglie Le sono sacre e i suoi luoghi di venerazione sono la riva del mare o dei grandi fiumi che vanno verso il mare.
Tra i suoi attributi ci sono la luna e il sole, l'ancora, i salvagente, le scialuppe e oggetti lavorati in argento, acciaio, latta e piombo che richiamano il mare. Il suo simbolo è una stella a sei punte, una conchiglia aperta e la luna. C'è un'apposita campanella per salutarla e per attirare la sua attenzione. I suoi colori sono il bianco e l’azzurro i suoi fiori sono i fiori acquatici e la violetta, le fragranze la verbena, il lillà, il frangipani, il sandalo e la rosa canina, e i suoi animali sono le creature del mare, ed i pavoni, con le loro iridiscenze blu e verdi, e l’oca. Il suo numero è il sette, come sette sono i mari e il suo giorno il sabato.
Le sue pietre sono l’acquamarina, il lapislazzuli, e tutti i cristalli del colore del mare, oltre alle perle, i coralli e la pietra di luna e tutti i cristalli dell’elemento acqua. Pare inoltre che ami i meloni e le angurie.
Yemaya si annuncia danzando con una risata fragorosa e poi gira come le onde o i mulinelli dell'oceano. A volte rema, mentre altre volte sembra che nuoti, ma sempre inizia piano piano per aumentare l'intensità del ritmo proprio come le onde che da dolci si fanno minacciose.
Protegge le persone che hanno problemi al ventre, soprattutto se derivati dall'acqua (dolce, salata, pioggia, umidità, ecc.).
La storia
Quando la gente Yoruba fu resa schiava, la loro Dea venne con loro, sostenendone la vita anche nei tempi più bui, nel nuovo mondo.
E così divenne Yemaya, la madre dell’oceano, perché fu così che la sua gente per la prima volta venne in contattto con l’oceano.
Però nel nuovo mondo, nella condizione di schiavi, non era permesso praticare la propria religione, e così la gente Yoruba iniziò a mescolare le proprie divinità con quelle cattoliche creando di conseguenza un numero di nuove culture religiose (la santeria* a cuba, il voudu ad haiti, la macumba in brasile e il condomblè a bahia). Tuttavia Yemayà rimane la più potente divinità venerata da tutte queste genti, che Lei protegge contro ogni male, insegnando loro l’arte della “retribuzione mistica”, di cui è maestra, insieme con Oshun e Oya (guardiana del fiume Niger).
Con Changò e Ochun è la più amata dai cubani, e viene rappresentata quale “Regina della Regola”, patrona della Baia di Havana. Nel Woodu haitiano è venerata come Dea della luna e si crede protegga le madri e I suoi figli. Viene associata agli spiriti mermaid di Lasirenn ( e si crede che lei stessa sia una forma di Erzulie) che dona seduzione e ricchezza, e Lebalenn, sua sorella la balena.
Nel condomblè brasiliano, dove è conosciuta come Yemanja o Imanje, è la madre che porta I pesci ai pescatori e la luna crescente è il suo simbolo.
Come Yemaya Afodo, sempre in Brasile, protegge le navi che viaggiano per mare.
In alcune parti del Brasile viene onorata quale Dea degli oceani e festeggiata nel solstizio d’estate, mentre nel nord-est del paese il suo festival è il 2 febbraio (giorno dedicato anche a sua figlia Oya, oltre ad essere il giorno di celebrazione della celtica Bride), e ci si riferisce a lei come “nostra signora dell’immacolata concezione”. Le folle si riuniscono sulle spiagge di Bahia per celebrare Candelora, una cerimonia dove si offrono saponi, profumi e gioielli gettandoli in mare per Lei. Lettere di richieste alla Dea vengono inoltre gettate in mare e la gente aspetta di vedere se le loro richieste sono accettate o rimandate a loro con le onde.
Si crede che la Dea lavi ogni pena dai suoi seguaci attraverso le sue acque, le acque del ventre, della creazione e dei sogni.
I suoi diversi cammini
Yemayà Asseu
In questo suo aspetto Lei vive nelle acque sporche ed inquinate e accetta offerte per i morti, ma è piuttosto lenta nel rispondere alle richieste dei suoi figli.
Yemayà Oquette
E’ l’aspetto violento della Dea, che è qui distruttiva. La madre che dà alla luce i suoi figli ma che può anche distruggerli, come Kalì dell’induismo.
Yemaya Awoyo
E’ la sua forma più antica. E’ saggia, onorabile, amorevole ed anche molto ricca. Indossa un arcobaleno (ochumare) come corona sul suo capo ed è anche una potente guerriera.
Yemaya Maualewo
E’ una strega potente che lavora con Oggun. Vive nelle lagune intorno alle quali ci sono solo boschi. Vive in solitudine e ama la pace dei boschi.
Yemaya Achabba
Sposa di Oggun che conta sul suo saggio consiglio. Questo è l’aspetto serio e saggio della Dea che detta legge quando necessario e può essere anche molto dura. Le sue sentenze magiche sono molto potenti ed ascolta i suoi devoti dando loro le spalle.
Yemaya Acuaro
In questa forma il fiume (Oshun) incontra il mare (Yemayà) e quindi qui le due Dee sono molto vicine, sono sorelle che danzano e passano il tempo insieme gioiosamente. Sono potenti guaritrici e possono annullare gli incantesimi negativi, ma qui Yemayà non si occupa di magia.
Yemay_ Okuti
In questa sua forma la Dea ha forti poteri magici ed è la regina di tutte le streghe cui invia i suoi messaggi per i suoi figli. Possiede la barriera corallina e le madriperle. Quando danza porta un serpente avvolto al suo braccio, che suggerisce la sua saggezza e sensualità. Ha un brutto carattere, duro e vendicativo e non conviene contrariarla. Fiera guerriera, combatte al fianco di Oggun e in tempo di battaglia porta con sé le armi e gli attrezzi tenendoli al petto. E’ anche vicina a Oshùn e la sua casa sono le rocce vicino all costa su cui si infrangono le acque, ma La si può trovare anche nei laghi fiumi e foreste.
Yemayà Olokun
Dea dei sogni, La si può trovare nel fondo degli oceani, con la Sua grande saggezza ma anche la sua natura piuttosto violenta. In questa sua forma può essere molto preponderante.
Elenco dei Re Sumeri conosciuti
Prima dinastia di Kish
Jushur di Kish: 1.200 anni
Kullassina-bel di Kish: 960 anni
Nangishlishma di Kish: 670 anni
En-Tarah-Ana di Kish: 420 anni
Babum di Kish: 300 anni
Puannum di Kish: 840 anni
Kalibum di Kish: 960 anni
Kalumum di Kish: 840 anni
Zuqaqip di Kish: 900 anni
Atab di Kish: 600 anni
Mashda di Kish: 840 anni
Arwium di Kish: 720 anni
Etana di Kish (3000 a.C. circa), il pastore, che ascese al cielo e consolidò tutte le contrade straniere: 1.500 anni
Balih di Kish: 400 anni
En-Me-Nuna di Kish: 660 anni
Melem-Kish di Kish: 900 anni
Barsal-Nuna di Kish: 1.200 anni
Zamug di Kish: 140 anni
Tizqar di Kish: 305 anni
Ilku di Kish: 900 anni (Il primo re sulla lista di cui l’esistenza storica è stata attestata indipendentemente attraverso ritrovamenti archeologici.)
