Il significato del bindi, parola sanscrita che significa “goccia”, “punto”, è mutato nel corso del tempo, perdendo in parte quel significato mistico per cui ogni donna hindu lo applicava quotidianamente sulla fronte, a simboleggiare il terzo occhio, o punto di raccogliment energetico. Interessante analizzarne le origini e la storia attraverso la letteratura e il suo uso quotidiano.
Perché nulla cambia ma tutto si trasforma.
Cattura gli sguardi di uomini e donne, valorizza il volto conferendogli bellezza e un alone di intensa spiritualità: tutto questo è racchiuso in un bindi, parola che deriva dal sanscrito “bindu” goccia, punto, piccolo particella) e che, posto tra le sopracciglia, simboleggia il sesto chakra (o punto di energia) chiamato ajna, che si dice controllare i vari livelli di concentrazione che si raggiungono tramite la meditazione.
Gli esperti di meditazione tantrica affermano che durante la meditazione l’energia kundalini latente alla base del plesso solare si risveglia risalendo sino al settimo chakra situato in cima alla testa. Il punto centrale, o bindu, diviene una sorta di sbocco di tale energia. Si crede che il kumkum rosso applicato tra le sopracciglia aiuti a trattenere questa energia all’interno del corpo umano.
Dall’epoca vedica dunque, il bindi ha sempre rappresentato un simbolo con cui celebrare l’intelletto umano, utilizzato sia da uomini che donne. In tal modo si assicurava la purezza dei propri pensieri, azioni e abitudini, la propria capacità di agire con coraggio e lottare per la verità.
Nell’India antica, la fronte di entrambi uomini e donne è stata sempre oggetto di decorazioni, rappresentate da dipinti, da foglie o simboli ricavati usando pasta di sandalo e altre sostanze naturali.
La tradizione di applicare la polvere rossa nota come kumkum (che si ottiene dal turmerico rosso) è legata al carattere di buon auspicio che da più di 3000 anni le è stato attribuito. Testimonianza del suo uso la troviamo nelle sacre scritture come quelle dei Purana e nell’epica del Mahabharata.
Insieme al sindoor, i bindi ricavati dal kumkum rosso simboleggiano l’avvenuto matrimonio di una donna, la recente visita del fedele al tempio, la benedizione ricevuta da un sacerdote o da un anziano.
Il rosso è ovviamente il colore più utilizzato per i bindi, sia che si tratti di decorazioni adesive che di simboli tracciati a mano. È un colore che simboleggia forza, coraggio, ma anche amore e passione. Altri studiosi sottolineano come la scelta del rosso rimandi al colore del sangue e dei sacrifici animali e umani celebrati per propiziarsi la protezione divina, nonché il simbolo dell’appartenenza della sposa alla famiglia del marito in seguito alla celebrazione del rito matrimoniale.
Nell’India settentrionale, il bindi è una decorazione utilizzata solo dalle donne sposate, mentre nel sud del paese tutte le ragazze sono intitolate a indossarlo. Tuttavia, nel caso di vedovanza, il suo uso deve essere sospeso per testimoniare la disgrazia che si è abbattuta sulla propria famiglia.
Il bindi tradizionale viene applicato con i polpastrelli della mano intrisi di polvere di kumkum, creando un punto dalla rotondità perfetta. Per i meno esperti, ci si può servire di un piccolo disco o di una moneta per ottenere una forma regolare.
Oggigiorno, sia per mancanza di tempo, sia per la reinterpretazione in chiave moderna di usi e costumi tradizionali, che per le influenze delle mode del momento, i bindi sono divenuti delle decorazioni adesive di diverse forme e colori, da abbinare al vestito indossato e da selezionare con cura in base alle occasioni. Anche il prezzo varia considerabilmente, in quanto alcune volte si tratta di veri e propri gioielli impreziositi da gemme e pietre.
A seconda della regione indiana di provenienza, si registrano delle differenze nella forma dei bindi: in Maharashtra troviamo un bindi a forma di luna crescente con un puntino nero sottostante; in Bengala è quasi sempre rosso e tondo; nel sud del paese le dimensioni decrescono in quanto il bindi è di solito indossato insieme a un tilak bianco sulla fronte (il tilak è una sorta di bindi, ma ha un’accezione più spirituale, rappresenta il terzo occhio, mentre il bindi può essere anche solo ornamentale). In Rajasthan le forme si allungano a rappresentare una lacrima. Tra le comunità musulmane il suo uso è piuttosto obsoleto.
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