Iltasadum di Kish: 1.200 anni
En-Men-Barage-Si di Kish (morto verso il 2680 a.C.), che conquistò Elam: 900 anni
Agga di Kish: 625 anni
Quindi Kish fu distrutta e la monarchia fu assunta da E-ana.
Prima dinastia di Uruk
Meskiaggasher di E-ana, figlio di Utu: 324 anni. Mesh-ki-ang-gasher andò in mare e sparì.
Enmerkar (2800 a.C. circa), che edificò Unug: 420 anni
Lugalbanda di Unug, il pastore: 1200 anni
Dumuzi di Unug, il pescatore: 100 anni. Catturò En-Me-Barage-Si di Kish.
Gilgameš, il cui padre fu un "fantasma", signore di Kulaba: 126 anni.
Ur-Nungal di Unug: 30 anni
Udul-Kalama di Unug: 15 anni
La-Ba'shum di Unug: 9 anni
En-Nun-Tarah-Ana di Unug: 8 anni
Mesh-He di Unug: 36 anni
Melem-Ana di Unug: 6 anni
Lugal-Kitun di Unug: 36 anni
Quindi Unug [Uruk] fu sconfitta e la regalità fu assunta da Urim [Ur].
Prima dinastia di Ur[modifica
ca. XXV secolo a.C.
Mesh-Ane-Pada di Urim: 80 anni
Mesh-Ki-Ang-Nanna di Urim: 36 anni
Elulu di Urim: 25 anni
Balulu di Urim: 36 anni
Quindi Urim fu sconfitto e la regalità fu assunta da Awan.
Periodo protodinastico III[modifica
[La I dinastia di Lagash non è menzionata nella lista dei re, sebbene sia ben nota grazie alle iscrizioni].
Awan[modifica | modifica wikitesto]
Tre sovrani di Awan, che governarono per un totale di 356 anni.
Quindi Awan fu sconfitta e la regalità fu assunta da Kish.
Seconda dinastia di Kish[modifica
Susuda di Kish: 201 anni
Dadasig di Kish: 81 anni
Mamagal di Kish, il battelliere: 360 anni
Kalbum di Kish: 195 anni
Tuge di Kish: 360 anni
Men-Nuna di Kish: 180 anni
? di Kish: 290 anni
Lugalngu di Kish: 360 anni
Quindi Kish fu sconfitta e la regalità fu assunta da Hamazi.
Hamazi[modifica | modifica wikitesto]
Hadanish di Hamazi: 360 anni
Quindi Hamazi fu sconfitta e la regalità fu assunta da Unug.
Seconda dinastia di Uruk[modifica | modifica wikitesto]
En-Shakansha-Ana di Unug: 60 anni
Lugal-Ure (or Lugal-Kinishe-Dudu) di Unug: 120 anni
Argandea di Unug: 7 anni
Quindi Unug fu sconfitta e la regalità fu assunta da Urim.
Seconda dinastia di Ur[modifica
Nani di Urim: 120 anni
Mesh-Ki-Ang-Nanna di Urim: 48 anni
? di Urim: 2 anni
Quindi Urim fu sconfitta e la regalità fu assunta da Adab.
Adab[modifica
Lugal-Ane-Mundu di Adab: 90 anni
Quindi Adab fu sconfitta e la regalità fu assunta da Mari.
Mari[modifica
Anbu di Mari: 30 anni
Anba di Mari: 17 anni
Bazi di Mari: 30 anni
Zizi di Mari: 20 anni
Limer di Mari, il sacerdote gudu: 30 anni
Sharrum-Iter di Mari: 9 anni
Quindi Mari fu sconfitta e la regalità fu assunta da Kish.
Terza dinastia di Kish[modifica
Kug-Baba di Kish (2480 a.C. circa), la donna custode della taverna, che rese solide le fondamenta di Kish: 100 anni
(la sola donna nella Lista dei Re)
Quindi Kish fu sconfitta e la regalità fu assunta da Akshak.
Akshak[modifica
Unzi di Akshak: 30 anni
Undalulu di Akshak: 6 anni
Urur di Akshak: 6 anni
Puzur-Nirah di Akshak: 20 anni
Ishu-Il di Akshak: 24 anni
Shu-Sin di Akshak 7 anni
Quindi Akshak fu sconfitta e la regalità fu assunta da Kish.
Quarta dinastia di Kish[modifica
Puzur-Sin di Kish: 25 anni
Ur-Zababa di Kish: 400 (6?) anni
Zimudar di Kish: 30 anni
Ussi-Watar di Kish: 7 anni
Eshtar-Muti di Kish: 11 anni
Ishme-Shamash di Kish: 11 anni
Shu-Ilishu di Kish: 15 anni
Nanniya di Kish, il gioielliere: 7 anni.
Quindi Kish fu sconfitta e la regalità fu assunta da Unug.
Terza dinastia di Uruk[modifica
Lugal-Zage-Si di Unug: 25 anni
(2259 a.C.–2235 a.C.) sconfisse Lagash.
Akkad[modifica | modifica wikitesto]
Sargon (dal 2334 a.C. al 2279 a.C.), il cui padre fu un giardiniere, il coppiere di Ur-Zababa, il re (primo imperatore) di Agade, che costruì Agade: 56 anni
Rimush, il più giovane figlio di Sargon: 9 anni
Manishtushu, il più vecchio figlio di Sargon: 15 anni
Naram-Sin, figlio di Manishtushu: 56 anni
Shar-Kali-Sharri, figlio di Naram-Sin: 25 anni
Quindi chi fu il re? Chi fu il re?
Irgigi, Imi, Nanum, Ilulu: quattro di questi regnarono solo 3 anni
Dudu: 21 anni
Shu-Durul, figlio di Dudu: 15 anni
Quindi Agade fu sconfitta e la regalità fu assunta da Unug.
Quarta dinastia di Uruk[modifica
(Probabilmente governanti della bassa Mesopotamia contemporanei alla dinastia di Akkad)
Ur-Ningin di Unug: 7 anni
Ur-Gigir di Unug: 6 anni
Kuda di Unug: 6 anni
Puzur-Ili di Unug: 5 anni
Ur-Utu (o Lugal-Melem) di Unug: 25 anni
Unug fu sconfitto e la regalità fu assunta dall’esercito dei Gutei.
Periodo dei Gutei[modifica
Nell’esercito dei Gutei, all'inizio non c'era nessun re famoso; avevano i loro propri re e dominarono così per tre anni
Inkishush di Gutium: 6 anni
Zarlagab di Gutium: 6 anni
Shulme (o Yarlagash) di Gutium: 6 anni
Silulumesh (o Silulu) di Gutium: 6 anni
Inimabakesh (o Duga) di Gutium: 5 anni
Igeshaush (o Ilu-An) di Gutium: 6 anni
Yarlagab di Gutium: 3 anni
Ibate di Gutium: 3 anni
Yarla di Gutium: 3 anni
Kurum di Gutium: 1 anno
Apil-Kin di Gutium: 3 anni
La-Erabum di Gutium: 2 anni
Irarum di Gutium: 2 anni
Ibranum di Gutium: 1 anno
Hablum di Gutium: 2 anni
Puzur-Sin di Gutium: 7 anni
Yarlaganda di Gutium: 7 anni
? di Gutium: 7 anni
Tiriga di Gutium: 40 giorni
Uruk[modifica
Utu-kegal di Unug: date contraddittorie (427 anni / 26 anni / 7 anni)
scaccia i Gutei.
Terza dinastia di Ur[modifica
Ur-Nammu di Urim: 18 anni
governo ca. 2065 a.C.–2047 a.C.
Shulgi: 48 anni
governò ca. 2047 a.C.–1999 a.C.
Amar-Sin di Urim: 9 anni
Shu-Sin di Urim: 9 anni
Ibbi-Sin di Urim: 24 anni
Quindi Urim fu sconfitto. La regalità fu assunta da Isin.
Dinastia di Isin[modifica
(Stati amorriti indipendenti nella bassa Mesopotamia. La dinastia si concluse nel 1730 a.C. circa.)
Ishbi-Erra di Isin: 33 anni
Shu-ilishu di Isin: 20 anni
Iddin-Dagan di Isin: 20 anni
Ishme-Dagan di Isin: 20 anni
Lipit-Ishtar di Isin 11 anni
Ur-Ninurta di Isin (il figlio di Ishkur, dovrebbe aver avuto anni di abbondanza, un buon regno e una vita piacevole): 28 anni
Bur-Sin di Isin: 5 anni
Lipit-Enlil di Isin: 5 anni
Erra-Imitti di Isin: 8 anni
Enlil-Bani di Isin: 24 anni (il giardiniere del re, per la celebrazione del Nuovo Anno, era nominato "re per un giorno" quindi sacrificato, il re morì durante la celebrazione. Enlil-Bani rimase sul trono.)
Zambiya di Isin: 3 anni
Iter-Pisha di Isin: 4 anni
Ur-Dul-Kuga di Isin: 4 anni
Suen-magir di Isin: 11 anni
Damiq-ilicu di Isin: 23 anni
L'Età del Ferro o Kali Yuga
Così dall'India alla civiltà greco-romana, si sussegue l'insegnamento tradizionale dell'esistenza di un passato 'ripartito'in quattro Età:
1-Età dell'ORO(Krita Yuga)
2-Età dell'Argento(Treta Yuga)
3-Età del Bronzo(Dwapara Yuga)
4-Età del Ferro (Kali Yuga), quella in cui ci troviamo ora.
In India,simbolicamente,si dice che la somma delle 4 Età è di 12.000 anni e che questa è l'età degli dei! Nelle 'Leggi di Manu' (1,71) viene scritto che Krita dura 4.800 anni, Treta 3.600, Diwapara 2.400, Kali 2.200 (totale 12.000 anni).
La proporzione tra le durate attribuite a ciascuna età è la stessa che vi è tra 4,3,2,1(Leggi di Manu). Questa numerazione potrebbe essere covertibile in anni umani dal momento che viene scritto:"Un anno dei mortali è uguale a un giorno e una notte degli Dei". Esistono complicati quanto affascinanti calcoli che intrecciano il tempo 'simbolico'e gli anni 'umani', per il quale rimando a testi specifici.
Qual'è la finalità dei cicli? L'evoluzione umana. Ogni razza definisce un 'momento'dell'evoluzione umana e in un certo senso la sua età. Ogni ciclo è costellato da cataclismi cosmici,che ne distruggono le sedi geografiche, allorchè le razze che vi abitano hanno terminato il proprio 'ruolo'. Per quattro volte Zeus ha inghiottito la sua creazione e la Bibbia evocando il Diluvio non fa che citare il quarto cataclisma avvenuto dopo l'epoca Atlantidea.I primi tre -secondo G.Georgel-si dovrebbero collocare rispettivamente alla fine dell'epoca iperborea e lemuriana e alla dislocazione del continente di Gondwana. Nessuna razza è superiore alle altre ma ognuna si sviluppa secondo un nuovo aspetto della struttura antropologica. M.Heindel definisce una corrispondenza tra un'epoca polare e la comparsa del corpo fisico in forma rudimentale; nell'epoca iperborea la creazione di un corpo vitale; in quella lemurica la creazione di un corpo del desiderio,nell'epoca atlantidea l'intelletto e nell'epoca ariana il pensiero e la ragione. La filosofia esoterica della storia è ciclica, ma il ciclo-ci dice Mirabail-ha la sua dinamica nell'ellisse; a ogni ritorno al punto di origine,vi è un cambiamento di livello, una modificazione dell'uomo. Potremmo chiudere questo sommario percorso con una citazione di Renè Guenon:"La civiltà moderna appare nella storia come una vera e propria anomalia:fra tutte quelle che conosciamo, essa è la sola che si sia sviluppata in senso puramente materiale, la sola altresì che non si fondi su alcun principio di ordine superiore. Tale sviluppo materiale che prosegue oramai da diversi secoli, è stato accompagnato da un regresso intellettuale che esso è del tutto incapace di compensare".("Simboli della Scienza Sacra"-Ed.Adelphi)
Le Madonne nere
Ci sono circa 500 immagini della vergine nera in varie chiese in Europa. Fra le più note ci sono quelle nella cattedrale di Chartres in Francia, della Polonia in Czestochowa, della Svizzera a Einsiedeln, vicino a Zurigo, il Muttergottes (“madre del dio”) in Altötting, vicino a München, in Baviera, e quello in Loreto, Italia. Questi santuari della Madonna nera sono fra i posti più visitati nella cristianità.
Anche godendo del riconoscimento popolare, le immagini della Madonna nera sono una fonte di un certo imbarazzo per la chiesa cattolica. Solitamente, le guide turistiche non fanno riferimento al colore; o quando provano a spiegarlo si va dai riferimenti dell’effetto d’annerimento nei secoli del fumo dalle candele e dei bruciatori di incenso. Occasionalmente, ci sono riferimenti al cantico dell’antico testamento di Salomone, in cui la regina di Saba, canta: “sono nera, ma sono bella.”
La vergine nera è stata identificata con parecchie delle dee delle culture pre-patriarcali antiche: Cibele del Medio Oriente mediterraneo, Inanna sumerica, Anath siriana, Lilith ebraica, Kali indiana, Diana e delle dee egiziane Neith e naturalmente Isis. Nelle culture d’adorazione della vecchia Europa e del Mediterraneo pre-patriarcale , il nero era il colore di fertilità e dell’abbondanza, come il terreno nero ricco del Nilo e di altre valli del fiume. Il bianco d’altra parte era il colore simbolico della morte e le immagini della dea associata alla morte sono state intagliate in osso o marmo. Tuttavia, per il pastori nomadi Indo-Ariani, che hanno invaso l’Europa dal quarto millennio a.c., il bianco, l’oro ed il colore giallo erano i colori della vita del sole-dio; e nero era il colore degli dei sotterranei di morte come Ade ed Ecate.
Con l’avvento della religione patriarcale del dio e, in seguito, delle tradizioni monoteistiche dei giudeo-Cristiani, la religione degli dei della natura del mondo arcaico sono state soppresse, desacralizzate e demonizzate. Il rituale sacro connesso con il culto di Inanna e di Ishtar è stato condannato come prostituzione. Lilith, che rappresentava l’autonomia sessuale femminile, la protezione del parto e dei bambini, è stata trasformata in un demone distruttivo che rubava i bambini. I preti e i teologi maschi hanno avuto buon gioco ad insistere sulle funzioni terrificanti del culto della dea, portando ad esempio i culti di Cibele, in cui i sacerdoti offrivano i loro genitali in sacrificio alla dea. Diana è diventata la dea delle streghe. È stata associata con la cristianità esoterica a partire dal dodicesimo secolo ad opera dei Templari. Tutti coloro che hanno provato a sanare la spaccatura dissociativa fra natura-eros e lo spiritualità ascetica sono stati distrutti dalla chiesa di Roma.
S’è salvata soltanto l’immagine del Madonna e del bambino nero, in sè basato sulle immagini egiziane di Isis con il bambino Horus, superstiti della distruzione misogina dei cristiani. Il culto di Isis era la religione dominante del Mediterraneo durante i periodi tardo romani ed era arrivato anche nelle terre occupate dai romani , compresa la Gallia. La città di Parigi è stata dedicata a Isis, poichè Lione era dedicata a Cibele, e Marsiglia a Artemis.
Come altre dee nere, Isis è la dea della terra, della vita e della morte. Nell’asino dorato di Apuleius, Isis parla:
“sono la natura, la madre universale, il mistero di tutti gli elementi, bambino primordiale, sovrana di tutte le cose spirituali , la regina dei morti, regina degli immortali, la singola manifestazione di tutti i dei e tutte le dee. Io sono.”
Il testo continua affermando che è identica a Cibele, Artemis, Aphrodite, Persephone, Demeter, Juno e Hecate. La dea nera della terra, compresa la Madonna nera, è stata tradizionalmente sempre invocata durante i processi naturali della vita: aiutare l’ammalato, facilitare i dolori del parto, portare la fertilità, confortare e guidare l’uomo nella morte. Ha sempre rappresentato la persistenza della Dea durante il periodo di predominanza dei culti patriarcali del dio maschio e rappresenta il bisogno di femmineo dell’animo umano, la dualità insita in ogni cosa, bene-male, notte-giorno, maschio-femmina, yang-yin. Anche il testo sacro del cristianesimo, ribadisce il concetto “dell’UNO” attraverso l’unione dei due opposti maschio e femmina, che nell’unione raggiungono la perfezione.
mercoledì 26 febbraio 2020
Risveglio della ghiandola pineale
Ripulire la Ghiandola Pineale è molto utile per coloro che desiderano sviluppare le loro percezioni. La ghiandola pineale risvegliata porta alla capacità di poter esplorare dimensioni sottili, ma in molta gente è in buona parte atrofizzata.
Avere un terzo occhio aperto non vuol dire semplicemente coscienza e consapevolezza del mondo in cui viviamo, una pineale attiva, corrisponde anche ad uno stato di salute maggiore e ad una miglior sinergia con il proprio corpo e con l’ambiente circostante.
Il concentrarsi alla propria crescita personale, del se, piuttosto che al fuori, corrisponde al riattivare il terzo occhio, l’organo collegato direttamente con il macrocosmo, con Dio, questa ghiandola conosciuta anche come occhio divino, è quella parte del corpo che viene risvegliata negli stati meditativi.
La ghiandola pineale è stata sempre un elemento importante nelle varie culture, ad esempio lo scettro di Osiris, costituito da una ghiandola pineale e da due serpenti incrociati (il DNA nella foto qui sotto) che raggiungono la ghiandola, passando attraverso la spina dorsale.
Qui a destra Shiva, Dea della distruzione, viene rappresentata con il cranio a protuberanza, e serpenti attorno, nelle rappresentazioni indiane il terzo occhio è enfatizzato anche dal disegno nella fronte.
La Ghiandola pineale produce ciò che è comunemente conosciuto come DMT, (dimetiltriptamina) sostanza che produce un profondo stato di dilatazione temporale, viaggi in luoghi extradimensionali.
Ai giorni nostri il terzo occhio viene atrofizzato prevalentemente a causa dell’alimentazione come: bibite gassate, acqua fluorizzata, zuccheri raffinati.
La ghiandola si attiva di notte o quando è buio induce il sonno ed i sogni, da qui viene l’importanza del dormire, chi vuole riattivare il proprio terzo occhio deve cercare di dormire a sufficenza, volendo, si può integrare a tale attività della sana meditazione.
La ghiandola pineale, epifisi in gergo medico-scientifico, produce la melatonina, un ormone prodigioso le cui caratteristiche sono state scoperte solo di recente.
La melatonina viene secreta ed elaborata nel periodo notturno, durante il quale la ghiandola raggiunge il massimo della sua attività di notte, dove la conoscenza intuitiva e le facoltà più sottili emergono.
la melatonina esalta e rafforza il complesso del sistema immunitario del corpo, accresce la produzione di energia fisica alzando il livello di sopportazione della fatica, regola la temperatura interna contribuendo a un’ottimale gestione del sistema cardiovascolare ed è per eccellenza la sostanza antiossidante del corpo, con effetti evidenti sui meccanismi anti-invecchiamento e sulla mente, sviluppando facoltà latenti.
Questa percezione tridimensionale trascende l’ego e guarisce rapidamente le nostre sofferenze, i conflitti.
Qui ci sono alcuni principi fondamentali per la disintossicazione della ghiandola pineale.
1) Il Mercurio: questo è davvero un veleno per la ghiandola pineale, come quello contenute in molte otturazioni dentali dove alcuni dentisti, le hanno rimosse su richiesta dei pazienti stessi, una vera tossina per la pineale. Come anche tutti i vaccini contaminati da mercurio come il Thimersal (un conservante per vaccini), ed è molto difficile da espellere dal cervello una volta che vi circola dentro.
Sarebbe bene evitare di mangiare pesce, e pesci da fondo come i gamberetti, tonno e carne di delfino, che è particolarmente contaminata da il mercurio. Più grande è il pesce più alta è la concentrazione di mercurio nel suo tessuto corporeo.
Le lampadine Eco, se si rompono il vapore di mercurio viene rilasciato nella stanza e può essere inalato, evitare a tutti i costi di rompere il vetro di coperta.
Il mercurio può essere rimosso dal corpo con l’uso quotidiano di clorella, erba di grano e spirulina. Il Cilantro è un’erba che presa ogni giorno può contribuire a rimuovere il mercurio dal tessuto cerebrale.
2) fluoro–nei dentifrici e l’acqua di rubinetto, altro veleno pesante, evitate a tutti i costi. Il tessuto pineale calcifica e la ghiandola si chiude sostanzialmente verso il basso.
3) alimenti biologici-alcuni pesticidi sono tossine per la pineale. Gli alimenti biologici sani, supportano la disintossicazione della pineale. La carne non è utile anche se per alcune persone sembra non essere un problema, ma la densità e la potenziale tossicità della carne rende il lavoro meno facile.
4) alcool e fumo- Naturalmente sarebbe meglio evitarli poiché non sono necessari, ma ha a che vedere più con legami emotivi sul loro utilizzo.
5)Altre tossine-Se qualcosa è tossico non mettetelo nel vostro corpo. Se non ne capite il nome, probabilmente fa male. Evitate prodotti dove ci sono tossine come, dolcificanti artificiali (aspartame K), zucchero raffinato, la felanina, i numeri che iniziano con E 1, deodoranti, prodotti chimici per la pulizia, colluttori dentali e deodoranti.
6)cioccolato crudo, vegano, biologico-Il cacao crudo è uno stimolante della ghiandola pineale, disintossicante a dosi elevate, a causa del elevato contenuto di antiossidanti.
Osservare queste sei fasi per un anno, determinerà certamente un risveglio pineale, la fase 6 è facoltativa ma molto utile.
Fonte web
martedì 25 febbraio 2020
2001 Odissea nello Spazio
"2001 - Odissea nello Spazio" è uno dei film più enigmatici della storia del cinema, ed è entrato nel subconscio di molti di noi.
La scena dello scollegamento del super computer HAL è veramente indimenticabile.
Kubrik, grande conoscitore del simbolismo massone, esprime l'idea che un'intelligenza sovrumana sia intervenuta nell'evoluzione dell'umanità, e la rappresenta come un monolite nero, la stessa figura del cubo nero della Mecca, cioè Saturno, il pianeta dell'eclisse.
Kubrik, grande conoscitore del simbolismo massone, esprime l'idea che un'intelligenza sovrumana sia intervenuta nell'evoluzione dell'umanità, e la rappresenta come un monolite nero, la stessa figura del cubo nero della Mecca, cioè Saturno, il pianeta dell'eclisse.
Poi, il film comprende diverse immagini di eclissi perché non ci possa essere nessun dubbio sul significato.
Altri dettagli significativi come il monolite che appare sempre insieme a diverse congiunzioni planetarie o che la capsula degli astronauti usa un guscio di baco per viaggiare, sono ridondanti per spiegare come quegli Anunnaki arrivarono e se ne andarono dalla Terra. Nella prima parte del film "l'alba dell'uomo", Kubrik ci dà ancora più piste da seguire.
Una delle scimmie che sta adorando il monolite, inizia a usare degli ossi come strumenti, mentre si diffonde la musica che per sempre è legata al film "Così parlò Zaratustra" di Richard Strauss.
Zaratustra, conosciuto anche come Zoroastro, è il profeta persiano fondatore dello Zoroastrismo (Mazdeismo), una delle prime religioni monoteiste basata sul culto di una divinità suprema chiamata Aura Mazda in costante dialettica tra il bene e il male.
Questa religione nacque nel X secolo a.C., nell'odierno Iran, l'antica Sumeria e Babilonia culla di Saturno e dei suoi colleghi pagani.
E' stata l'origine dello Yazidismo che si pratica in Kurdistan (con importante collegamento con le guerre di Irak e Siria e anche del Mitraismo, religione che professano in segreto i Gesuiti e del Catarismo l'eresia del Sud della Francia che mise in scacco il cattolicesimo nel secolo XII. Come abbiamo visto, la scimmia che scopre che l'osso può essere uno strumento è la spiegazione di come gli Annunaki - il monolite - offrirono all'essere umano la tecnologia che gli permise un gran salto evolutivo.
Quando la scimmia aumenta la sua aggressività e lo trasforma in un arma ( come intercalare si vede la morte di un altro animale) è la rappresentazione di un'altra grande eredità che abbiamo ricevuto da quella "intelligenza" oscura che si chiama 'OO - Origine dell'Oscurità' sul pianeta.
Sto parlando della guerra, il peggior regalo che qualcuno possa ricevere.
La storia continua con la scoperta sulla Luna del monolite che una volta dissotterrato inizia a emettere un segnale in direzione di Giove.
La storia continua con la scoperta sulla Luna del monolite che una volta dissotterrato inizia a emettere un segnale in direzione di Giove.
E' importante sapere che nel libro sul quale si basa il film ("La Sentinella" di Arthur C. Clarke), la missione è in realtà su Japeto una delle lune di Saturno, ma fu cambiato in Giove nei film di Kubrick per la difficoltà di riprodurre i suoi anelli.
FOLI - Non c'è movimento senza ritmo
La vita ha un ritmo, è in costante movimento.
La parola per il ritmo (usata dalle tribù Malinke) è FOLI.
È una parola che racchiude molto più della batteria, della danza o del suono. Si trova in ogni parte della vita quotidiana.
In questo film non solo ascolti e senti il ritmo ma lo vedi.
È una straordinaria miscela di immagini e suoni che nutre i sensi e ci ricorda quanto tutto sia essenziale.
Gustavo Rol
"Ho scoperto una tremenda legge che lega il colore verde, la quinta musicale ed il calore.
Ho perduto la gioia di vivere.
La potenza mi fa paura.
Non scriverò più nulla." Gustavo Rol
Gustavo Rol comprese che l’uomo può divenire la “porta” che mette in comunicazione il mondo della materia e dello spirito.
Attraverso i suoi studi, i suoi talenti e la pratica aveva appreso come farsi porta ed espressione dello spirito nel mondo materiale.
Per fare questo utilizzava sollecitare i tre canali percettivi più comunemente usati: visivo, uditivo e cinestesico per “accordare” il proprio corpo con la psiche in una precisa vibrazione.
Il verde – visivo
Il verde è il colore a metà dello spettro visivo percepibile dall’occhio umano.
Qualsiasi corpo (materia) ha una sua vibrazione misurabile con le onde elettromagnetiche, quando un corpo è colpito dalla luce essa riflette la sua vibrazione (onde elettromagnetiche) generando il colore del corpo stesso.
L’essere umano percepisce i differenti tipi di colore perché il senso della vista è in grado di leggere le diverse vibrazioni emesse dai corpi che attraversano la luce.
La visualizzazione nelle pratiche di meditazione è molto diffusa.
Se l’uomo in uno stato di calma, visualizza un limone tagliato a spicchi, scopre che l’acquolina in bocca cresce con molta velocità, poiché il corpo risponde agli stimoli della mente e della realtà in egual misura perché non in grado di distinguerne la differenza.
Immaginando il colore verde Gustavo Rol “carica” la psiche della vibrazione generata dalle frequenze del colore verde che producenedo un collegamento tra la materia e lo spirito.
Utilizzando lo schema dei chakra, il colore verde rappresenta proprio il chakra del cuore, il quale fa da ponte tra i tre chakra inferiori legati agli istinti e alla materia, e a quelli superiori legati allo spirito e ai piani sottili.
La quinta nota musicale – uditivo
L’intervallo di quinta giusta è l’intervallo esistente tra due note distanti tra loro sette semitoni, ovvero tre toni e un semitono.
Per esempio, la quinta giusta del Do è il Sol. (Definizione di Wikipedia)
Anche in questo caso Rol utilizza l‘intervallo di quinta per richiamare in sé stesso quella precisa vibrazione, poiché due note suonate assieme a questa distanza nella scala musicale creano una consonanza perfetta.
Attraverso il canale uditivo e l’immaginazione riusciva ad accordare la psiche e il corpo nella stessa vibrazione emanata dall’equilibrio delle note riprodotte da uno strumento.
Il calore-cinestesico
Le vibrazioni prodotte dall’immaginazione del colore verde e dall’intervallo di quinta portano a sviluppare un calore sul corpo prodotto dalla psiche.
E’ il calore, generato dall’effetto “diapason” della psiche sul copo, che “accordati” perfettamente a metà tra la materia e lo spirito creano una porta comunicante tra di essi.
Aumentare il calore rende malleabile la materia e quindi modificabile
Il calore sviluppato all’interno del corpo, generato dalla concentrazione mentale
di determinate frequenze come quella del colore verde e della quinta musicale,
portano a Rol ad aprire le porte dei mondi sottili, ovvero di entrare nelle dimensioni invisibile che coesistono all’interno della realtà tridimensionale del mondo materiale.
"Sono cosciente di non possedere ciò che dono. Nei miei esperimenti è la psiche a far da grondaia allo spirito” Gustavo Rol
Ho perduto la gioia di vivere.
La potenza mi fa paura.
Non scriverò più nulla." Gustavo Rol
Gustavo Rol comprese che l’uomo può divenire la “porta” che mette in comunicazione il mondo della materia e dello spirito.
Attraverso i suoi studi, i suoi talenti e la pratica aveva appreso come farsi porta ed espressione dello spirito nel mondo materiale.
Per fare questo utilizzava sollecitare i tre canali percettivi più comunemente usati: visivo, uditivo e cinestesico per “accordare” il proprio corpo con la psiche in una precisa vibrazione.
Il verde – visivo
Il verde è il colore a metà dello spettro visivo percepibile dall’occhio umano.
Qualsiasi corpo (materia) ha una sua vibrazione misurabile con le onde elettromagnetiche, quando un corpo è colpito dalla luce essa riflette la sua vibrazione (onde elettromagnetiche) generando il colore del corpo stesso.
L’essere umano percepisce i differenti tipi di colore perché il senso della vista è in grado di leggere le diverse vibrazioni emesse dai corpi che attraversano la luce.
La visualizzazione nelle pratiche di meditazione è molto diffusa.
Se l’uomo in uno stato di calma, visualizza un limone tagliato a spicchi, scopre che l’acquolina in bocca cresce con molta velocità, poiché il corpo risponde agli stimoli della mente e della realtà in egual misura perché non in grado di distinguerne la differenza.
Immaginando il colore verde Gustavo Rol “carica” la psiche della vibrazione generata dalle frequenze del colore verde che producenedo un collegamento tra la materia e lo spirito.
Utilizzando lo schema dei chakra, il colore verde rappresenta proprio il chakra del cuore, il quale fa da ponte tra i tre chakra inferiori legati agli istinti e alla materia, e a quelli superiori legati allo spirito e ai piani sottili.
La quinta nota musicale – uditivo
L’intervallo di quinta giusta è l’intervallo esistente tra due note distanti tra loro sette semitoni, ovvero tre toni e un semitono.
Per esempio, la quinta giusta del Do è il Sol. (Definizione di Wikipedia)
Anche in questo caso Rol utilizza l‘intervallo di quinta per richiamare in sé stesso quella precisa vibrazione, poiché due note suonate assieme a questa distanza nella scala musicale creano una consonanza perfetta.
Attraverso il canale uditivo e l’immaginazione riusciva ad accordare la psiche e il corpo nella stessa vibrazione emanata dall’equilibrio delle note riprodotte da uno strumento.
Il calore-cinestesico
Le vibrazioni prodotte dall’immaginazione del colore verde e dall’intervallo di quinta portano a sviluppare un calore sul corpo prodotto dalla psiche.
E’ il calore, generato dall’effetto “diapason” della psiche sul copo, che “accordati” perfettamente a metà tra la materia e lo spirito creano una porta comunicante tra di essi.
Aumentare il calore rende malleabile la materia e quindi modificabile
Il calore sviluppato all’interno del corpo, generato dalla concentrazione mentale
di determinate frequenze come quella del colore verde e della quinta musicale,
portano a Rol ad aprire le porte dei mondi sottili, ovvero di entrare nelle dimensioni invisibile che coesistono all’interno della realtà tridimensionale del mondo materiale.
"Sono cosciente di non possedere ciò che dono. Nei miei esperimenti è la psiche a far da grondaia allo spirito” Gustavo Rol
domenica 23 febbraio 2020
Gli Hunza
Ma guarda un po’, il popolo più sano del mondo è ancora primitivo
Chi lo avrebbe mai detto che il popolo più longevo del mondo, vive e si alimenta ancora in modo così primitivo? Noi occidentali non ci possiamo credere, dobbiamo per forza pensare che la loro sia una predisposizione genetica ereditaria, ma non possiamo accettare che una popolazione definita “incivile”, che non conosce i prodigi della medicina, della grande scienza, possa vivere quasi il doppio di noi uomini civilizzati occidentali. Quando pensiamo a uomini non vaccinati, che si curano ancora con le erbe al posto dei medicinali, subito pensiamo; “Questi qua al primo raffreddore muoiono”. La verità invece ci parla di un popolo completamente sano, che respira aria sana e beve acqua sana, cosa che noi “civili” ci sogniamo soltanto…
Gli Hunza non solo vivono a lungo, ma praticamente non conoscono malattie degenerative, neppure il tanto temuto cancro…
Questo popolo vive al confine con il Pakistan, all’interno di una valle sulla catena dell’Himalaya, e mentre i nostri vecchi a 80 anni sono già in casa di riposo, i loro invece a 100 anni lavorano ancora nei campi all’aria aperta e sono ancora incredibilmente attivi.
Qual’è il loro segreto?
Lunghi digiuni, alimentazione vegetariana e l’acqua alcalina presente nella loro terra. Gli Hunza vivono in prevalenza dei frutti della terra che raccolgono, poiché l’altopiano in cui vivono non permetterebbe raccolti sufficienti per i suoi 10.000 abitanti.
Questo significa che durante i mesi invernali gli Hunza mangiano pochissimo, dando così la possibilità al loro organismo di rigenerarsi al meglio.
Dalla primavera in poi, invece gli Hunza coltivano orzo, miglio, grano saraceno e ortaggi. La pratica del digiuna che spesso nei mesi invernali portano avanti anche per due settimane di fila, al contrario di quello che molti occidentali pensano, non porta a morte e debolezza, ma come nel caso degli Hunza, produce vigore, poiché il corpo non potendo consumare nessun alimento, si nutre di se stesso, in questo caso anche delle tossine accumulate nel corpo.
Vi propongo ora una piccola riflessione estratta da un articolo di Andrea Conti:
Il digiuno nel mondo animale
Anche in molti animali il digiuno è una cosa normale per la sopravvivenza, nei periodi di carenza di prede. In autunno gli stambecchi, camosci e cervi mangiano molto di più per accumulare grasso per l’ inverno, che a causa dell’ altitudine dove vivono, non permette l’ approvvigionamento di cibo sufficiente. Il bello che i violenti scontri che i cervi hanno tra di loro per l’ accoppiamento e la successiva fecondazione avvengono proprio in pieno inverno, quindi praticamente a digiuno, che non compromette, anzi enfatizza le loro energie.
Gli uccelli migratori mangiano a fine estate più del fabbisogno e quando partono verso i luoghi più caldi sono talmente grassi da pesare il doppio del normale. Ma durante la migrazione, che può arrivare anche a 5000 km, non si fermano mai e a fine corsa il loro perso ritorna normale. I lupi cacciano per giorni, ma poi possono restare per settimane senza mangiare e nello stesso tempo percorrono grandi distanze per procacciare altro cibo, vivendo con il solo grasso corporeo come del resto quasi tutti i predatori. Anche i pesci digiunano, come per esempio il salmone, che nella sua famosa risalita del fiume non ingerisce nulla, nemmeno nel successivo periodo della posa delle uova. In sostanza il digiuno è una condizione che non è quindi nata da 10.000 anni, ma da milioni di anni della storia stessa dell’uomo/animali ed è per questo che apporta molti benefici.
Acqua alcalina
L’ultimo elemento fondamentale per la forza, e la longevità di questo popolo fu la composizione dell’ acqua. Dopo diversi studi emerse che l’acqua degli Hunza possedeva elevato pH (acqua alcalina), con notevole potere antiossidante ed elevato contenuto di minerali colloidali. Effettivamente come sperimentatore e ricercatore indipendente devo dire che digiunare con acqua alcalina è molto più semplice che digiunare con acqua di rubinetto o imbottigliata. L’acidosi metabolica innescata dal digiuno prolungato viene infatti compensata e il ph rimane più stabile. Per quanto riguarda l’alimentazione ho già spiegato che l’unico frutto a mantenere il ph umano stabile è la mela rossa; nel digiuno invece ci si può aiutare bevendo acqua alcalina, acqua con argilla verde ventilata, o facendo lavaggi interni/esterni con acqua e sale integrale.
Oggi il territorio degli Hunza è stato intaccato dalla società “evoluta” e anche lì sono arrivati cibi spazzatura, farina 0 impoverita, zucchero bianco, sale sbiancato chimicamente, ecc… e con loro le prime carie, le prime problematiche cardiovascolari, i primi problemi reumatici che l’Occidente evoluto conosce bene. In pochi sono riusciti a scampare da questo inquinamento “evolutivo” evitando ogni forma di contagio con usanze e abitudini percepite ad istinto come innaturali e dannose.
Conclusioni
Ragioniamo con calma e chiediamoci se hanno senso le classiche chiacchiere da bar che sentiamo comunemente:
“Aveva 80 anni, per lo meno ha vissuto a lungo e ora ha smesso di soffrire”…
“Ormai ho 35 anni, mi devo sbrigare se voglio avere un bambino”…
“Ho superato i 40 anni, devo stare attento a non esagerare con l’attività fisica”…
“Ho 30 anni, ho le ginocchia a pezzi, dovrò smettere di giocare a pallone”, ecc…
“Signora, a 60 anni è normale pensare ad una dentiera” ……….
Esiste veramente un orologio biologico incontrovertibile nell’uomo o sono gli stili di vita errati ad accelerare il corso delle lancette?
Hanno senso le ansie di alcune donne che toccati i 30 anni iniziano già a temere di non riuscire ad avere figli “in tempo”?
E’ veramente fisiologico avere ad una certa età menopausa, andropausa, osteoporosi, artrosi, demenza senile …. ?
E’ normale lo scatenarsi di così tante patologie senili, cronico-degenerative, o al sistema nervoso?
Ciò che è normale in una società malata potrebbe essere contro natura o senza senso per un popolo consapevole.
Andrea Conti
Dottore in Fisioterapia
Università degli Studi di Roma
sabato 22 febbraio 2020
Ancient Egyptian Music II - Lament of Isis and Nephthys
The Egyptian Goddesses Isis and Nephthys were sisters and wives of their brother Osiris. When their brother Set became jealous of Osiris, he sealed Osiris in a specially made box and cast it away in a river that carried it to sea. Ancient Egyptian texts called “Lamentations of Isis and Nephthys” have survived. In them the grieving sisters lament the loss of Osiris. This music imagines the goddesses singing their lamentations, one after another, until they both join in a duet. They are accompanied by ancient harp, wooden flute, finger cymbals, tambourine and systrum. Although no authentic ancient Egyptian music has survived to today, these instruments are often depicted in the paintings and murals of the time. The music was composed and recorded at the Shelter of Clear Light Recording Studio in Los Angeles in July, 2018.
venerdì 21 febbraio 2020
Gennady Tkachenkо-Papizh and Olox - Evolution
Trucchi, unguenti e profumi: i segreti degli antichi Egizi per conservare giovinezza e bellezza
«Il tuo occhio con il khol diventa più grande, il tuo occhio contiene più amore, nel tuo occhio mi perdo, come in un cielo incantato…».
E’ una poesia d’amore dell’antico Egitto e parla del bistro, uno dei più antichi cosmetici della storia, usato - proprio come un antico eyeliner - per marcare la rima ciliare e allungare la linea delle palpebre.
Nella terra delle Piramidi la bellezza esteriore non era legata solo alla seduzione, ma anche alla spiritualità, alla salute del corpo e all’igiene, alle quali gli Egizi tenevano molto. Come tramanda Erodoto: «Essi preferiscono essere puliti piuttosto che belli. Indossano vesti di lino sempre fresche di bucato».
Il maquillage che allungava gli occhi «a goccia» riproduceva quelli del dio Horus
La cosmesi egizia era una vera scienza e ne abbiamo testimonianze in quantità fin dal 3900 a. C. Le antiche pitture tramandano, in modo dettagliato, il make-up e le acconciature che uomini e donne del Delta del Nilo utilizzarono per millenni, mantenendo come tratti di base l’utilizzo di colori forti, il contorno degli occhi e l’uso di pomate per levigare la pelle del viso.
UNA PRODUZIONE TIPICA
Secondo quanto riferisce Plinio il Vecchio, la maggior parte degli unguenti e dei trucchi più pregiati provenivano dall’Egitto. Solitamente, venivano realizzati in laboratori nei pressi dei templi e poi commercializzati in vasetti decorati con motivi geometrici, in alabastro, vetro o ceramica. Spesso questi contenitori recavano anche indicazioni sulle dosi e i modi di applicazione del prodotto. Vasi per khol, scatole per unguenti, specchi, cucchiai da belletto sono giunti fino a noi attraverso i corredi funerari e dimostrano quanto fossero presenti nella vita di tutti i giorni degli antichi Egizi.
Il COFANETTO DI MERIT
Fra questi oggetti, merita di essere citato lo straordinario cofanetto da toeletta di Merit, moglie dell’architetto Kha, «Capo della grande casa», vissuto intorno al 1400 a.C. Il reperto è conservato presso il Museo Egizio di Torino; proviene da Deir el-Medina e venne rinvenuto nel 1906 da Ernesto Schiaparelli nella tomba TT8. «Dopo venti anni di gioventù, venti di studi e venti di professione», come tramanda il papiro «Insinger», Merit, «l’amata da Dio», morì prima di suo marito Kha, il quale, come ultimo omaggio, le donò il sarcofago che aveva fatto realizzare per se stesso. Insieme a letti, panche, sgabelli, cofani, tele, tuniche, stoffe, vasellame in ceramica, metallo e pietra, i due sposi «portarono nell’aldilà» anche unguentari, vetri per profumi e bistro.
Come spiega la dottoressa Federica Facchetti, curatrice del Museo Egizio: «Il cofano è dotato di due coperchi: quello interno consentiva di mantenere stabili i contenitori degli unguenti per evitare che durante il trasporto si rompessero. I vasetti sono di varia fattura, alcuni realizzati in “faience” un materiale vetroso azzurro o verde reso particolarmente lucente dall’alto contenuto di silicio e grazie a una speciale cottura. In altri vasetti di alabastro sono ancora presenti dei residui di sostanze cosmetiche che presto saranno sottoposti ad analisi scientifica».
VALENZE RELIGIOSE
L’igiene personale era anche considerata strettamente correlata alla purezza interiore. Non a caso la giornata del faraone cominciava proprio con un complesso rito magico-religioso che comprendeva un bagno purificatorio, il trucco e l’incensazione. Il tipico maquillage che allungava gli occhi «a goccia» riproduceva quelli del dio Horus (non per nulla raffigurato con la testa di falco dagli occhi cerchiati di nero). Questi, secondo il mito, garantivano l’alternanza fra giorno e notte, luce e tenebra. Riprodurre quel disegno per le proprie palpebre voleva quindi dire ristabilire per se stessi equilibrio, salute e salvezza.
Trucchi-medicinali
Il clima torrido, il sole abbacinante e l’ambiente polveroso dell’Egitto non erano certo salubri per l’epidermide e gli occhi. Gli antichi creatori di cosmetici avevano quindi messo a punto trucchi dotati di potere protettivo o terapeutico. E’ il caso della malachite (carbonato del rame di colore verde intenso) e della galena (composto del piombo dal tono grigio scuro) cui venivano aggiunti grassi animali, cera d’api o resine per agglutinarli.
Tramite l’uso di tipici bastoncini di legno, questi pigmenti venivano stesi generosamente sulle palpebre proteggendo gli occhi dal tracoma, una malattia infiammatoria cronica della congiuntiva, di natura virale e contagiosa. Inoltre, evitavano l’emeralopia, ovvero l’abbassamento della vista al tramonto e curavano la congiuntivite.
Cofanetto porta cosmetici di Kemeni, Metropolitan Museum, New York
Gli studi compiuti dai ricercatori dei Musei di Francia, in collaborazione con i laboratori della casa cosmetica L’Oreal hanno svelato quanto fosse evoluta la cosmesi egizia identificando sostanze antisettiche come la laurionite e la fosgenite che non si trovano in natura, ma che dovevano essere state sintetizzate artificialmente dagli Egizi con procedimenti molto complessi.
PELLE E LABBRA
La lotta contro le rughe era cominciata già allora. Per levigare i segni del tempo si usava un ungento a base di cera d’api, incenso, olio di oliva amalgamati a latte fresco, che veniva applicato per sei giorni di seguito.
Per schiarire la pelle si usava un composto di alabastro, miele, sale e natron, (carbonato decaidrato di sodio) un sale molto usato anche per l’imbalsamazione.
Per conferire il colorito roseo al volto veniva, invece, impiegata l’ocra rossa, un pigmento naturale derivato da un minerale ferroso chiamato ematite la cui etimologia rimanda, non a caso, alla parola greca «sangue». Questa sostanza veniva applicata in polvere sulle guance, oppure, mista a un legante grasso o resinoso, fungeva da rossetto.
TINTA CURATIVA PER CAPELLI
Anche per la tintura di capelli e unghie si usava un prodotto terapeutico: l’henné. Esso veniva ricavato da un arbusto spinoso dal nome scientifico di Lawsonia inermis: i suoi rami, essiccati e polverizzati, fornivano un pigmento di colore rossastro, mentre le foglie, sottoposte allo stesso procedimento, ne producevano uno marrone. L’hennè possiede virtù antimicotiche, antibatteriche e astringenti ed è ritenuto efficace contro dermatite e seborrea.
Elisabeth Taylor nella parte di Cleopatra
PROFUMI
Le fonti storiche tramandano la fama dei profumieri egiziani, che fin dall’epoca più antica avevano messo a punto varie tecniche di estrazione dell’essenza del loto, del giglio, delle rose selvatiche e di numerose piante odorose spesso provenienti dalle oasi, dal Fayoum e dalla mitica Terra di Punt. L’identificazione precisa di questo luogo, fra Sudan ed Etiopia del nord, su cui ancora si dibatte, recentemente è stata attribuita all’antica città di Adulis, recentemente riportata alla luce da archeologi italiani in Eritrea.
I mercanti fenici procuravano, poi, agli egizi la famosa essenza del terebinto, un piccolo albero dai fiori rossi la cui resina era anche ricercata soprattutto contro la calcolosi. L’essenza del terebinto viene descritta anche in alcune poesie d’amore: «Ecco che tutte le strade che percorri si impregnano del profumo del terebinto e il loro odore diventa simile a quello che effonde a Byblos».
Tuttavia, uno dei profumi maggiormente in voga era il Kyphi, una mescolanza di 60 diverse essenze come ginepro, cedro, menta, pistacchio, cannella. Anche questo balsamo aveva proprietà medicamentose, come ricordava Plutarco: «Favorisce il sonno, aiuta a fare bei sogni rilassa, dà un senso di pace e spazza via le preoccupazioni».
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